Cronaca

Frosinone / Omicidio Willy Monteiro Duarte, l’espero parla del calcio di una persona “lucida e allenata”

FROSINONE – Così è morto Willy Monteiro Duarte. Non ha deluso le attese la nuova e lunga udienza del processo in corso di svolgimento presso la Corte d’Assise del Tribunale di Frosinone per la morte dell’aspirante cuoco 21enne capoverdiano residente a Paliano. Cosa successe nella drammatica notte tra il 5 e 6 settembre 2020 l’hanno raccontato alcuni amici dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, indagati per omicidio volontario insieme a Francesco Belleggia e a Mario Pincarelli.

Vittorio Edoardo Tondinelli, in qualità di teste della Procura di Velletri, ha confermato di trovarsi con i fratelli Bianchi: prima il pub e poi il cimitero dove i tre si erano appartati con altrettante ragazze che avevano conosciuto nel locale. Ha ricordato poi la telefonata ricevuta che segnalava di una rissa in cui erano stati coinvolti Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. Tondinelli ha ripercorso le fasi dell’aggressione di Willy, colpevole solo di difendere un amico: “Quando i fratelli Bianchi sono scesi verso il mucchio di ragazzi già in strada, picchiavano chiunque si trovassero davanti. Ho visto il calcio tirato a Willy, finito contro una macchina parcheggiata. L’ho visto cadere con la faccia in avanti e mai più rialzarsi”.

Omar Shabani, ai domiciliari per spaccio di droga, è stato a lungo amico dei fratelli Bianchi. Ecco il suo racconto: “Quella doveva essere una serata molto tranquilla, per colpa di Mario Pincarelli e Francesco Belleggia – è stata la loro accusa – è successo un macello. Urlavo a Marco e a Gabriele che stavano prendendo le difese delle parti sbagliate. Ricordo che Marco colpì Willy con un calcio, Gabriele era dall’altra parte della siepe, non lo ha nemmeno visto. Quando sono arrivati si sono avvicinati a Belleggia e Pincarelli. Sono partiti spintoni, schiaffi e pugni. Ma stavano prendendo le parti di quelli che avevano sbagliato tutto. Quello che è successo è colpa loro – ha incalzato Shabani – mi sono buttato verso di loro, erano vicini tutti e quattro. Ho urlato a Gabriele di fermarsi dicendogli di andarcene. Per un attimo Gabriele mi ha dato retta, Marco si è trovato davanti Willy e l’amico che ha alzato le braccia dicendo – ha concluso Shabani – che non c’entravano nulla.”

Citato dal sostituto procuratore Taglialatela, ha relazionato anche un esperto di arti marziali per spiegare la modalità dei colpi violenti tirati a Willy con l’intenzione – a suo dire – di uccidere. Il maestro Giovanni Bartoloni ha ribadito come le lesioni sul corpo di Willy siano state provocate da colpi propri delle arti marziali. “A dare quel calcio al petto – ha detto – può essere stata solo una persona lucida, allenata, capace di forza, velocità e stabilità”. Il processo proseguirà il prossimo 21 ottobre con le deposizioni di altri testi della Procura veliterna.

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