Formia / Giorno del Ricordo, cerimonia davanti al Monumento ai Caduti in Piazza Vittoria (video)

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FORMIA – La tragedia delle Foibe è una pagina di storia che l’Italia, forse frettolosamente, ha voluto dimenticare. Formia con una cerimonia semplice, sobria ma ricca di significati ha voluto ricordare davanti al Monumento ai Caduti in Piazza della Vittoria il “Giorno del Ricordo” per tutte le vittime, diecimila italiani, istriano-dalmati e giuliani, gettati vivi nella cavità carsiche prima da parte dei partigiani slavi e poi dalle truppe jugoslave del Maresciallo Tito. Ad organizzare la bella e ricca cerimonia di commemorazione è stato il movimento civico “Araba Fenice” che, richiamando molti cittadini comuni, ha voluto scegliere il silenzio per qualche minuto per ricordare tantissimi italiani, vittime, di rango inferiore, dell’odio. La deposizione della corona d’alloro ha preceduto la celebrazione di una Messa in suffragio delle vittime delle Foibe presso la chiesa della Madonna del Carmine e vi ha partecipato una donna sfollata, un’esiliata di Pola giunta nel 1948 a Gaeta, Gemma Benussi: racconta nell’intervista video a Saverio Forte che dopo aver perso il papà, il fratello e lo zio, non ha potuto, a distanza di 70 anni, portare un fiore nei luoghi sono stati uccisi. La signora Benussi confessa anche di essere perseguitata da un dubbio lacerante a trequarti di secolo: perché sono morti i “suoi” tre uomini di famiglia.

Anche a Sergio La Starza, italiano di Fiume, è stata consegnata, come la signora Gemma, una bandiera tricolore. E’ giunto a Formia nel 1948 dopo una breve permanenza nel campo profughi di Capodimonte a Napoli. Maledice il 10 febbraio 1947 quando furono firmati i trattati di Parigi con cui l’Italia cedette troppo frettolosamente alcuni suoi territori, l’Istria e la Dalmzia, alla Jugoslavia di Tito Gianni Carpinelli, del movimento civico “Araba Fenice”, ha lanciato un monito perché questa triste pagina di storia italiana non finisca nell’oblio e le amministrazioni del Golfo intitolino una strada o una piazza alle vittime delle Foibe. Ha ricordato come il ricordo di questa tragedia italiana, sino a qualche anno dimenticata sui testi di libri di storia, ha caratterizzato la sua infanzia trascorsa a Latina: “ Ricordo bene la dimora in cui vivevo insieme ai miei genitori; era situata di fronte al Distretto Militare, l’attuale Università, a poche centinaia di metri dal centro profughi. Ricordo sempre che ogni domenica avevamo ospiti a pranzo. A Latina era scattata una gara di solidarietà per avere a pranzo la domenica gli italiani esuli dall’Istria e dalla Dalmazia che vivevano nel campo profughi. E da allora che ho sentito parlare di Foibe.”

Il termine “Foibe” è ricomparso all’età dei 18 anni, del primo impegno in politica, naturalmente a destra: “Capii che erano stati infoibati coloro che avevano commesso “il reato gravissimo: quello di essere Italiani” – ha aggiunto il coordinatore del movimento dell’”Araba Fenice” – Parlare oggi degli eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia-Giulia e della Dalmazia avvenuti nella seconda Guerra Mondiale e nell’immediato dopo guerra è un discorso impegnativo”. A cadere nelle Foibe erano tutti coloro che erano italiani, uomini, donne, bambini, uomini di chiesa, anziani, una carneficina che testimoniava l’odio politico ideologico e la pulizia etnica voluta dal Maresciallo Tito. Oltre trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scapparono dal terrore, non avevano nulla, erano bocche da sfamare che non trovarono, purtroppo, in Italia una grande accoglienza.

Saverio Forte

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