Formia / Pastificio Paone acquistato da un gruppo imprenditoriale di Roma

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FORMIA – Duemila euro in più, una miseria, rispetto alla base d’asta fissata dal giudice delegato Lorenzo Sandulli, il magistrato che ha autorizzato nel 2015 il concordato preventivo. Sarà un gruppo imprenditoriale di Roma a produrre ed esportare in tutta Italia e nel mondo la “pasta di Formia”, quella del pastificio Paone. E’ la novità, importantissima, scaturita dalla vendita all’incanto – avvenuta presso lo studio del commercialista di Arpino, il liquidatore Maurizio Taglione – del ciclo produttivo del nuovo stabilimento dell’azienda alimentare nell’area industriale di Penitro. A formalizzare l’istanza di acquisto per un importo di tre milioni e 840mila euro del nuovo stabilimento formiano è stato un gruppo imprenditoriale di Roma, l’unico che ha presentato nella giornata di venerdì scorso l’unica offerta rispetto alla base d’asta fissata dal Tribunale di Cassino: tre milioni e 838mila euro.

Top secret sul nome del nuovo acquirente del nuovo pastificio Paone. Tra le poche indiscrezioni circolate dopo la conclusione della vendita si sa che è di Roma e ha antichi collaborazione di fornitura – soprattutto farine e sementi – con l’azienda alimentare di Formia. Tanti e interessanti i propositi avanzati nella proposta di acquisto delle due linee di produzione – una per la pasta corta, l’altra per quella lunga – di nove macchine in grado di confezionare al giorno 880 quintali di pasta secca e di un magazzino dotato di 3100 posti pallet. Innanzitutto la società acquirente per una questione dei fidelizzazione del prodotto conserverà il nome dell’attuale governance, la “Domenico Paone srl”. L’obiettivo è la continuità imprenditoriale che dovrà presupporre il riassorbimento degli attuali livelli occupazionali, la conferma e l’estensione dei mercati grazie alle ultime commesse formalizzate dall’amministratore unico Fulvio Paone in diversi paesi del mondo e, soprattutto, la conferma dell’attuale livello di destinazione d’uso del nuovo sito produttivo di Penitro che, dunque, continuerà a produrre la “pasta di Formia”.

Cosa succederà ora? Niente di più rispetto a quanto prevede la legge fallimentare: l’offerta presentata dall’acquirente di Roma potrà essere oggetto di rialzo nei prossimi 15 giorni. Dovrà essere integrata di un 10% per quella che si chiama “offerta migliorativa”. Ma è assai probabile che ciò non accadrà. La base d’asta di tre milioni e 838mila euro era stata contesta dalla famiglia Paone che, dopo le nostre anticipazioni, aveva chiesto al giudice delegato Lorenzo Sandulli di bloccare la vendita. La richiesta, formalizzata in extremis, nella giornata di venerdì è stata respinta. Contestava il valore patrimoniale ed economico sancito dalla perizia effettuata per conto del Tribunale di Cassino dalla dottoressa Laura Carinci. Per la nuova guida del pastificio di Penitro il valore è stato decisamente sottostimato ed irrisorio rispetto all’andamento produttivo e di mercato, decisamente migliore e favorevole rispetto a quattro anni fa quando fu autorizzato, appunto, dal Tribunale di Cassino il concordato privato. Insomma la famiglia Paone sollecitava il blocco della vendita e lo svolgimento di una nuova perizia, più aggiornata, che contemplasse la nuova e positiva gestione economica dell’attività formiana dal momento che il suo marchio, risalente al 1876, era stato valutato anche….in zero euro…

La vendita dei beni strumentali del pastificio ha fatto seguito a quella dei capannoni che per un importo di due milioni e 32mila euro era stata aggiudicata alla “Corex” di Battipaglia. Ma possono coesistere due acquirenti all’interno dello stesso sito produttivo? I prossimi mesi, dopo la definizione delle pratiche burocratiche, lo diranno. Un fatto è certo. La vendita del 17 giugno dei beni strumentali del pastificio Paone si è inserita nell’ambito dell’accettazione da parte del comitato dei creditori di un programma di liquidazione che, previsto sempre dal concordato preventivo concesso dal Tribunale di Cassino, è figlio della perizia eseguita dalla dottoressa Laura Carinci. La sua consulenza era stata chiara: il ramo d’azienda include tutti i beni immateriali, di qualunque natura, registrati e non, quelli materiali inclusi i cespiti, i macchinari, gli arredi ed il magazzino; tutti i permessi, le autorizzazioni, le licenze, gli atti e i provvedimenti amministrativi utilizzati, richiesti, utili e necessari per l’operatività del complesso aziendale e per lo svolgimento dell’attività del ramo d’azienda in continuità: tutti i rapporti di lavoro dipendenti esistenti al marzo 2019; le passività esistenti verso i dipendenti del ramo d’azienda solo a titolo di trattamento di fine rapporto e di altre componenti come ferie e permessi non goduti, ratei di mensilità supplementari, premi ed altre parti variabili di retribuzioni maturati e non ancora liquidati.

Intanto il liquidatore Taglione intanto ha anche nominato l’avvocato Rosalba Genovese, chiamato ad impugnare la delibera del consiglio d’amministrazione, al numero 27 del 25 marzo, del Consorzio industriale interessato ad avviare un procedimento amministrativo per l’acquisizione del capannone con lo stesso investimento economico con cui è stato aggiudicato alla Codex di Battipaglia. La linea dell’avvocato Genovese non è condivisa dalla proprietà del pastificio che spera che il Cosind eserciti il diritto di prelazione e dunque possa proseguire l’attività imprenditoriale che continua a conoscere numeri e commesse importanti. La linea della difesa del comitato dei creditori è invece la seguente. Il consorzio industriale non può rivendicare la proprietà del sito di Penitro essenzialmente per tre motivazioni: le aree nella zona industriale u cui è stato realizzato dieci anni fa il nuovo pastificio Paone “non sono state cedute dal Consorzio industriale ma sono state acquistate con atti notarili dalla famiglia Paone, il nuovo sito produttivo è stato realizzato nel termine di cinque anni dalla cessione dell’area e “la stessa attività industriale del Pastificio Paone non è cessata da più di tre anni”, anzi, al contrario , “è in continuo svolgimento ed incremento”.
Taglione prima di nominare l’avvocato Genovese aveva promosso, senza alcun esito, un’azione in autotutela di chiedere la revoca della delibera consortile numero 27 in questi termini: il procedimento attivato dal direttore Scalesse è “illegittimo per difetto dei presupposti di legge, lesivo degli interessi della procedura e foriero di gravi danni a carico della massima dei creditori”.

Saverio Forte