Formia / Rifondazione Comunista: “Il crollo nel pronto soccorso è la fotografia reale della sanità pontina”

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FORMIA – “Quanto successo all’interno della sala d’attesa del pronto soccorso di Formia, cioè la caduta di parte del soffitto – documentata da un video – con tutte le conseguenze negative che avrebbe potuto comportare se fosse caduto in testa a chi in quel momento l’affollava, è solo l’ennesima conferma di quanto scriviamo – inascoltati – ormai da anni e cioè che la sanità pubblica della provincia di Latina è ormai “morta e sepolta”, a causa dei numerosi tagli apportati con la scusa della lotta agli sprechi”. Lo dichiara il Circolo “Enzo Simeone” del partito della Rifondazione Comunista di Formia.

“Eppure – continua la nota – sono passati solo pochi giorni da quando il presidente della regione Lazio è venuto a Formia per portarci la buona novella della sanità pontina che ritornava ad essere al centro dell’azione politica della sua giunta, con tanto di spettacolarizzazione della cosa.

La promessa – con cui si è lestamente allontanato dalla nostra città – è che sarebbero piovuti infermieri e medici come in una giornata di pioggia, perché il centrosinistra (PD, SEL e residui vari) hanno a cuore la nostra salute.
Ed invece – lo dimostra l’accaduto – è esattamente l’opposto.

A fronte degli ingenti investimenti necessari affinché la sanità pubblica non muoia definitivamente, “Zingaretti e i suoi boys” ci regalano solo briciole, nemmeno sufficienti a garantire che le strutture sanitarie pubbliche siano sicure come dovrebbero.

D’altronde il diritto alla salute, stabilito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, è ormai un lontano ricordo. L’attacco alla sanità pubblica è sempre più feroce e sempre più senza tregua, al pari dell’impegno con il quale stanno distruggendo lo stato sociale.

Ormai se non vai in giro con una busta di soldi per pagarti le cure nelle strutture private sei spacciato. Lo dice anche l’Ufficio parlamentare di bilancio, il ferreo presidio di ricerca che ha il compito di fare da cane da guardia ai conti pubblici sulla scorta delle regole europee, che gli italiani hanno rinunciato a curarsi. Un cittadino su tre rinuncia ormai a ricorrere alla cure sanitarie. E tra i poveri va ancora peggio, perché ovviamente se non hai i soldi non puoi curarti.

La colpa è dei reparti chiusi, dei medici e degli infermieri che mancano, delle interminabili liste d’attesa per gli esami sanitari. Una vergogna – ancora più grave – perché a pagamento, nella stessa struttura, con gli stessi medici, è possibile farli in tempi brevissimi (effetto del detto popolare che dice che “i soldi fanno tornare la vista anche ai cecati”?). E infine dei ticket che sono cresciuti del 20 per cento in pochi anni.

I dati riguardano il 2013, prima cioè dell’esecutivo Renzi, e risentono soprattutto delle politiche di austerità messe in atto da Monti tra il 2011 e il 2012, ma suonano comunque come un campanello d’allarme circa i potenziali effetti dei tagli annunciati al Fondo sanitario nazionale praticati con la nuova legge di Stabilità 2016.

Secondo la Corte dei Conti – altro organo che non può essere accusato di essere formato da pericolosissimi comunisti – infatti: “alla revisione della spesa per 2.352 milioni già considerata nel quadro del Documento economia e finanza , noto anche come DEF, 2015, sono seguite le ulteriori riduzioni previste per il 2016 (per oltre 2 miliardi con corrispondente riduzione del fabbisogno sanitario nazionale standard) e la decisione, maturata in occasione dell’approvazione dell’Intesa Stato Regioni dello scorso 11 febbraio, di prevedere che, dei risparmi richiesti alle Regioni dalla legge di stabilità 2016, gravino sul settore sanitario 3.500 milioni (dei 3.980 milioni) nel 2017 e 5.000 milioni (sui 5.468 milioni) nel 2018”.

Nel DEF 2016 è previsto infatti che la spesa sanitaria in percentuale sul Pil scenderà dall’attuale 6,8% – una quota già inferiore rispetto alla media dei Paesi OCSE, – al 6,7% del 2017 e al 6,5% nel 2018.

Si prepara quindi un nuovo pesantissimo taglio al Servizio Sanitario Nazionale, pari a 3,5 miliardi nel 2017, che nel 2018 arriverà addirittura a 5 miliardi, decretando così la definitiva morte della sanità pubblica.
Ovviamente a beneficiarne saranno i padroni della sanità privata, pronti a subentrare, qualora il piano di Renzi – degno successore di chi lo ha preceduto nei tagli – vada in porto.

E pazienza se i poveri non potranno più curarsi, a loro verrà regalato un bel loculo da utilizzare “post mortem” nel cimitero della città presso cui risiedono, perché secondo la vulgata capitalistica curarli costa troppo e allora è giusto che crepino, con i sentiti auguri tanto del centrodestra che del centrosinistra”.