Gaeta / Racket degli stabilimenti balneari, il Riesame rigetta l’appello cautelare della Procura

Cronaca Gaeta

GAETA – Non c’erano i presupposti perché due imprenditori di Gaeta e altrettanti loro dipendenti di Forma finissero agli arresti domiciliari o fossero destinatari di altre misure cautelari in relazione ad un presunto giro di racket e di estorsioni compiuto sino ai primi mesi del 2020 ai danni di uno stabilimento balneare operante in località Ariana a Gaeta. L’ha deciso il Tribunale del Riesame di Roma che ha respinto completamente l’appello cautelare promosso dal sostituto procuratore della Repubblica di Cassino Valentina Maisto contro l’ordinanza che, disposta nei confronti dei quattro indagati da parte del Gip Salvatore Scalera, ha previsto invece misure ed obblighi molto più contenuti.

I quattro sono tuttora indagati con le ipotesi di reato di estorsione in concorso, tentata estorsione, furto aggravato ed atti persecutori ma il Riesame, recependo integralmente le posizioni esposte dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Renato Ciamarra, Felice Belluomo e Vincenzo Macari, ha ritenuto insussistente ed inconsistente la gravità indiziaria esposta dalla Procura. Taluni episodi sono rimasti assolutamente privi di riscontro ed altri pienamente rientranti nella mera dialettica civilistica. All’esito di una consistente ed articolata attività di indagine condotta dal commissariato di Polizia sono emersi – ha sostenuto il Tribunale del Riesame (presidente Agrimi, a latere Giudici Tomei e Guaraldi) nelle sette cartelle fitte di considerazioni – appena meri sospetti ai danni dei quattro operatori balneari di Gaeta e Formia. Il Riesame ha evidenziato una chiara conflittualità tra le parti ed un comune interesse degli indagati alla gestione di un tratto di spiaggia libera ma non ha fatto emergere l’esistenza di un piano criminoso articolato di cui gli stessi indagati fossero protagonisti e promotori. Determinante è stato il voluminoso carteggio, articolato da mirate memorie e numerosi documenti tecnico amministrativi, presentato dagli avvocati Renato Ciamarra, Felice Belluomo e Vincenzo Macari, che ha portato i giudici del Tribunale della Libertà a ricondurre l’intera vicenda in un mero rapporto civilistico esistente tra le parti. I quattro indagati avevano definito le loro azioni “determinate unicamente dalla volontà di realizzare il preteso diritto all’adempimento degli accordi contrattuali intervenuti con le due denuncianti, consacrato finanche in un rogito notarile che sanciva puntualmente il contenuto degli accordi ai quale sarebbero state proprio le denuncianti ad essere venute meno nel corso dei mesi successivi alla stipula.

Le presunte vittime di questa storia erano state due imprenditrici di Scauri, madre e figlia di 69 e 36 anni, Maria P. e Fabiola D.M.,m, titolari di una regolare concessione comunale marittima, la numero 4 del 2015. Secondo l’’accusa sarebbero state costrette a non esercitare l’attività di noleggio di attrezzatura da spiaggia su un tratto di spiaggia libera all’Ariana a Gaeta. Della loro triste vicenda imprenditoriale, iniziata nel giugno 2019 e conclusasi lo scorso febbraio, si occuparono subito gli agenti del commissariato di Polizia di Gaeta,il cui intervento fu richiesto quando ignoti nottetempo agli inizi della stagione balneare 2019 cosparsero di benzina i lettini e le sdraio di proprietà delle titolari dell’attività di noleggio. Le indagini sono durate otto mesi e lo scorso fine settembre conobbero un momento di svolta con la conclusione delle indagini preliminare. A coordinarle era stato il sostituto procuratore Marina Marra contro quattro presunti concorrenti delle donne scauresi, Damiano V. di 51, anni di Formia, Antonio B., di 48 anni di Gaeta, Filippo N., di 47 anni di Formia ed una donna di 45 anni, Annunziata S, anche lei di Formia. Con la conclusione delle proprie indagini preliminari la Procura di Cassino aveva anche definito ruoli e compiti questo quartetto: se Antonio B. è stato considerato l’istigatore, gli altri tre sarebbe stato gli autori materiali dei diversi episodi intimidatori commessi. Si tratta di ipotesi di reato che avevano lo scopo di accaparrarsi la clientela delle due noleggiatrici di Scauri. Tra questi la Polizia ha accertato l’imbrattamento, compiuto con la vernice, dell’auto del bagnino che prestava servizio presso lo stabilimento balneare dell’Ariana, la sottrazione delle chiavi dei servizi igienici del lido per provocare, a causa della loro chiusura, la revoca della concessione demaniale, il ricorso ad una colla speciale per danneggiare un lucchetto attraverso il quale l’attrezzatura da spiaggia non poteva essere utilizzata.

E ancora tra gli atti intimidatori figurarono il danneggiamento e la sottrazione di parti del chiosco-bar, dei kit di salvataggio dei bagnini contenenti le bombole di ossigeno ed una palla ambu abitualmente utilizzate nelle operazioni di soccorso, la realizzazione di lavori straordinari a carico di costi superflui ai danni dell’attività di noleggio, la promozione fraudolenta di una vertenza sindacale del valore di 30mila euro nei confronti delle due concessionarie, l’inoltro di richieste arbitrarie di controlli infondati sull’area di spiaggia in concessione, la presentazione di false querele, il reclutamento di falsi testimoni e la manipolazione del proprio fatturato per costringere le due donne – cosa poi avvenuta – ad abbandonare la propria attività lavorativa. Il secondo capo d’imputazione era stato altrettanto grave. Questo stato di cose avrebbe provocato alle due noleggiatrici di Scauri un “perdurante e grave stato di disagio, turbamento e timore per la propria incolumità. Erano sempre preoccupate – scrisse il Pm Marra – di essere sempre aggredite dai quattro indagati al punto da essere costrette ad alterare le proprie abitudini di vita, svolgimento del proprio lavoro e condizionare la vita relazionale e sociale. Dopo il pronunciamento del Riesame è probabile che il Pm Marra chieda – com’è probabile – il rinvio a giudizio del quartetto, il cui collegio difensivo esprime una moderata soddisfazione: “E’ stata riconosciuta la integrale correttezza dell’operato dei nostri assistiti e- hanno dichiarato gli avvocati Renato Ciamarra, Felice Belluomo e Vincenzo Macari hanno restituita loro la mai discussa dignità imprenditoriale e professionale” .