Sud Pontino / Braccianti, badanti, colf: smascherato sodalizio dedito all’immigrazione clandestina

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SUD PONTINO – Due dei tre arresti richiesti dal capo della Procura sammaratina Maria Antonietta Troncone e dal sostituto procuratore Mariangela Condella sono stati eseguiti dagli agenti della Compagnia di Mondragone della Guardia di Finanza a Gaeta e a Santi Cosma e Damiano, nell’ambito della delicata inchiesta della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha smascherato un’organizzazione criminale dedita a favorire da anni l’ingresso illegale in Italia di decine e decine di cittadini moldavi.

Nel primo centro –  Gaeta – abitava da anni un moldavo di 39 anni, nel secondo una donna romena di 51. Secondo l’ordinanza d’arresto del Gip Alessandra Grammatica i due, insieme al fratello dell’uomo, rappresenterebbero la punta di un sodalizio che si era specializzato nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di donne moldave destinate ad essere illecitamente impiegate in condizioni di sfruttamento, quali badanti, colf o braccianti sul territorio dell’alta Campania e del sud pontino. Attraverso una pioggia di intercettazioni telefoniche la Procura ha accertato due aspetti strettamente necessari l’uno rispetto all’altro.

Sono stati anche definiti i ruoli dei tre: i due moldavi, V.O. e A.C., il 39enne residente a Gaeta ed il fratello, nel frattempo rientrato in patria, avrebbero procurato ai cittadini moldavi il primo ingresso in Italia tramite le frontiere dell’area Schengen, in particolare passando per l’Ungheria, privi del visto di ingresso motivato dallo svolgimento di attività lavorative, in quanto muniti solo di visto turistico o comunque in ingresso in esenzione dall’obbligo del visto, un’ipotesi che però non consente al cittadino extracomunitario di essere impiegato in attività lavorative

I due fratelli sono stati arrestati perché – secondo la Procura – avrebbero favorito la permanenza illegale dei cittadini moldavi sul territorio nazionale, oltre il termine di 90 giorni loro consentito essendo sprovvisti di visto per motivi lavorativi, tramite l’indispensabile intermediazione con i doganieri (soprattutto ungheresi, ma anche romeni) nella tratta di ritorno dall’Italia alla Moldavia. E’ stato accertato come, a fronte del pagamento di diverse somme di denaro, il cui ammontare varia in base alla durata della permanenza illegale, non veniva apposto il timbro di interdizione al reingresso in area Schengen, che invece andrebbe apposto nella maggior parte dei casi. Ancora, si sarebbero occupati del reingresso illegale in Italia prima del decorso del termine di permanenza obbligatoria nel paese di origine di almeno tre mesi dalla data di rientro dall’Italia, tramite il meccanismo del “doppio passaporto”, del cui funzionamento alla dogana si fanno loro stessi garanti, oltre che tramite altre dazioni di denaro.

E’ emersa, pertanto, la seguente ricostruzione dei fatti: i cittadini moldavi usciti dall’Italia vi rientravano anche dopo qualche giorno e comunque prima del decorso del termine di tre mesi di permanenza obbligatoria nel paese di origine, con divieto di rientro nell’area Schengen ed in particolare in Italia. Si sarebbe procurati anche un secondo passaporto pulito, in quanto diverso rispetto a quello con cui avevano fatto rientro nel territorio moldavo. Il costo per procurarsi questo secondo passaporto varia a seconda dell’urgenza da 100 a 250/300 euro. Muniti quindi del secondo passaporto qualora non risultassero i timbri precedenti apposti dalle dogane, i cittadini moldavi venivano ritrasportati in Italia dai fratelli ma dovevano pagare un’ulteriore somma di denaro alla frontiera, pari a circa 100 euro, sempre a titolo di prezzo dell’accordo corruttivo finalizzato a “far chiudere un occhio” ai funzionari in servizio presso i posti di frontiera. Trascorso un periodo temporale di almeno tre mesi in Italia con il secondo passaporto, sempre tramite uno dei fratelli moldavi residente a Gaeta i cittadini moldavi rientravano in patria (entro o oltre il termine trimestrale) e recuperavano il primo passaporto, con cui quindi potevano rientrare in area Schengen liberamente, in quanto ormai trascorsi i tre mesi di permanenza obbligatoria nel paese di origine.

La donna, D.B., che si era stabilita invece, a Santi  Cosma e Damiano, avrebbe gestito in maniera incessante e costante l’attività di intermediazione illecita nel reclutamento e nell’impiego di manodopera di cittadini moldavi. In violazione del divieto di impiegare cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno per motivi lavorativi, la 51enne invece li reclutava e li impiegava presso terzi, svolgendo questa attività come se fosse una vera e propria agenzia di collocamento – illecita ovviamente – in maniera stabile ed incessante.

