Sperlonga / Omicidio al multipiano, arriva la condanna in Cassazione per Arianna Magistri

Attualità Cronaca Formia Sperlonga

SPERLONGA – La Cassazione ha emesso, in via definitiva, l’ultimo verdetto per la lite che il 16 giugno 2016 provocò all’interno del parcheggio multipiano di Sperlonga la morte di Anna Lucia Coviello, di 63 anni di Terracina. I giudici della Suprema Corte hanno condannato a 14 anni e quattro mesi di reclusione, con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, Arianna Magistri, l’impiegata di Formia che – secondo la Procura- al termine dell’ennesima lite dopo due anni di atti persecutori, strattonò e provocò la caduta della vittima.

La sezione riunite della Cassazione, accogliendo una richiesta della quinta sezione penale della stessa Suprema Corte dello scorso marzo, ha riformulato i capi d’imputazione. Ha deciso che l’aggravante dello stalking, come prospettato dal legale dell’imputato, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, sia assorbita dal principale reato, quello di omicidio volontario, e ha concesso alla Magistri, rispetto all’ultima condanna, uno sconto di pena di un anno e due mesi di reclusione che ora diventano esecutivi. La difesa della Magistri aveva ribadito che il reato di stalking non dovesse essere giudicato autonomamente ma meritava di essere inglobato in quello di omicidio volontario. 

La Magistri al termine del rito abbreviato venne condannata dal Gup del Tribunale di Latina Mara Mattioli a 16 anni di carcere, sentenza rivista dalla Corte d’assise d’appello che assolse la donna dall’accusa di stalking. Ma, dopo la derubricazione dell’omicidio volontario in omicidio preterintenzionale, venne condannata a sei anni di carcere. Quest’ultima sentenza d’appello venne annullata, però, dalla Cassazione che chiese ed ottenne un processo bis di secondo grado al termine del quale la Magistri rimediò una condanna a 15 anni e 4 anni di carcere con l’originario reato di omicidio volontario. 

Per quella caduta la Coviello, i cui eredi si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocarto Dino Lucchetti, aveva riportato diverse fratture del cranio e una vasta emorragia cessando di vivere dopo una breve agonia all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.