Frosinone / Delitto Serena Mollicone: il sopralluogo nella caserma dei Carabinieri di Arce

Cronaca Frosinone

FROSINONE – Un mistero italiano lungo 21 anni sintetizzato in 35 minuti. E’ quanto è durato il sopralluogo della Corte d’assise del Tribunale di Cassino nella caserma dei Carabinieri di Arce dove – secondo la Procura – Serena Mollicone il 1 giugno 2001 sarebbe stata aggredita ed uccisa. A disporre questo accertamento era stato il presidente Massimo Capurso nelle fasi iniziali della 41° udienza del processo per la morte della studentessa di Arce. E l’ispezione, nel primo pomeriggio, si è svolta in un clima di legittima attesa e curiosità, voluta dal presidente Capurso per tentare capire, anche a favore dei giudici popolari, cosa sarebbe successo 21 anni fa.

Nella caserma, con la riapertura delle indagini, erano entrati nel 2017 i soli Ris degli stessi Carabinieri ma quella di venerdì è stata la prima volta di un collegio giudicante, accolto dai comandanti della Compagnia di Pontecorvo Taglietti e della stessa stazione di Arce Visca. Naturalmente al sopralluogo hanno partecipato i legali difensori e delle parti civili e ma non c’erano tutti e cinque gli imputati: assenti Marco e Annamaria Mottola, l’ultimo ad arrivare è stato l’ex comandante della caserma di Arce, Franco Mottola, a differenza di quanto fatto con largo anticipo Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. Sono stati ripercorsi gli ambienti legati alle nuove indagini della Procura di Cassino: dal vialetto d’ingresso in cui il brigadiere suicida Santino Tuzzi avrebbe avvistata Serena la mattina del 1 giugno 2001 all’alloggio occupato dalla famiglia Mottola e a quello sfitto in cui la studentessa sarebbe stata scaraventata mortalmente contro la porta di un bagno.

L’udienza in mattinata aveva vissuto una prima parte meno emotiva anche se i volontari della protezione civile Emanuele e Angelo Toni Bianchi, esclusi sinora dalla lista testi della difesa Mottola, hanno raccontato le fasi drammatiche del recupero la mattina del 3 giugno 2001 del cadavere di Serena nel boschetto di Fonte Cupa: i due dialogarono con lo sguardo e, hanno riferito, notarono  vicino ad alcuni televisori abbandonati il corpo della 18enne che – hanno specificato – sembrava “un manichino come tanti”.

Citata dalla difesa di Vincenzo Quatrale, rappresentata dagli avvocati D’Arpino e Candido, è comparsa in aula una dipendente dell’ufficio postale di Colfelice, la signora Mariella Abbate. Qui il luogotenente avrebbe pagato il bollettino numero 116 a favore di una società finanziaria. Secondo la sua difesa Quatrale si trovava all’esterno della caserma nell’ora presunta del delitto di Serena. Gli faceva compagnia l’ex comandante Franco Mottola. Ma la donna, convocata per smentire la falsa ipotesi degli ordini di servizio falsi e contraffatti da alcuni Carabinieri presenti in Caserma quella mattina, non ha saputo specificare quando sarebbe avvenuto precisamente quell’operazione che – secondo la difesa – rappresenta un alibi di ferro per Quatrale.

Su questa falsariga è intervenuta in aula Ilenia Simonelli, una giovane all’epoca di Arce dedita all’uso di sostanze stupefacenti e di psicofarmaci. Ha raccontato che il giorno della scomparsa di Serena si era recata presso il Sert di Sora per assumere del metadone. Tornata ad Arce, aveva deciso di andare in Comune per prendere alcuni documenti. Uscendo, intorno alle 13.20, sarebbe stata avvistata da Quatrale e dal comandante Mottola nei pressi del palazzo Municipale. Ma ai tanti “non ricordo” della teste il presidente Capurso ha chiesto di evidenziare anche il precario quadro psicologico della stessa Simonelli. Il Tenente D’Apino ha rivelato una circostanza importante nel corso di uno degli interrogatori cui fu sottoposto in Procura il compianto brigadiere Santino Tuzi il 9 aprile 2008, due giorni prima del suo suicidio. Gli fu chiesto di portare un kit per rilevare al Carabiniere di Sora le impronte digitali. Ma quest’operazione fu lecita nel momento in cui Tuzi non era per nulla indagato?

Si tornerà ora in aula mercoledì 15 giugno e sarà di nuova protagonista la difesa della famiglia che, rappresentata dagli avvocati Piergiorgio Di Giuseppe, Mauro Marsella e Francesco Germani, ha chiesto l’audizione del suo portavoce, il criminologo Carmelo Lavorino, cui si affiancheranno il consulente informatico Gaetano Bonaventura, l’ingegnere Pio Di Milla e, per conto della difesa di Francesco Suprano (avvocato Cinzia Mancini), sarà sentito un ex collega di lavoro ad Arce, il Maresciallo Gennaro Compagnone.

Calendarizzata intanto anche l’udienza del 17 giugno: proseguirà l’intervento del professor Lavorino a cui si aggiungeranno gli interventi dello psicologo forense Delli Compagni sulla personalità e carattere del brigadiere Tuzi, il confronto tra la patologa forense nominata dalla Procura Cristina Cattaneo ed il consulente di fiducia della famiglia Mottola, il professor Giorgio Balino.

Significativo anche il contenuto dell’udienza successiva, quella del 20 giugno: saranno senti i tre Carabinieri che raccolsero a verbale le confidenze di Santino Tuzi, la cugina di Serena Sabruna Dell’Oro e l’attuale sindaco di Arpino, Renato Rea, molto amico all’epoca del brigadiere di Sora.

Una curiosità, in conclusione: il presidente della Corte d’Assise del tribunale di Cassino ha disposto l’accompagnento coattivo da parte dei Carabinieri di una delle teste della famiglia Mottola. Si tratta di Loredana Spalvieri: in una Sit ha dichiarato di aver avvistato Serena nel primo pomeriggio del 1 giugno 2001 davanti la pizzeria “Lo Sfizio” di Isola Liri.

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