Formia / Porto Marina di Cicerone: dodici anni di storia, la lettera del segretario Alessandro Izzi

Cronaca Formia

FORMIA – Sarà pure il periodo vacanziero e ferragostano ma non hanno registrato commenti da parte della politica formiana le dichiarazioni shock del quattro volte sindaco di Formia Sandro Bartolomeo sulla conclusione delle indagini della Procura regionale della Corte dei Conti sulla mancata realizzazione del porto turistico di Formia da parte della società “Marina di Cicerone”. Per l’ex sindaco Dem non vanno processati per un danno erariale di 3 milioni e 652 mila euro i vertici che si sono alternati nel settore urbanistica nel corso degli anni (Stefania Della Notte, Roberto Guratti e Sisto Astarita ed un funzionario Filippo Gionta) ma – a suo dire – andrebbe perseguita, attraverso una richiesta risarcitoria, la società prescelta nell’ambito di un progetto di finanza che si concretizzò con un contratto sottoscritto l’8 marzo 2010.

Sono trascorsi 12 anni ma la politica – cioè il comune di Formia – non ha avuto il sufficiente coraggio di chiedere il conto alla “Marina di Cicerone” circa il suo lento e graduale disimpegno negli investimenti promessi per Formia. In questi giorni i quattro indagati hanno cominciato a raccogliere le carte per replicare alle indagini svolte dal gruppo di Formia della Guardia di Finanza e la memoria difensiva di sicuro sarà caratterizzata da una lettera protocollata il 12 ottobre 2017. A sottoscriverla furono l’allora dirigente del settore urbanistica del comune di Formia Sisto Astarita ed il responsabile del procedimento Roberto Guratti, entrambi indagati – come detto – nel procedimento promosso dalla magistratura contabile.

Scrissero alla “Marina di Cicerone” e, per conoscenza, all’allora sindaco Bartolomeo e al dirigente dell’avvocatura comunale Domenico Di Russo cominciando a ipotizzare la possibilità di rescindere il contratto sottoscritto sette anni prima con la società di cui era socio, all’epoca, l’imprenditore romano ma di origini formiane e Senatore del Pd Raffaele Ranucci. Promuovendo l’avvio di procedimento, Astarita e Guratti lamentavano la mancata produzione da parte della “Marina di Cicerone” del rapporto ambientale corredato dalla sintesi non tecnica e dalle misure di monitoraggio. Insomma della Vas, la valutazione ambientale strategica chiesta ma mai rilasciata dalla Regione Lazio per via della Capitaneria di Porto di Gaeta.

“Questa situazione di disinteresse che si protrae da lungo tempo impone a questo ufficio (urbanistica) di valutare quanto disposto dal contratto di concessione” – Astarita e Guratti furono chiari a chiedere il rispetto dell’articolo 8 del contratto stipulato (l’applicazione delle penali), dell’articolo 23 (garanzia di esecuzione dei lavori) e di quello 25(risoluzione per inadempimento del concessionario).

La lettera inviata alla “Marina di Cicerone” anticipava quello che sarebbe avvenuto da lì a qualche tempo, il disimpegno nei confronti del comune di Formia: “La lunghissima fase di stallo provocato da codesta società, che lascia presumere un sopravvenuto disinteresse alla realizzazione dell’opera, impedisce a questa amministrazione di programmare eventualmente ulteriori e divere azioni tese al perseguimento dell’obiettivo di realizzare l’infrastruttura turistica ….per la quale sono state impegnate risorse umane e finanziarie”.

La “Marina di Cicerone” alla lettera di un preoccupato comune di Formia rispose dopo quaranta giorni. Il 1 dicembre 2017 l’avvocato Pellegrino eccepì il suo contenuto affermando che la società “sostanzialmente non è responsabile del lungo tempo trascorso e non ha ricevuto in consegna le aree (dove realizzare il porto turistico e a terra alcuni servizi ricettivi e commerciali) come previsto dal contratto. Anzi, comunicò la sua disponibilità a “valutare in un apposito incontro la definitiva soluzione consensuale del contratto”. Quest’ultimo è un passaggio integrante su cui la Guardia di Finanza ha prodotto la sua inchiesta sino alla conclusione delle indagini della Procura della Corte dei Conti.

A sottoscriverlo fu nel febbraio 2019 il neo segretario generale del comune di Formia, l’avvocato Alessandro Izzi. Dedicò 11 pagine sulla mancata realizzazione del porto turistico di Formia e sulle sue presunte responsabilità, contabili e penali, nella relazione 2018 relativa al “Sistema integrato dei controlli e controllo successivo di regolarità amministrativa”. Fu, insomma, un check up che il massimo dirigente dell’appena eletto sindaco Paola Villa sottoscrisse per inviarlo alla Corte dei Conti…passando attraverso il gruppo di Formia delle Fiamme Gialle. Izzi denunciò quella che definì un’”indeterminatezza riguardante la concreta fattibilità dell’infrastruttura portuale”.

A suo dire i dirigenti che si alternarono al settore urbanistica non ebbero coraggio a chiedere alla politica di formalizzare con atti politici la rescissione del contratto con la “Marina di Cicerone: “Alla luce delle suddette considerazioni, o di altre eventuali che possono scaturire da una disamina della condizione venutasi a determinare, si ritiene necessaria – scriveva Izzi rivolgendosi anche al sindaco Villa che l’aveva nominato da qualche mese – una valutazione in merito comportante scelte di competenze dell’organo di governo della città”. Della Giunta o del consiglio – faceva intuire – poco importa.

Gli indagati si stanno mobilitando per presentare le proprie controdeduzioni ed alcuni sarebbero interessati a coinvolgere la stessa avvocatura, destinataria di email certificate in cui campeggiavano bozze di risoluzione del contratto tra il comune di Formia e la “Marina di Cicerone”.

Nel comune di Formia la politica e l’apparato burocratico hanno fatto a gara per sfuggire alle proprie responsabilità? Sembrerebbe proprio di sì leggendo la relazione dell’avvocato Izzi a pagina 58. Chiama in causa direttamente il responsabile pro tempore dell’ufficio urbanistica del gennaio 2018. Lo accusa di essere stato protagonista in una nota di “uno sviamento delle proprie competenze piuttosto di una prospettazione di reali ipotesi risolutive della problematica”.

L’ex segretario generale del comune Izzi lo accusa di una “traslatio” impropria delle funzionali gestionali di competenza. E se la Corte dei Conti in questi giorni ha chiesto a Della Notte, Astarita, Guratti e Gionta la restituzione di 3 milioni e 652mila euro è perché una sentenza del quinta sezione del Consiglio di Stato del 29 novembre 2018 ha sostenuto che gli “atti di gestione, come la revoca di procedimenti che riguardano una procedura concorsuale, rientrano nella competenza dei dirigenti e non degli amministratori in considerazione del principio della separazione tra organi politici e amministrativi degli enti locali”.