Cassino / Serena Mollicone, nuova udienza del processo per il delitto della 18enne di Arce

Cassino Cronaca

CASSINO – La ‘via crucis” di Santino Tuzzi, durata 13 giorni, sino alle ore 13 dell’11 aprile 2008 quando il brigadiere in servizio presso la caserma dei Carabinieri di Arce si tolse la vita alla vigilia di una sua possibile deposizione in Procura a Cassino per la morte di Serena Mollicone. E’ stata ripercorsa in un’altra , lunga e travagliata udienza del processo, in corso di svolgimento davanti la Corte d’assise del Tribunale di Cassino, per il delitto della 18enne di Arce che, secondo la stessa Procura inquirente, sarebbe avvenuto nello stesso giorno della sua scomparsa, il 1 giugno 2011, all’interno della caserma della stazione dei Carabinieri di Arce.

A ripercorrere quelle drammatiche fasi è stato il maresciallo Marco Sperati che per conto del nucleo investigativo del comando provinciale di Frosinone dell’arma condusse le indagini sull’omicidio di Serena. E sullo sfondo dell’interrogatorio dell’ufficiale , durato ben sette ore, c’è stato proprio il suicidio del brigadiere Tuzi, un gesto estremo che, sempre secondo la Procura, è collegato direttamente alla misteriosa e ancora dibattuta uccisione di Serena. Il Maresciallo Sperati ha definito “un’autonoma scelta investigativa” dell’Arma di monitorare dal 2008 (e non prima) i comportamenti di Tuzi. In quest’ottica il militare fu sentito sul suo posto di lavoro il 28 marzo 2008 e – secondo la versione resa da Sperati – “ci riferì che aveva visto entrare in caserma una ragazza con una borsetta”, peraltro mai trovata. “Non mi ricordo – ha aggiunto Sperati ripetendo le parole di Tuzi – se disse quella o una ragazza”

Tuzi, di fatto, temette di finire nei guai. Anche per la tardiva dichiarazione resa, a sette anni dai fatti. Non a caso in una telefonata all’allora amante Annarita Torriero le disse testualmente: “Questa volta mi mettono le manette”.  Santino Tuzi si sentiva accerchiato e, peggio ancora, isolato all’interno di quella caserma dei Carabinieri con i quali “non voleva più parlare”. E così che il militare venne convocato il 9 aprile 2008 in caserma dall’allora sostituto procuratore Donatella Perna.

In prospettiva di questa audizione la Procura e lo stesso comando provinciale dei Carabinieri di utilizzare il maresciallo Vincenzo Quatrale, il presunto migliore amico di Tuzi tuttora indagato con l’accusa di istigazione al suicidio di Santino. L’intento era di capire chi e cosa avessero motivato il brigadiere a voler ritrattate immediatamente le dichiarazioni rilasciate a verbale il 28 marzo 2008. Fu installata a Sora una cimice nel cruscotto dell’auto di Quatrale ma il tentativo non sortì alcun risultato.

Il Sostituto procuratore Beatrice Siravo ha più volte contestato a Sperati la circostanza in base alla quale Tuzzi volesse fare dietro front ma la cosa non venne verbalizzata e tantomeno non sarebbe stata informata la stessa Procura di Cassino. Il 9 aprile 2008 è stata una giornata drammatica per il mistero di Arce: Tuzi prima confermò la versione fornita il 28 marzo, poi la ritrattò e, alcune ore dopo, revocò la sua stessa ritrattazione.

L’11 aprile il brigadiere , non gestendo più il peso emoitivo di questa complicata vicenda, si tolse la vita utilizzando la sua pistola d’ordinanza. Era amareggiato per la decisione della sua amante di troncare il precedente rapporto sentimentale o perché temeva di essere coinvolto – come ha confermato lo stesso Maresciallo Sperati – nel delitto di Serena? Il lungo interrogatorio dell’ufficiale, incalzato dal pm Siravo ma anche dai legali delle parti civile e dei difensori del Maresciallo Quatrale (avvocati Candido e Paolo D’Arpino), non è riuscito a dare una risposta a questo interrogativo

Di certo dal giorno del suicidio del bridagiere le indagini sul delitto di Serena hanno preso decisamente un’altra direzione. Anche se già dopo il primo interrogatorio del 28 marzo 2008 vennero messi sotto controllo le utenze telefoniche, fisse e mobili, di Marco, Franco e Annamaria Mottola, di Annarita Torriero (e di alcuni suoi familiari) e finanche di una donna delle pulizie della caserma di Arce.

Un fatto è certo. Non è mai stato rinvenuto il registro delle presenze del 1 giugno 2001 all’interno della caserma di Arce così come non è stata mai trascritta un’intercettazione ambientale del brigadiere che tre giorni prima di togliersi la vita confidò ai suoi colleghi di lavoro di avere deciso di negare di aver visto Serena il 1 giugno 2001 all’interno della caserma dei Carabinieri.

A riguardo della porta contro la quale sarebbe stata scaraventata mortalmente la studentessa è stata incentrata l’iniziale deposizione del tenenete colonnello dei Ris Luigi Saravo. Ha confermato che sono le sue le due contaminazioni genetiche rinvenute dagli stessi colleghi del Reparto investigativo scientifico dei Carabinieri sulla porta del bagno della stessa Caserma. Per i legali ed il criminologo Carmelo Lavorino nominati dalla famiglia Mottola è stata ridimensionata la più importante prova a disposizione della Procura.

Il processo per la morte di Serena proseguirà comunque il 29 ottobre con la deposizione di due militari dei Carabinieri del comando provinciale di Frosinone dei Ris mentre nell’udienza del 5 novembre sarà sentito il maresciallo Tersigni che svolse le indagini nel boschetto dell’Anitrella dove la studentessa di Arce il 3 giugno di 20 anni fa venne trovata cadavere.