Falsi esami alla Link University, chiesto il rinvio a giudizio per 69 indagati: a rischio anche 5 pontini

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LATINA – Rischiano il processo i cinque indagati pontini finiti nei guai per conto della Procura della Repubblica di Firenze nell’ambito della gestione della Link Campus University, l’ateneo diretto dall’ex Ministro degli Interni Vincenzo Scotti e ritenuto il laboratorio formativo della governance della prim’ora del Movimento Cinque Stelle. Il sostituto procuratore Christine von Borries, che ha coordinato le indagini preliminari insieme al procuratore capo della Procura fiorentina Giuseppe Creazzo e all’aggiunto Luca Turco, ha chiesto che vengano rinviate a giudizio 69 delle 71 persone finite sotto inchiesta e nel chilometrico elenco ci sono i nomi di Pasquale Russo, di 63 anni di Minturno che, sulla scorta del suo ruolo di consigliere e direttore generale con funzioni amministrative della Link Campus University, è considerato dai pm fiorentini il promotore, l’organizzatore ed il gestore di un’associazione per delinquere finalizzata a falsificare gli esami presso la speciale università.

Ad affiancarlo ci sarebbero stati anche Andrea Pisaniello, 37 anni di Aprilia, dipendente dell’ateneo, un altro minturnese ma residente a Roma, Felice Romano, 58 anni, segretario generale nazionale del sindacato di Polizia Siulp e presidente della Fondazione “Sicurezza e Libertà”, Alessandro Pisaniello, 65 anni, di Aprilia, componente del direttivo nazionale dello stesso Siulp e finanche uno studente di Gaeta, Alessandro Di Giacomo, raggiunto da un avviso di garanzia con l’ipotesi di reato di falso. Secondo la ricostruzione investigativa della Procura di Firenze agli studenti iscritti alla Link University sarebbe stata garantita la possibilità di ottenere la falsificazione dei propri esami che, sostenuti a Firenze piuttosto che presso la sede di Roma dell’ateneo, si sarebbe concretizzata con la consegna da parte dei professori agli studenti delle domande o dei temi da svolgere qualora le prove da svolgere sarebbero state scritte.

Il nome più altisonante di questa delicata indagine è quello dell’ex Ministro democristiano degli Interni Vincenzo Scotti, indagato per associazione a delinquere in concorso finalizzata al conseguimento di falsi esami e ritenuto il “promotore, costitutore e organizzatore dell’associazione”. Unitamente ai vertici amministrativi, ai docenti, ai ricercatori e a molti studenti, tra cui diversi poliziotti, l’ex titolare del Viminale è accusato di aver messo in piedi o di aver usufruito di un sistema di “esami facili” e di scorciatoie per abbreviare gli studi alla Link Campus University. I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di falsità materiale e ideologica e di associazione a delinquere. Le presunte irregolarità, accertate al termine di un’indagine durata due anni e chiusa la scorsa primavera, riguardano il corso di laurea triennale in Scienze della politica e relazioni internazionali e il corso magistrale in Studi strategici e scienze diplomatiche. I tre pm titolari delle indagini hanno effettuato un focus investigativo sull’andamento deli anni accademici 2016-2017 e 2017-2018, durante i quali sarebbe stata rilevata un’abnorme assenza dalle lezioni di diversi studenti, nonché la possibilità di sostenere gli esami a Firenze – senza che i prof fossero presenti – anziché nella sede romana dell’Università.

La conclusione cui è giunto il pm Christine Von Borries è una soltanto: le prove si sarebbero tenute in locali esterni alla facoltà e in molti casi i candidati avrebbero conosciuto in anticipo le domande e sarebbero stati liberi di consultare internet. Ai vertici amministrativi, dirigenziali e gestionali della Link si contesta anche di aver proposto agli studenti-poliziotti un corso, per un costo di 600 euro, che secondo le accuse della Procura avrebbe permesso di abbreviare il percorso di studi saltando gli esami del primo anno. A indirizzare gli agenti della questura di Firenze verso la Link Campus University sarebbe stato il sindacato Siulp. L’ipotesi è che alla base ci fosse una convenzione siglata tra l’ateneo romano e la Fondazione sicurezza e libertà, di cui era presidente e legale rappresentante il segretario nazionale del Siulp Felice Romano. Già in occasione della conclusione delle indagini preliminari da parte dei tre pm fiorentini inevitabile era stato il polverone di polemiche che ne seguì.

Tra i primi a dichiarare la propria “completa e assoluta estraneità” ai fatti contestati fu lo lo stesso Siulp che evidenziò “la piena trasparenza di tutto il suo operato” e restituì al mittente l’accusa, gravissima, di aver avallato una serie di falsi e lo svolgimento facile degli stessi esami”. Dello stesso tenore fu la presa di posizione della Link University che, ribadendo “la piena trasparenza di tutto il suo operato. Non c’è stato nessun falso e nessun esame facile”, ha definito “destituite di fondamento le accuse di agevolazione del percorso di laurea seguito dagli agenti di Polizia di Stato iscritti al Siulp cui sono stati riconosciuti crediti formativi e percorsi di valorizzazione della loro specifica professionalità, come avviene nella maggior parte delle Università italiane”.