Formia / Operazione “Restart”, Katia Bidognetti resta in silenzio

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FORMIA – Determinata e pronta a perorare la sua condotta difensiva ma, al momento, ha bisogno di tempo, il tempo di leggere e decriptare le migliaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali che la vedono protagonista. Non ha smentito se stessa Katia Bidognetti, la 35enne terzogenita figlia del capoclan dell’omonima fazione dei Casalesi che, arrestata giovedì mattina a Formia nell’ambito dell’operazione anti-camorra “Restart”, è comparsa per l’interrogatorio di garanzia presso il carcere femminile di Pozzuoli davanti il Gip del Tribunale Maria Luisa Miranda, lo stesso magistrato che ha emesso la chilometrica ordinanza di custodia cautelare – 1270 pagine – richiesta dai sostituti procuratori della Dda campana Alessandro D’Alessio e Cesare Sirignano.

Katia Bidognetti è rimasta in silenzio e, avvalendosi della facoltà di non rispondere, ha affidato al suo legale, l’avvocato Domenico Dello Iacono, le ragioni di questa decisione: non ha letto ancora tutti gli atti processuali che hanno provocato il suo arresto nella sua nuova residenza formiana all’interno del Parco “Luci sul mare” con le accuse di associazione a delinquere di stampo camorristico e di estorsione. Tutto come previsto, dunque, per la strategia difensiva della figlia del boss che, animata da sentimenti di rancore nei confronti della madrea, Anna Carrino, una delle prime pentite del clan dei Casalesi, aveva dichiarato al nuovo compagno nel 2013 “Le donne si stanno zitte e mute e – avevano captato gli inquirenti in una intercettazione ambientale – si fanno il carcere”.

La “rampolla” di “Ciciotto e mezzanotte” intende cominciare a difendersi dalle accuse della Dda tra una decina di giorni quando si discuterà il suo ricorso davanti il Tribunale del Riesame. Considerata una sorta di governatrice delle casse, pare a rosso, del clan, Katia Bidognetti si è dichiarata pronta a ribaltare il castello accusatorio che la considera come la “regista” per un’estorsione compiuta ai danni di un resort di Cellole per aver imposto – insieme all’ex marito Giovanni Lubello – somme di danaro non dovute e l’acquisto di un’importante partita di vino per un valore di oltre 20mila euro.

Quella fornitura – ha anticipato il legale della Bidognetti – fu una semplice transazione commerciale da parte dell’ex coniuge intento a chiudere una società impegnata nel catering. E, dopo l’arresto dell’altra mattina, ha lasciato Formia, scortato a bordo di un cellulare della Guardia di Finanza, Giovanni Lubello che, ai domiciliari presso la sua nuova residenza di via della Conca, ha trascorso qualche ora presso il Tribunale di Napoli per essere sottoposto all’interrogatorio di garanzia difeso dall’avvocato Giovanni Abet.

L’uomo ha accettato di rispondere alle domande del Gip Miranda per difendersi dall’accusa di avere imposto – come detto – forniture di vino al resort di Cellole: “L’acquisto è stato fatturato ed io non ho imposto nulla agli imprenditori che peraltro hanno acquistato vini pregiati a prezzi convenienti da me perché avevo dismesso la mia attività”. E ha deciso di parlare anche Teresa Bidognetti, la seconda figlia di Francesco e della collaboratrice di giustizia Anna Carrino.

La donna, difesa dall’avvocato Carlo De Stavolta, è finita giovedì mattina ai “domiciliari” perchè in stato interessante e ha spiegato che la provenienza del denaro trovato nella sua disponibilità – che secondo gli inquirenti sarebbe stato frutto di un vasto giro di estorsioni – era riconducibile alla pensione del padre, beneficiario di un assegno di reversibilità dall’Inps di 6.246,76 euro all’anno per la morte della prima moglie, Teresa Tamburrino. Francesco Bidognetti, pur essendo ristretto al 41bis, intascherebbe una pensione di 500 euro al mese dall’Inps.

Si tratta di un’indennità che, stando all’inchiesta del pm della Dda di Napoli D’Alessio e Sirignano, viene messa a disposizione di Orietta Verso, moglie di Raffaele, il figlio del capoclan e della prima moglie, anche lui al 41bis.

Saverio Forte