Formia / Impianto di cremazione al cimitero di Castagneto, monta la protesta dei cittadini

Formia Politica

FORMIA – L’eco delle urla è arrivata anche nella sottostante via Vitruvio. Non ha tradito affatto le attese una nuova seduta congiunta (sempre a porte chiuse) delle commissioni Urbanistica, Ambiente e Lavori Pubblici del Comune di Formia chiamate ad esprimersi su un progetto presentato da tempo da una società campana finalizzato a realizzare un forno crematorio lungo la provinciale via Rotabile, in località Castagneto. La maggioranza, nonostante siano insorti (con la raccolta di oltre 500 firme) i cittadini residenti nei pressi del principale ed omonimo cimitero della città, vuole andare dritta come un treno.

Ha provato nella conferenza dei capigruppo di questa mattina ad integrare l’ordine del giorno del consiglio comunale già fissato per il 15 luglio per inserire un argomento che, indigesto alle intere opposizioni di centro destra (Udc, Lega e Forza Italia) e del Pd, sta suscitando qualche perplessità di troppo anche alla lista di maggioranza “Ripartiamo con voi” dell’imprenditore della sanità privata Maurizio Costa. Ma alla fine il punto sull’impianto di cremazione non è stato inserito all’ordine del giorno della prossima assise civica.

L’avvocato Lino Martellucci è uno dei tre consiglieri comunali eletti e ora presiede anche la commissione urbanistica. Il suo omologo della commissione Lavori Pubblici, Fabio Papa, ha visto i sorci verdi quando Martellucci, pur dichiarandosi favorevole per il progetto, ha chiesto un’ipotesi ubicativa per realizzare questo forno. Magari lontano dall’area cimiteriale di Castagneto, fuori dal centro abitato, in una delle aree industriali di cui la città è ancora ricca. Martellucci è stato di parola quando ha deciso di non partecipare al voto finale quando i rappresentanti delle quattro forze di minoranza avevano già abbandonato il palazzo municipale “amareggiati ed increduli” di questa “volontà a tutti i costi” di perseguire un progetto anti economico ma condizionato da un’infinita di vincoli tecnici ed urbanistici.

Che la strada sia decisamente in salita lo ha confermato il dirigente della ripartizione Lavori pubblici, Antonio Fracassa, che ha confermato come ci sia bisogno del parere della collega del settore urbanistica Annunziata Lanzillotta (assente alla seduta congiunta delle tre commissioni) perché il progetto vada in consiglio tra meno di due settimane. I rappresentanti delle minoranze hanno annunciato le barricate perché questa “scellerata scelta” dell’amministrazione Villa conosca uno stop. Potrebbe darlo l’approvazione da parte della Regione Lazio alla proposta di variante al Prg del comune di Gaeta che lo scorso dicembre ha approvato la proposta di realizzare un impianto di cremazione in località Piroli, in una zona esclusivamente agricola a ridosso dell’Appia, tra Formia ed Itri. E due impianti di cremazione la Regione Lazio – anche se la normativa a tal riguardo non è ancora chiara – non li autorizzerà mai in due comuni confinanti…

Ma l’attuale maggioranza al comune di Formia vuole andare avanti, nonostante i cittadini hanno manifestato le loro perplessità su questa soluzione per la quale l’amministrazione comunale manifesta tanto interesse, esternandole in una petizione in cui definiscono “infelice e altamente dannosa per la salute della popolazione cittadina” la scelta del sito. L’area interessata è orami fortemente urbanizzata, troppa vicina agli immobili residenziali e dunque dannosa per la salute pubblica.

I cittadini nella raccolta delle firme, inviata ai vertici dell’amministrazione comunale di Formia e, in particolare al sindaco Paola Villa, all’intera Giunta, al consiglio comunale, agli assessori e ai dirigenti dei settori Urbanistica e Lavori Pubblici, sostengono che gli impianti di cremazione devono essere collocati ad almeno 200 metri di distanza dalle abitazioni e dai centri abitati mentre è vietato costruire intorno a loro nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri mentre in località Castagneto la prima casa, costruita trenta anni fa, dista solo 50 metri. I firmatari una soluzione alternativa l’hanno inviata al comune di Formia: una completa tutela del diritto alla salute delle persone può essere ottenuta solo con la realizzazione dell’impianto di cremazione in un altro sito in zona industriale, di cui è abbondantemente dotata.

