Gaeta / Andato deserto l’incontro con il Comitato dei Lavoratori del Golfo

GAETA – Si è svolto questa mattina, presso il Comune di Gaeta, l’incontro richiesto dal neonato “Comitato dei Lavoratori del Golfo” al Sindaco Cosmo Mitrano, con l’impegno preso da tempo da quest’ultimo a coinvolgere per l’occasione le rappresentanze delle altre amministrazioni del Golfo, della Provincia, della Regione, nonché dell’Autorità Portuale e del Consorzio Industriale.

“L’incontro – spiega il comitato – è andato disertato da parte delle figure istituzionali presumibilmente interpellate da Mitrano, con l’unica eccezione di due delegati comunali di Formia e Minturno arrivati all’appuntamento allo scadere della discussione animata e critica comunque tenuta con il primo cittadino gaetano. A termine dell’incontro i lavoratori hanno consegnato al sindaco il seguente  documento che rappresenta una dichiarazione di intenti, proposte e richieste del Comitato stesso”.

COMITATO dei LAVORATORI  DEL  GOLFO

Comitato nato spontaneamente dall’aggregazione di lavoratori e lavoratrici di diverse realtà aziendali in crisi nel Golfo di Gaeta che hanno prodotto, a fronte di gravi incertezze sul futuro delle stesse, condizioni professionali di disoccupazione, cassa integrazione , precarizzazione ed esternalizzazioni.

Ci accomuna:

– La constatazione che nel Golfo mancano evidenti progetti pubblici di sviluppo e seri piani industrialiriguardanti le aziende locali, così divenute facili prede di avventurieri e speculatori di varie dimensioni.

– L’idea che la politica dei tavoli di accordo separati per singole aziende e dei generici protocolli di intesa con scarse garanzie per il lavoro, stiano di fatto favorendo questo approccio inefficace e non di insieme al problema occupazionale e produttivo nel Golfo.

– La volontà di unire in una comune lotta, con indirizzi e proposte condivise, tutti i lavoratori che sono stati in diverso modo toccati dalle varie crisi di settore e di azienda, al di là di delle realtà lavorative di appartenenza e le eventuali sigle sindacali alle quali essi sono iscritti.

Contrastiamo e denunciamo la trasformazione economica del Golfo in una “terra di nessuno” di facile penetrazione e conquista per affaristi ( finanche di provenienza malavitosa) che non hanno ad interesse il bene delle nostre comunità e la difesa delle occupazioni ed attività esistenti.

In questo senso reputiamo inefficace e spesso poco trasparente l’attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione di tutto ciò che riguarda lavoro e sviluppo nelle nostre città.

–  Le varie Amministrazioni locali, nel loro approccio estemporaneo, frammentato e non globale alla grave crisi economica del Golfo, ci appaiono assai deboli persino nel ruolo minimo di tutela dei cittadini lavoratori là dove dovrebbero rappresentarne gli interessi.  Al di là dei proclami enfatici per protocolli di intesa peggiorativi, non ci sembra che i nostri amministratori si impuntino in queste situazioni per vincolare le loro adesioni e firme a serie garanzie occupazionali e di investimento sul territorio. Neppure ci sembra che svolgano un rigido ruolo in tal senso all’interno di altri enti nei quali hanno funzione decisionale.

– Caso evidente è l’Autorità Portuale del Lazio, network del quale fa parte Gaeta con pure apposito rappresentante dell’amministrazione comunale. Oltre a destinare la città sud pontina a un ruolo commerciale marginale rispetto altri porti preferendo investire invece in infrastrutture quali ad esempio le rotonde stradali che nulla creano in termini di stabile occupazione, questa Authority non sta affrontando con totale priorità neppure casi di gravi crisi industriali su territori di sua concessione (vedi Italcraft).

– Infine ci sembra addirittura oscura per tanti versi l’attività del Consorzio Industriale del Sud Pontino, altro ente pubblico con nomine politiche. Da tale ente è in certi casi rilevanti addirittura impossibile avere risposte chiare su quali siano le proprie visioni e progetti, caso assai grave se si pensa il ruolo che dovrebbe svolgere proprio per la progettualità industriale del nostro territorio. Mentre le fabbriche chiudono, il Consorzio ci parla di ingenti investimenti sulla viabilità (cosa certamente importante, viste le somme di denaro pubblico che fa girare) ma latita invece in momenti cruciali di varie vertenze. Se poi interrogata, ad esempio, su quali siano i progetti che condivide per il porto di Gaeta o cosa sia più specificamente il “progetto Cesena” (che non prevede l’esistenza delle attuali industrie in zona demaniale) ecco che si silenzia.

