Formia / Condannata cassa forense: avvocato risarcito per oltre 10mila euro

Cronaca Formia

FORMIA – Poco più di diecimila euro. E’ l’entità del danno che il giudice del lavoro Federica Ronsini del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha riconosciuto, al termine di un contenzioso durato poco meno di tre anni, ad un’avvocatessa di 40 anni che, originaria del centro della provincia di Caserta, presta servizio presso uno studio legale di Formia. La professionista ha chiesto ed ottenuto, attraverso i colleghi Daniele Lancia e Angela Fleri, che venisse condannato niente meno che l’ente previdenziale italiano degli avvocati, la cassa nazionale di previdenza e assistenza forense.

I fatti. L’avvocatessa di Santa Maria Capua Vetere, ma formiana d’adozione in seguito al suo matrimonio, ha conseguito l’abilitazione professionale il 24 novembre 2009 e, due anni più tardi, il 21 luglio 2011, formalizzò la richiesta di iscrizione alla cassa nazionale di previdenza. Ma non ottenne alcuna riposta che arrivò molto tardivamente, dopo tre anni, il 24 ottobre 2014. L’ente previdenziale forense fu pilatesco nel momento in cui gli chiesto di versare i contributi con effetti retroattivo, dal 2011 insomma. Ma non era finito tutto qui. Perché l’avvocatessa protagonista di questo contenzioso il 1 agosto 2011 e l’8 febbraio 2013 era diventata mamma di una femminuccia e di un maschietto. Nel contenzioso instauratori davanti la sezione lavoro e previdenza del Tribunale di Santa Maria Goretti gli avvocati Lancia e Fleri hanno chiesto di far riconoscere alla loro assistita le due indennità di maternità alla luce dei due bambini avuti nel corso del tempo dall’avvocatessa.

Avv. Daniele Lancia
Avv. Angela Fleri

Nella sua difesa la cassa nazionale di previdenza, attraverso l’avvocato Gaetano Cinque, ha eccepito questa duplice richiesta come aveva fatto la cassa forense il 19 dicembre 2014: le domande di indennità andavano presentate entro 180 giorni dai due parti. Gli avvocati Lancia e Fleri hanno eccepito questa linea difensiva semplicemente rimarcando un aspetto: le due istanze di riconoscimento di indennità di maternità non erano state volutamente formalizzate perché la loro collega e neo mamma non sapeva ancora – quando nascevano i due suoi bambini- se la sua domanda di iscrizione alla Cassa forense stata o meno accolta. Insomma se l’ente previdenziale avesse deliberato subito quanto deciso nel 2014 – e dunque con tre anni di ritardo – la professionista di Santa Maria Capua Vetere avrebbe comunicato di essere diventata due volte mamma! La difesa della legale “oscurata” dall’ente previdenziale ha chiesto ed ottenuto l’applicazione del contenuto della sentenza della Corte di Cassazione numero 24705 del 2007 che aveva avuto modo di affrontare la questione degli effetti della retroazione dell’iscrizione sui termini per la presentazione della domanda d’indennità di maternità nell’ambito dell’ordinamento previdenziale forense. La Suprema Corte ha, dunque, risolto in modo chiaro il problema nel caso in cui la mancata iscrizione all’ente di previdenza non sia imputabile alla libera professionista.

“In tal caso, infatti, non opera alcuna rimessione in termini con riferimento alla domanda d’indennità di maternità, il cui diritto risulta – ha scritto nella sua sentenza il giudice Ronsini – irrimediabilmente compresso”. Questa vicenda ha evidenziato due aspetti: un Tribunale ha censurato la condotta omissiva e tardiva dell’ente previdenziale degli avvocati nell’accoglimento di una richiesta di un suo associato e, poi, come siano stati calpestati i diritti legati alla maternità da parte di una donna. A prescindere che sia o meno un avvocato…

Saverio Forte