La petizione popolare afferma un principio: il diritto inviolabile alla salute è preminente rispetto a qualsivoglia interesse di natura economica, sotteso alla realizzazione del forno crematorio. Ad oggi in Italia non esiste una norma unitaria che disciplini l’installazione degli impianti di cremazione e le loro conseguenti emissioni; ogni Regione o Provincia stabilisce quindi dei limiti specifici in relazione alla localizzazione dell’impianto ed alla tecnologia adottata. La Legge 130/2001 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri” prevede infatti l’emanazione di uno specifico provvedimento interministeriale in materia, non ancora però intervenuto. Il provvedimento dovrebbe definire le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione. Non esistendo ancora una norma “ambientale” specifica che disciplini l’installazione e il funzionamento dei forni crematori, con la prudenza e la delicatezza che l’argomento richiede, questi impianti sono compresi “tra gli inceneritori dei rifiuti speciali, almeno per l’aspetto legato ai parametri operativi e funzionali che tali impianti sono obbligati a rispettare”.

Il principale impatto ambientale di questo tipo di impianti riguarda l’aria, poiché durante la cremazione nei forni si ha produzione di inquinanti atmosferici, in particolare: polvere, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti. Possono aggiungersi, inoltre, emissioni di mercurio (dall’amalgama presente nelle otturazioni dentarie), zinco (specialmente nel caso delle cremazione di tombe estumulate), diossine-furani e Ipa. Le emissioni, poi, di questi impianti sono regolamentate dall’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) e sono soggette alle prescrizioni in materia di emissioni gassose in atmosfera (parte V del D.Lgs. 152/2006 e smi). Nello studio impiantistico della tecnologia di depurazione dei fumi, vengono di solito prese come riferimento le migliori tecnologie disponibili dei termovalorizzatori. Durante il processo di incenerimento e durante il processo di abbattimento degli inquinanti presenti nei fumi, vengono prodotti rifiuti speciali che vanno smaltiti in discariche autorizzate in conformità alle norme di legge.

In un crematorio si producono rifiuti rappresentati soprattutto da: polveri, fanghi, filtri, reagenti ed altri rifiuti derivanti dalla depurazione dei fumi; materie solide che restano nell’interno delle camere di combustione o che possono da queste essere evacuate; rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti mercurio; materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti. Questi impianti sono, oggi, classificati come inceneritori di rifiuti speciali per l’aspetto concernente i parametri operativi e funzionali. Il Decreto attuativo del 13 giugno 1989 del Ministero dell’Ambiente elenca i rifiuti e il loro smaltimento e tra i rifiuti di categoria 6 troviamo i rifiuti da smaltire nel forno crematorio o per inumazione, mentre i rifiuti di categoria 7 si smaltiscono nell’inceneritore. La temperatura di un forno crematorio raggiunge gli 800-1000°C. L’incenerimento della salma, della bara con il rivestimento, dei vestiti ed eventualmente di altri accessori, genera diverse sostanze tossiche, in particolare materiale particolato fine/ultrafine, monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto e zolfo (NOx, SO2), composti organici volatili (COV), composti inorganici del cloro e del fluoro (HCl, HF), metalli pesanti. Inoltre, sono emessi mercurio (dall’amalgama nelle otturazioni dentarie), Zinco (specialmente nel caso delle cremazione di tombe estumulate), diossine-furani. Si stima che un forno crematorio che cremi in media 100 salme l’anno, emetta quasi un chilo di mercurio . La cremazione annuale di migliaia di salme potrebbe causare emissioni di decine di chilogrammi di mercurio…, responsabile di danni al sistema nervoso in via di sviluppo, tra i quali una riduzione del quoziente intellettivo, alterazioni del comportamento, disordini dello spettro autistico, turbe dell’attenzione, dislessia.

Il Comune di Formia, inoltre, è stato invitato e diffidato a non rilasciare alcuna autorizzazione per la realizzazione del forno crematorio in località Castagneto anche per ragioni economiche: gli alti costi della costruzione e della manutenzione di un impianto di cremazione “rendono il rapporto costo beneficio a favore di impianti che possano bruciare ameno alcune migliaia di salme l’anno”. Il regolamento della Polizia mortuaria del 1975, approvato con Decreto della Presidenza della Repubblica numeri 803 del 21 ottobre 1975, precisa che la costruzione di un impianto crematorio deve essere sottoposto ad autorizzazione del Prefetto con approvazione dell’Asl mentre la gestione spetta ai Comuni che ne approvano i progetti di costruzione e vigilano sulla loro conduzione. Il ruolo della Regione, infine. Deve elaborare i “Piani Regionali di Coordinamento“ per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, anche in associazione tra essi, tenendo conto della popolazione residente, dell’indice di mortalità e dei dati statistici sulla scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale, prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno un crematorio per Regione (articolo 6 della legge 130/2001).