Inoltre, B. si sarebbe adoperata attivamente per favorire la permanenza sul territorio nazionale dei cittadini moldavi, i quali la contattavano non conoscendo le modalità di permanenza, di rientro in Moldavia e del successivo reingresso in Italia. La 51enne è accusata di aver fornito loro tutte le indicazioni concrete ed i suggerimenti pratici per rimanere in Italia oltre il termine trimestrale previsto dal Testo Unico in caso di visto turistico o comunque di ingresso senza visto per motivi di lavoro (pagamento alla dogana, emissione del “passaporto bianco” previa falsa denuncia di smarrimento di quello detenuto) nonché per fare rientro in Italia immediatamente dopo il ritorno in Moldavia senza attendere il termine trimestrale di permanenza obbligatoria nel paese di origine prima di poter riaccedere in area Schengen.

Strettamente connesso al fenomeno dell’immigrazione clandestina – e l’ha accertato la meticolosa inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere – è stato poi quello dello sfruttamento lavorativo con il approfittamento dello stato di bisogno, in quanto l’ingresso e la permanenza illegali erano finalizzati proprio al reclutamento, all’impiego ed allo sfruttamento della manodopera dei cittadini moldavi. D.B. tra il sud pontino e l’alto casertano era diventata l’agente di collocamento di lavoratori moldavi, soprattutto donne che versano in stato di bisogno nel loro paese di origine. Vi si rivolgevano in tanti per reclutare badanti o addette ai servizi casalinghi, al di fuori di ogni previsione normativa e contrattuale collettiva.

Per questa attività di reclutamento di manodopera e di intermediazione illecita la donna romena pretendeva il pagamento della somma di circa 300 euro per ogni lavoratore collocato e per le badanti e le collaboratrici domestiche pattuiva per loro conto uno stipendio mensile di importo variabile dagli 550/600 euro a 750/800 euro in modo palesemente difforme dalla disciplina contenuta nel contratto collettivo nazionale di categoria. La 51enne per i braccianti agricoli pattuiva per loro conto uno stipendio mensile pari a 600 euro o una paga giornaliera dall’importo variabile compreso tra gli 25 euro (pari a meno di 2 euro all’ora) e i 30 euro (pari ad 3,75 all’ora), con possibilità di percepire la somma di 25 euro in caso di lavoro domenicale ovvero 5 euro per ogni ora straordinaria lavorata, in palese difformità rispetto alla disciplina contenuta nella contrattazione collettiva di categoria.

La Procura nell’ordinanza dei Gip Grammatica ha accertato la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro ed al riposo settimanale. I lavoratori reclutati venivano sistematicamente impiegati per intere giornate lavorative, anche per ore straordinarie rispetto all’orario ordinario, per orario notturno ed anche per giornate festive, senza che fosse praticata alcuna maggiorazione retributiva, fissata, dalla contrattazione collettiva per le badanti e le collaboratrici domestiche. E aspetto raccapricciante dell’intera triste vicenda ha riguardato la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro o a situazioni alloggiative degradanti. Alcune lavoratrici domestiche rimanevano digiune, non provvedendo i datori di lavoro al loro vitto. Altre erano costrette a subire avances di tipo sessuale dai loro protettori mentre i lavoratori adibiti a braccianti agricoli in alcune occasioni erano costretti a vivere in baracche o in roulette di fortuna, in condizioni degradanti ed insalubri, dovute alla presenza di animali all’interno delle stesse ed alla penetrazione di acqua piovana dai soffitti.

Il Gip Grammatica, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura diretta da Anna Maria Troncone, ha anche emesso un decreto di sequestro preventivo a carico degli indagati: 107mila euro per i fratelli moldavi e a 16.200 euro per la romena di Santi Cosma e Damiano nonché di 8 veicoli utilizzati dal 39enne di Gaeta per il trasporto illegale dei cittadini moldavi in Italia. All’esecuzione delle misure cautelari personali e reali hanno contribuito, fornendo una preziosa collaborazione, la Procura Generale della Repubblica di Moldavia, con cui è stata attivata una proficua procedura di commissione rogatoria, nonché le autorità giudiziarie romene e ungheresi, interessate per il tramite di Eurojust dell’esecuzione di due ordini europei di indagine emessi dalla Procura, nonché da personale in servizio presso l’Interpol in Romania ed in Moldavia, con i quali la Procura sammaritana ha avuto una stretta e diretta collaborazione

Le indagini sono tuttora in corso e potrebbero conoscere un altro punto di vista mercoledì quando i due arrestati a Gaeta e a Santi Cosma e Damiano, difesi dagli avvocati Pasquale Di Gabriele e Antonio Urciuolo, compariranno mercoledì davanti il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Orazio Rossi per essere sottoposti agli interrogatori di garanzia.