VENTOTENE – L’appuntamento, concordato con un nipote, è per mercoledì sera nel retro parco del Palalottomatica di Roma, prima di uno dei previsti “sold out” nell’ambito del fortunato “Zero il folle in tour”, una serie di concerti nei teatri e palazzetti dello sport attraverso i quali e grazie al nuovo disco Renato Zero, tra riflessioni sulla società contemporanea e sul tempo passato e omaggi ai grandi maestri, effettua l’ennesimo viaggio dietro lo ‘zero-pensiero’. A chiedere ed ottenere di incontrare Renato Fiacchini, il vero nome del “re dei sorcini”, è Daniele Coraggio, l’imprenditore di Ventotene che, in qualità di presidente della poliedrica associazione “Ventotene mia”, assegnerà un premio all’artista romano per il suo antichissimo rapporto che lo lega alla seconda isola pontina. A Renato Zero sarà donato un piatto realizzato dall’artista campano Giuseppe Cicalese per festeggiare al meglio un anniversario musicalmente significativo: cinquant’anni fa usciva per la prima volta “Il Cielo” che, scritta due anni prima a Ventotene dal 17enne Renato Fiacchini durante una delle sue prime vacanze, trovò la sua definitiva consacrazione nel 1977 quando era uno dei motivi trainanti dell’album “Zerofobia”.
Secondo molti critici musicali se “Zerofobia” del 1977 (il quarto album di Zero) è entrato nella classifica di vendita rimanendovi per cinquantasette settimane raggiungendo il quinto posto, il merito è stato proprio de “Il Cielo”, un brano a cui il cantautore è molto legato tanto da diventare, in molte occasioni, la canzone di chiusura dei suoi spettacoli e concerti. Vi ha inserito una celebre parte recitata divenuta ormai parte della stessa canzone, un po’ come successo per il “Più su”. Il brano parla del cielo riferendosi alla fede ed al rapporto dell’essere umano verso questa entità misteriosa a cui è legato il destino dell’uomo. L’autore, quindi, invita a vedere oltre quella macchia buia e ad avvicinarsi a Dio per sperare in un futuro migliore oltre che godere della propria attuale esistenza su questa terra. Zero, inoltre, rappresenta l’impotenza umana sotto l’immensità del cielo e indica come una salvezza la fede poichè chi si lascia distogliere dalla propria vanità o, peggio ancora, eccede in violenza, non rende onore alla vita e sotterra la propria dignità non meritando nemmeno pietà. L’autore, dunque, ha integrato il testo coinvolgendo i suoi fans con l’intenzione di sottolineare i valori dei veri sentimenti che rappresentano l’unica salvezza dell’uomo. L’amore e l’amicizia sono, quindi, i valori da ricercare per dare nuova luce ad un mondo grigio e stanco. Proprio questa ultima parte, cantata dal pubblico nei concerti, rende questo brano un marchio di fabbrica di Renato Zero e del suo modo di intendere la musica e lo spettacolo oltre che la sua scala di valori per avere un mondo di migliore dove basta un sorriso o una stretta di mano per sentirsi serenamente parte di quel cielo.
Ma quando e nacque questo feeling tra Zero e l’isola culla del federalismo Europeo? Nel 1967, anno della sua prima vera vacanza autorizzata da papà Domenico e mamma Ada. A Ventotene Renato è stato avvistato a più riprese con “Lucy” , la sua prima segretaria, e con il “Conte Albert”. Aveva un legame forte con nonna Candida e con il figlio Osvaldo Castagna che nel corso del tempo gli affittavano una stanza, d’estate ma anche in altri periodi dell’anno, in un appartamento di proprietà in via del Muraglione con l’isolotto di Santo Stefano di fronte. Renato Zero e Osvaldo Castagna – in effetti lo zio materno di Daniele Coraggio – erano diventati anche amici e l’autore de “Il carrozzone” nel 1987 non disse di no per partecipare nella chiesa parrocchiale di Santa Candida alla messa per il battesimo del figlio Alessio. Da quel momento il rapporto, simbiotico, tra Zero e l’isola pontina si è improvvisamente e misteriosamente rotto. Mercoledì sera ricevendo quel piatto di Cicalese tutti sperano che possa riprendersi e… subito.
Saverio Forte