GAETA – Ci sono sufficienti elementi per rinviare a giudizio i quattro indagati dell’operazione “porto sicuro”. Lo ha stabilito il gup del tribunale di Cassino Mario Roberto Gaudio al termine di quattro tesissime udienze. Confermato l’impianto accusatorio e le ipotesi di reato contenute nell’ordinanza del pm Alfredo Mattei, su tutte quella, a vario titolo, della corruzione. L’ex dirigente della sede dell’autorità portuale di Gaeta Franco Spinosa, gli imprenditori Nicola Di Sarno e Andrea Grandi ed il ragioniere Daniele Ripa, (assistiti dagli avvocati Alfredo Zaza D’Aulisio, Vincenzo Macari, Filippo Visocchi e Bartolo Iacono del foro di Ragusa) compariranno il prossimo 7 febbraio davanti al tribunale di Cassino, collegio “B”, destinatario dei fascicoli di maggiore gravità. I legali si sono battuti fino all’ultimo per evitare il rinvio a giudizio, forti del dissequestro delle somme di denaro congelate (circa 1 milione di euro) al momento del blitz del 7 agosto 2016 e poi rilasciate un mese dopo per ordine del tribunale per le misure reali di Frosinone. Successivamente il pm aveva fatto ricorso in cassazione ma il provvedimento di sequestro “per equivalente” non era stato ripristinato. Le indagini compiute dal comandante del compartimento marittimo di Gaeta Cosimo Nicastro e concluse dal successore Alberto Meoli accertarono la presenza sulle banchine del porto di una “collina nera” di 4.500 tonnellate di materiali ferrosi all’interno dei quali si nascondevano 9 tonnellate di rifiuti pericolosi. Il nucleo di polizia giudiziaria della guardia costiera di Gaeta si avvalse di sofisticati strumenti di indagine le cui risultanze sono ora agli atti. L’area – è questa una delle contestazioni – era stata occupata illegittimamente ed una parte del materiale fu recuperato in mare.
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