Formia / Camorra, un collaboratore di giustizia nel processo contro Katia Bidognetti

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FORMIA – A poco più di un anno dal suo clamoroso arresto in elegante parco residenziale di via Madonna di Ponza a Formia – il suo fu uno degli arresti “eccellenti” nell’ambito dell’operazione “Re-Start” che coinvolse sua sorella ed altri familiari – aumentano i guai e i problemi giudiziari per Katia Bidognetti, la figlia Francesco “Cicciotto e mezzanotte, considerato il capo clan dell’omozione fazione dei Casalesi. Ci sarebbe un’importante “gola profonda” dell’organizzazione camorristica che avrebbe deciso di venire a rendere dichiarazioni spontanee contro la figlia prediletta di Francesco Bidognetti che da anni si era trasferita nel sud-pontino, a Itri prima e a Formia poi. Sarebbe un nuovo e importante collaboratore di giustizia che avrebbe deciso di “vuotare il sacco” in alcuni interrogatori resi con alcuni sostituti procuratori della Dda campana. Si tratta di Stanislao Cavaliere, di 51 anni, di Casal di Principe, che potrebbe comparire – come riportato da diversi organi d’informazioni della provincia di Caserta – davanti il Gup del Tribunale di Napoli davanti al quale nei prossimi giorni quando inizierà il processo con il rito abbreviato che vede, tra gli altri, imputati di primissimo piano alcuni dei figli di Francesco Bidognetti e, tra questi, le sorelle Katia e Teresa Bidognetti, a processo con le pesantissime accuse di estorsione ai danni di commercianti ed imprenditori di Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Villa Literno, Cellole, Castel Volturno, Acerra e Roma.

Quella di Cavaliere è una freccia nell’arco, una delle prove d’accusa che la Procura antimafia del capuologo campano intende mettere sul tavolo nel procedimento in cui si dovrà fare chiarezza in merito ad altri episodi estorsivi compiuti dal 2009 in poi. Beneficiario dei “domiciliari” un anno fa quando scattò l’operazione “Re-start”, a dicembre 2017 era finito in carcere l’ex marito di Katia Bidognetti, Giovanni Lubello, di 42 anni e anch’egli residente a Formia da anni. L’ottava sezione penale della Corte di Cassazione, confermando il pronunciamento dello scorso luglio del Tribunale del Riesame sull’istanza del sostituto procuratore della Dda di Napoli Alessandro D’Alessio, aveva inasprito la misura cautelare per l’uomo che sino nei giorni antecedenti al Natale si trovava agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di via della Conca a Formia. Lubello era stato coinvolto in questa delicatissima operazione per un episodio estorsivo risalente al 2009 quando l’ex moglie, in forza del suo importante cognome, avrebbe costretto i gestori di un resort di Cellole, in provincia di Caserta ad acquistare una partita di vino proprio da lui. A raccontare tutto ai Pm della Dda campana era stato il 29 settembre 2014 il titolare dell’attività ricettiva di Cellole: “Il mio socio si occupava di acquisti e forniture – aveva spiegato uno dei due gestori – e mi aveva riferito che Lubello voleva venderci una fornitura di vini. Gli dissi che c’erano problemi di disponibilità finanziaria e lui mi riferì che avevano concordato un pagamento dilazionato. Pertanto acconsentii, perché sapevo chi era il fornitore e soprattutto per timore. Fummo costretti ad accettare».

Nell’estate 2013, l’imprenditore si rese però conto che la prestigiosa azienda stava ancora pagando quel vino, circa mille euro al mese. Dalle carte inviate dal pm D’Alessio ai giudici della Corte di Cassazione emerse un altro particolare. Nel finire del 2011, uno dei soci del resort aveva fatto presente che Lubello aveva proposto l’acquisto di un’altra fornitura di vini: “Dissi che non era un’operazione da poter concludere – aveva poi spiegato al pm D’Alessio – ma il mio socio mi rappresentò che era il caso di acquistare trattandosi del genero e della figlia di Bidognetti. Convenni per evitare ritorsioni. Specifico che avevo paura”. A marzo 2014, solo dal resort, Lubello avrebbe percepito 15mila euro, più un assegno non incassato da 4.500 euro.

Saverio Forte