Il caso Gaeta

Proprio la situazione di Gaeta ha avuto un ruolo importante nel costituirsi del Comitato dei Lavoratori del Golfo con queste sue idee e necessità. In questa città lavorano (o meglio “lavoravano”) molti dei suoi costituenti. Qui stiamo assistendo negli anni a una trasformazione del suo  settore industriale posizionato nell’area portuale e demaniale che ha aspetti troppo lampanti per essere casuale.

Di fatto è in corso una dismissione graduale di tutto il distretto industriale, che avviene per piccoli ma fatali passi.  Imprenditori, in alcuni casi addirittura improvvisati nell’attività acquisita, che disinvestono, chiudono reparti, mettono in  cassa integrazione i lavoratori senza rispettare accordi di rotazione o di graduale reinserimento (operazioni queste ultime che favoriscono artificiosamente una competizione fra i dipendenti stessi e persino fra le sigle sindacali). Tutto questo avviene in proporzioni spesso non giustificate da crisi di settore o in rifiuto di altre soluzioni più razionali ed auspicabili in termini economici e sociali, spesso in totale spregio pure della qualificata professionalità delle maestranze a disposizione.

Contemporaneamente sappiamo però quanto cresce di valore il territorio sul quale sono presenti tali siti industriali, un prezzo che aumenta ancor di più al presagirsi delle nuove possibilità legate alla portualità commerciale e turistica:  scenari che però non contemplano la continuità dei posti di lavoro di chi attualmente è dipendente delle presenti aziende. Tutto questo mentre si siglano protocolli che, tramite l’utilizzo di ammortizzatori sociali, servono più che altro a prendere tempo (e fanno scadere poi la mobilità dei lavoratori, che così non hanno più alcun vincolo positivo con i proprietari, finendo definitivamente in strada).

L’esempio di Gaeta ha certe le sue particolarità, ma per altri aspetti non è tanto dissimile da quanto avviene nellealtre città del Golfo, dove aziende di varie dimensioni chiudono o cambiano di proprietà, magari dopo fallimenti,  gettando in strada i lavoratori o sostituendo questi con altri ad altre condizioni contrattuali, spesso più precarie o risultanti da rapporti clientelari.

Alla luce di tutto ciò  CHIEDIAMO:

– quale progettualità sono messe in campo dalle istituzioni per lo sviluppo economico industriale sociale per il territorio del Golfo;

–  L’impegno dei vari amministratori ed autorità ad instaurare con dovuta frequenza tavoli di discussione intercomunali il più possibile allargarti in termini di territorio, di realtà produttive e lavorative e di vertenze coinvolte, in modo di affrontare in questi incontri la questione della contrattazione e formulazione di piani industriali e di sviluppo degni di questi nomi.

–  La presenza a tali tavoli, oltre che delle classiche rappresentanze delle parti sociali, pure del Comitato dei Lavoratori del Golfo, organizzazione unitaria e territoriale dei lavoratori, avente appunto funzione di rappresentare la visione politico-economica globale dei lavoratori vari e le loro esperienze, al di là  delle problematiche delle singole aziende, giungendo con questo a dar voce diretta pure a precari, lavoratori non sindacalizzati, disoccupati e chiunque in qualche modo con la crisi sia espulso dal processo lavorativo. Un soggetto quindi con importanti finalità, diverse ma compatibili con quello di sindacati, partiti ed associazioni territoriali.

– La convocazione del Comitato dei Lavoratori del Golfo pure nel caso delle riunioni importanti di enti quali l’Autorità Portuale e Consorzio Industriale quando riguardanti il territorio e il suo rapporto diretto con le realtà lavorative presenti su di esso

–  L’impegno delle varie amministrazioni a costituire un fondo integrativo intercomunale a sostegno dei lavoratori in cassa integrazione e mobilità anche senza reddito

–  forme di esenzioni comunali per gli stessi

– L’ausilio economico, logistico e legale da parte dei Comuni a quei lavoratori che decidessero di intraprendere esperienze di auto-organizzazione cooperativa al fine di affrontare la condizione di disagio occupazionale (sull’esempio della vicina Mancoop).

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