Cassino / Delitto Serena Mollicone, 236 pagine per motivare l’assoluzione dei cinque imputati

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CASSINO  – Duecentotrentasei pagine per ribadire che c’è un’altra verità sul delitto di Serena Mollicone, la studentessa di Arce uccisa il 1 giugno 2001 e trovata senza cadavere due giorni più tardi nel boschetto di Fonte Cupa. Lo si evince dalle motivazioni della sentenza depositate nella mattinata di lunedì dal Tribunale di Cassino a quasi sette mesi della sentenza con la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino assolse i cinque imputati per insufficienza di prove e per non aver commesso il fatto: l’ex comandante della Caserma dei Carabinieri di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Anamaria e, ancora, i Carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.

Per la Corte d’Assise del Tribunale di piazza Labriola la loro assoluzione avvenuta al termine di una giornata drammatica quale fu il 15 luglio 2022 fu inevitabile perché “gli esiti dibattimentali non hanno offerto indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata”. Il Tribunale di Cassino poi non ha riconosciuto fondante l’attività probatoria della Procura: ”Come già ampiamente esaminato, numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del Pm, non sono risultati sorretti da un sufficiente e convincente compendio probatorio”.

E poi ‘‘non sono stati” provati molti degli ”asseriti depistaggi che – secondo l’accusa – “il maresciallo Mottola avrebbe compiuto in sede di prime indagini”. Dalla stessa istruttoria dibattimentale ”sono emerse delle prove che si pongono in termini contrastanti rispetto alla ricostruzione dei fatti da parte della pubblica accusa”. A cominciare dagli ordini di servizio redatti a carico dei Carabinieri presenti il giorno del delitto nella Caserma dei Carabinieri che per la Procura furono falsificati per localizzare altrove il luogo del delitto. Per il Tribunale in ordine agli ordini di servizio “non solo non è stata provata la falsità ma sono emersi numerosi elementi probatori di segno contrario, che inducono a ritenere, sulla base delle risultanze e valutazioni già svolte, che i citati servizi esterni siano stati effettuati dai militari interessati”.

In questa tragica e irrisolta vicenda si è inserito il suicidio il 9 aprile 2008 del brigadiere dei Carabinieri di Sora Santino Tuzi che alla vigilia dell’interrogatorio bis con cui avrebbero dovuto confermare di aver visto sette anni prima, in qualità di piantone, Serena entrare nella caserma di Arce si tolse le vita con la sua pistola di ordinanza. Per la Corte d’Assise le dichiarazioni del militare sono state inattendibili ed imprecise, il che lascia immaginare che quel giorno del 1 giugno 2001 Serena non sarebbe mai entrata nella Caserma di Arce. E poi la porta del bagno dell’alloggio sfitto non sarebbe l’arma del delitto e tantomeno Marco Mottola, il figlio dell’ex Comandante di Arce, non avrebbe avuto alcun movente per uccidere la sua amica studentessa.

A pagina 231 delle motivazioni è contenuto il parere del Tribunale: Serena non è stata uccisa nella tarda mattina del 1 giugno 2001 ma addirittura più avanti nel tempo, tra la tarda serata di quel giorno e le 24 ore successive . Da chi? La conclusione della Corte d’assise del Tribunale di Cassino è clamorosa: “A fronte di consistenti e gravi elementi indiziari si deve desumere l’implicazione nella commissione del delitto di soggetti terzi che sono rimasti ignoti”. Sarà molto importante ora registrare le reazioni delle numerose parti civile e della Procura di Cassino che, subito dopo l’assoluzione dei cinque imputati, aveva annunciato la volontà di proporre ricorso in appello. Con quale nuovo elemento probatorio è tutto da definire.