Formia

Formia / L’olimpionico Salvatore Rossini riceve la medaglia d’oro

FORMIA – “E’ entrato in Comune vestito del suo sorriso cordiale e pulito. La maglia e la tuta della nazionale, al collo la medaglia d’argento conquistata alle Olimpiadi di Rio. Il ritorno a Formia di Salvatore Rossini è stata una festa di tutta la città. La Sala Ribaud strapiena di ragazzi: elementari, medie, superiori. C’erano le scuole di pallavolo di Formia, i primi allenatori che il campione l’hanno visto crescere nelle palestre della città, i genitori, gli amici. Il nonno non ha fatto che guardarlo ammirato. “Vai sempre avanti, Salvatore, sempre avanti, nient’altro”.
Lui avanti ci va, eccome. Non più tardi di ieri sera ha vinto la Supercoppa italiana con la sua Azimut Modena, la squadra con cui la scorsa stagione si è consacrato campione di Italia. I festeggiamenti si sono conclusi a tarda notte. Alle 4 del mattino si è messo in macchina ed è partito alla volta di Formia per non arrivare tardi all’appuntamento promosso dal Comune. Certi dettagli spiegano come si diventa campioni.
Il Sindaco Bartolomeo, affiancato dal direttore del Centro di Preparazione Olimpica di Formia Davide Tizzano (a sua volta ex campione di canottaggio, oro a Seul 1988 e Atlanta 1996) ha celebrato Rossini facendogli dono di una medaglia con lo stemma del Comune di Formia e quello delle Olimpiadi di Rio. “Non importa come è andata la finale la medaglia d’oro te la consegniamo noi”.
Nell’occasione, è stato celebrato anche il primo atleta formiano capace di entrare nel medagliere olimpico: Salvatore Gionta, pallanuotista, bronzo ad Helsinki 1952 e oro ai Giochi di Roma del 1960. E’ molto anziano e vive a Roma. La targa è stata consegnata dal Sindaco al nipote Fabio Cenatiempo. “Grazie Formia di non aver dimenticato”.
Non era giusto, né possibile. Certi trionfi restano scolpiti nella storia”.
Fin qui la nota di Simone Pangia, addetto stampa del comune di Formia. Nel commentare alcune foto del suo trionfo brasiliano e della sua vita privata, è emerso il grande spirito di sacrificio dell’atleta. Rossini comincia a giocare piuttosto “tardi”, tra i 13 ed i 14 anni. Segue il padre in alcuni incontri tra amici presso la palestra del magistrale e, approfittando dell’assenza dei colleghi si inserisce nel sestetto. Inizia a giocare nelle squadre Formiane, ma il suo lancio avviene a Latina. Per compiere la sua ascesa deve scendere però ad un compromesso. Pur essendo alto 1,85 metri, è considerato “basso” dai grandi club. Decide così di ricoprire il ruolo di “libero”, il giocatore in campo che come il portiere nel calcio indossa una maglia diversa dalle altre. Un ruolo sacrificato nel quale non si può nè schiacciare nè andare in battuta ma che esalta le sue qualità innate di difensore. La sua è una ricezione impeccabile che allena quotidianamente con macchine “sparapalloni”. E proprio questa caratteristica lo ha portato fino all’esordio in nazionale a Lione per poi entrare nella rosa che ha disputato le olimpiadi accanto ad autentici mostri sacri.

(Foto di Antonello Fronzuto)

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