Formia / Omicidio stradale, assolto un 33enne

Cronaca Formia

FORMIA – Assolto con formula piena perchè il fatto non sussiste. Dopo oltre due anni è terminato il calvario giudiziario di S.F., l’uomo di 33 anni di Formia accusato di omicidio stradale e dunque di aver provocato, a bordo della sua Opel Astra, la morte di Antimo Bovenzi. La tragedia si verificò il 17 settembre 2018 in località Borgo Appio, nel comune di Grazzanise, in provincia di Caserta, quando il 33enne di Formia, alla guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti (ectasy, metanfetamina, marijuana, anfetamine e cocaina), urtò la Fiat Panda a bordo delle quale c’era Bovenzi. Per la vittima non ci fu scampo: morì per le gravi lesioni riportate in occasione dell’impatto provocato dall’Opel Astra su cui si trovava il 33enne.

L’uomo, di ritorno da una festa organizzata da un gruppo di amici in un comune del napoletano, è comparso davanti il Gup del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Ivana Salvatore per lo svolgimento del rito abbreviato. E dopo che il sostituto procuratore Alesandro Di Vito aveva chiesto per il 33enne la condanna a quattro e otto mesi di reclusione -che se fosse stata accolta avrebbe significato il carcere per l’automobilista di Formia – il Gup, al termine di una camera di consiglio durata oltre tre ore, ha prosciolto l’uomo dalle accuse di omicidio stradale e guida sotto l’effetto di droghe. Sono state raccolte integralmente le argomentazioni difensive avanzate dal legale dell’imputato.

Secondo l’avvocato Vincenzo Macari la velocità di marcia tenuta dall’assistito non è stata una causa che ha provocato l’incidente mortale e tanto meno il 33enne non si trovava in uno stato di alterazione psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti. A dar manforte alla condotta difensiva di S.F. è stato il dispositivo satellitare della sua Opel Astra che ha evidenziato, contrariamente a quanto relazionato dal perito della Procura di S.Maria Capua Vetere, come l’uomo “reagì e con assoluta prontezza frenò davanti alla situazione di pericolo, tentò di sterzare alla propria destra al punto che la persona che si trovava a fianco uscì ponendo i piedi nel sottostante canaletto di scolo”. La difesa dell’avvocato Macari ha dimostrato altro: la Fiat Panda della vittima invase purtroppo la propria corsia di marcia dell’Opel e S.F. non “fu più nelle condizioni di spazio e di tempo per porre in atto un’azione d’emergenza idonea ad evitare l’impatto – l’ha scritto il perito nominato dalla difesa, l’ingegner Andrea Calcagnini – Neanche se avesse mantenuto una velocità di marcia pari a 50 chilometri orari quando il sinistro si verificò a quella di 70 chilometri orari”.