Cronaca

Operazione Touch & Go, gli indagati ricorrono al Riesame [VIDEO]

SUD PONTINO – La sua unica colpa? Essere legata sentimentalmente ad uno dei due fratelli di Minturno che, per conto di due clan camorristici molto influenti nel quartiere napoletano di Secondigliano, avrebbero capitanato a livello locale un’organizzazione criminale dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti sui territori di Formia e Scauri. E’ stata una delle motivazioni che l’avvocato Massimo Signore ha esplicitato nel ricorso al Riesame contro l’ordinanza di custodia cautelare che poco più di due settimane fa, nell’ambito della delicatissima operazione anti droga “Touch & Go” dei Carabinieri della Compagnia di Formia e del comando provinciale di Latina, era stata notificata all’unica donna presente nell’inchiesta. La 27enne dal pomeriggio di venerdì si trova presso l’abitazione di Bologna dove era stata arrestata dai Carabinieri del capoluogo emiliano.

Il Riesame di Roma, accogliendo parzialmente il ricorso dell’avvocato Signore, ha concesso alla donna i “domiciliari” mettendo in evidenza la sua estraneità ai fatti rilevati dal sostituto procuratore della Dda di Roma Corrado Fasanelli e avallati dal Gip del Tribunale di piazzale Clodio Ezio D’Amizia. La 27enne è l’unica dei 22 indagati ad avere ottenuto la modifica della misura cautelare alla luce della discussione – avvenuta venerdì – dei ricorsi presentati dalle prime il dieci persone considerate componenti un gruppo in grado di gestire, anche attraverso il ricorso alle minacce e alla forza, lo spaccio di sostanze stupefacenti. Ha dimostrato di non essere parte integrante di questa organizzazione per il fatto di essere andata a lavorare da anni a Parma alle dipendenze di una multinazionale, obiettivo che intende perseguire di nuovo appena la misura cautelare del Gip D’Amizia le sarà annullata completamente.

I legali degli altri nove indagati – gli avvocati Giovanni Valerio, Luca Scipione, Renato Archidiacomo, Enrico Mastantuono, Pasquale Cardillo Cupo e Gianni Bove – hanno chiesto l’annullamento o, in subordine, la modifica della misura cautelare in carcere venendo meno i presupposti dell’inquinamento delle prove, del pericolo di fuga e soprattutto della reiterazione dei reati che peraltro sono datati nel tempo. Il ricorso presentato dall’avvocato Scipione a favore dei suoi assistiti è andato oltre: ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Gip D’Amizia perché il magistrato avrebbe riportato, senza modificarli, alcuni passaggi delle domande cautelare sollecitate dal pm della Direzione distrettuale antimafia. Ne è scaturita un’appassionata discussione e i giudici del Riesame hanno evidenziato, invece, come il Gip D’Amizia non abbia accolto molte richieste (in termini di capi d’imputazione) avanzate dal rappresentante della Dda romana.

La discussione degli altri 22 ricorsi al Riesame avverrà nella giornata di oggi, 23 luglio, e saranno protagonisti per lo più gli avvocati Vincenzo Macari e Pasquale Cardillo Cupo. Un elemento comune denominatore aveva caratterizzato sinora la strategia processuale dei 22 indagati: nessuno aveva risposto alle domande del Gip avvalendosi della facoltà di non rispondere al termine degli interrogatori di garanzia effettuati per rogatoria in diverse carceri italiane.

Intervista all’Avv. Massimo Signore

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