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Itri / Messa in sicurezza di Valle Foce e Valle Colella, Rinascita Democratica: “e poi dicono che non è campagna elettorale”

ITRI – “713.000 €: l’assessore Palazzo porta a casa un grande successo per i cittadini di Itri con la messa in sicurezza di Valle Foce e Valle Colella. Questo il post trionfalistico dell’assessore regionale Elena Palazzo con il quale annuncia alla comunità itrana la messa in sicurezza delle valli interessate dai drammatici eventi di novembre 2021. Sia chiaro, a Rinascita Democratica come alla comunità itrana tutta non può che far piacere che a Itri comincino ad arrivare i fondi per la messa in sicurezza, tuttavia qualcosa non torna, anche e soprattutto ascoltando i tecnici esperti di idrogeologia. Analizziamo i fatti!” – inziai così una nota a firma del portavoce di Rinascita Democratica, Severino Alfieri. 

“Chi, come noi, ha avuto la possibilità di consultare le foto aeree della zona di Valle Foce e Valle Colella ha chiaro il grave dissesto, determinato da un insieme di concause: l’incendio devastante che le aveva colpite in estate e l’enorme quantità di acqua caduta in breve tempo. Così una mole considerevole di massi grandi e piccoli sono rotolati negli impluvi, arrivando fino a ridosso delle case, mentre altri sono ancora lì, in quota e in condizione di stabilità precaria. A leggere il comunicato della Palazzo sembra che con “soli” 713.000 euro si sia raggiunta la messa in sicurezza dell’intero versante di Valle Foce e Valle Colella, che sono solo la parte terminale del versante di Monte Orso e della piana di Postacchio, area ben più ampia e negli anni sempre più devastata da incendi dolosi. I sopralluoghi e le analisi delle immagini aeree fanno constatare una situazione a dir poco allarmante e di difficile risoluzione, se non attraverso lo stanziamento di ingenti somme di danaro che, a detta dei tecnici interpellati, non può essere inferiore ai cinque o sei milioni di euro”- spiega Alfieri.

E prosegue dettagliatamente: “Come si arriva a questa somma? Ve lo spieghiamo.

1. Il materiale franato (come massi anche di grandi dimensioni) deve essere rimosso necessariamente, in particolare quello che si è depositato negli impluvi (fossati) che li hanno trasportati a valle, provocando il disastro che conosciamo. Tutto quel materiale è fermo lì! Cosa accadrebbe se ci fosse un altro evento, eccezionale? Soprattutto se nei prossimi anni quel versante sarà colpito ancora dagli incendi? Ecco, quindi, la necessità di rimuoverlo e questo non si può fare certo a costi modici. Una volta rimosso il materiale in posizione precaria non sono esclusi interventi di contenimento tramite reti paramassi, le quali sono soggette a progettazioni complesse e costose così come la loro collocazione.

2. Altro aspetto da risolvere è la regimazione delle acque. Gli eventi verificatisi nel novembre del 2021 hanno modificato l’orografia dei luoghi, è probabile infatti che l’acqua scesa dalla montagna abbia tracciato dei nuovi percorsi o per meglio dire abbia ristabilito quelli originari, che col passare del tempo l’uomo aveva modificato, ecco perché l’acqua si è avvicinata pericolosamente alle abitazioni e in alcuni casi ha messo a grave rischio la stabilità delle strutture. Un intervento in tal senso è di notevole portata, va attuato attraverso uno studio serio dell’orografia dei luoghi, prevedendo tutte le misure necessarie per evitare che un’eventuale e malaugurata nuova ondata di acqua non venga convogliata in un’unica direzione. Una tale condizione, vista la pendenza dei versanti molto acclivi, si tramuterebbe in una sorta di fiume rapido di cui ci rifiutiamo di pensare gli effetti sulla popolazione.

3. Un ulteriore aspetto, non meno importante, è quello legato alla difesa della vegetazione. Noi di Rinascita Democratica siamo sconcertati dal fatto che sin da subito non siano stati presi provvedimenti per prevenire incendi nella zona. Prevenire non spegnere! Tutti siamo consapevoli che i piromani provocano incendi a rotazione sempre nelle stesse zone, in particolare nelle giornate calde e ventose così che lo spegnimento è quasi impossibile. Per rispetto del sentimento ferito di tutti i cittadini itrani vanno previste misure di sorveglianza attiva, che mirino ad individuare precocemente i focolai e ad individuare i responsabili. Di sistemi ce ne sono tanti, le cronache di questa estate ci dicono che diversi piromani sono stati individuati e denunciati grazie a questi sistemi.

4. Abbiamo lasciato per ultimo l’intervento principe, garantire il naturale ripopolamento della vegetazione, perché senza di esso nessuna misura sarà valida ed efficace. Nessuna regimazione delle acque garantirà la sicurezza dei cittadini, nessuna rete paramassi resisterà in eterno. La sessa ampelodesma (la strame per intenderci) è considerata una specie pioniera, vale a dire favorirebbe la nascita di vegetazione di alto fusto con conseguente stabilità dei versanti ma, si sa, quando cresce troppo non è buona per pascoli”.

Così conclude: “Eccoci, quindi, al punto di partenza. Vorremmo chiedere all’assessore Palazzo, come sono state quantificate le spese necessarie per mettere in sicurezza le zone alluvionate? Com’è possibile che bastino poco più di 700.000 euro per mettere in sicurezza una zona così particolarmente impegnativa? Non avrebbe fatto meglio a specificare che i 700.000 euro sono solo per la rete stradale, abbandonando toni da campagna elettorale a favore di una comunicazione più seria vista la gravità della situazione? Inoltre le chiediamo: esiste un progetto degli interventi da realizzare? Quali sono le scelte adottate e le misure di prevenzione incendi previste? In conclusione, è evidente che ci vorrà un investimento di somme più ampie di quelle sbandierate e che al di là di una politica alla continua ricerca di consenso elettorale, vista la situazione precaria di tante famiglie itrane, non ci dispiacerebbe un approccio più autentico al problema”.

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