Itri / Dai Passionisti triduo e festa in onore di San Gabriele dell’Addolorata

Attualità Itri

ITRI – Dal 24 al 27 febbraio 2016, alle ore 17.00, nella Chiesa dei padri passionisti di Itri, si svolgerà il triduo e la festa in onore di San Gabriele dell’Addolorata. Sarà padre Cherubino De Feo, che il prossimo 25 febbraio compie 80 anni, a tenere il triduo di preparazione e di predicazione in onore del santo compatrono della gioventù italiana. Viene così ripristinata la festa liturgica in onore di San Gabriele dell’Addolorata nel Convento dei Passionisti di Itri, guidato dai cinque passionisti della comunità del Santuario della Civita, padre Emiddio Petringa, superiore-rettore; padre Antonio Rungi, vice-superiore; padre Cherubino De Feo; padre Mario Corvino e padre Francesco Vaccelli. In occasione della festa di San Gabriele dell’Addolorata di quest’anno 2016, padre Antonio Rungi ha proposto una riflessione sul santo, definito dal teologo passionista “il santo della misericordia e della gioia giubilare”.

sangabrieleaddolorata“Per due motivi fondamentali, possiamo definire San Gabriele dell’Addolorata un santo della gioia e della misericordia. Il primo è perché seppe mantenere un atteggiamento costantemente improntato alla gioia, nonostante le tristi esperienze fatte con la perdita dei suoi cari,  sia quando era nel mondo e sia, una volta, entrato nel convento, continuò a vivere con il sorriso sulle labbra e la spada nel cuore con un comportamento consono alle regole dei Passionisti, improntate a grande austerità e severità; il secondo è perché la sua gioia l’attingeva da una vita di preghiera, di carità e di generosità verso gli altri”, è quanto afferma padre Antonio Rungi, religioso passionista del Santuario della Civita, teologo morale e già superiore provinciale dei Passionisti dell’ex-provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania).

“In questo anno giubilare della misericordia, Gabriele dell’Addolorata -continua padre Rungi – rappresenta un santo della misericordia e perciò stesso un santo giubilare perché ha vissuto la sua breve esistenza di appena 24 anni di vita costantemente rivolto a Dio e disponibile verso gli altri. Pur non arrivando al sacerdozio, verso il quale era incamminato con i suoi studi, la misericordia la visse nella prossimità alla sua famiglia d’origine e a quella successiva dei passionisti”. Ed aggiunge padre Rungi:  “Fu un santo della misericordia perché seppe tradurre la sua esistenza in una lode perenne a Dio, mediante un costante atteggiamento di preghiera, di apertura agli altri, di missionarietà”.
Nei suoi scritti, soprattutto nelle lettere scritti ai suoi cari dal Convento di Morrovalle e poi dall’Isola del Gran Sasso, si coglie questa dimensione gioiosa della vita, anche tra i passionisti. Una gioia che egli seppe alimentare alla meditazione quotidiana della passione di Cristo e dei dolori della Vergine Maria. Ma il suo costante riferimento di una spiritualità di portata ascetica era la santissima eucaristia, alla quale si accostava, ogni giorno, con un atteggiamento interiore ed esteriore da “vero santo eucaristico”.

“In questo anno giubilare della misericordia, san Gabriele può essere legittimamente incluso tra i santi giubilari e della misericordia per la straordinaria vita da santo, vissuta in breve, ma intenso tempo dedicato alla vita dello spirito e immerso nei veri ed eterni valori che derivano dalla Passione del Signore e dai dolori della sua e nostra Madre Addolorata. Proporlo in questo anno santo come esempio di vita, non solo per i giovani, di cui è il compatrono, ma a tutti i credenti, significa indicare un altro possibile percorso di santità a chi è seriamente intenzionato a fare di questo tempo di grazia un vero tempo di pentimento, conversione e misericordia”, sostiene il teologo Rungi. “Gabriele è il giovane coraggioso ed attento alla voce del Signore e dello Spirito Santo, al quale si rende docile e malleabile, che seppe dire no alle gioie di un mondo e di una mondanità che non può dare la vera gioia, per affermare il suo convinto sì a seguire Cristo, sulla vita stretta dei consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza”, precisa il teologo morale.

“La sua vita è un inno alla vita, alla vera vita, alla vera gioia di stare insieme ai fratelli per condividere con essi il cammino di una santità fatta di essenziale. La sua vita è un inno alla gioia, perché ha saputo trarre dalle sofferenze della vita, la gioia della passione di Cristo, che è passione per la vita. La sua vita è un inno alla misericordia divina, perché tutta la sua esistenza è stata a servizio dei fratelli, vivendo una carità vera ed esercitando le opere di misericordia spirituale e corporale con la saggezza, la fortezza, la temperanza, il coraggio dei santi”. Certo è stato aiutato, sia quando era nel mondo che quando entrò tra i passionisti, a potenziare un cammino di santità che Dio aveva iniziato in  lui dall’eternità, forte di quella parola di Paolo Apostolo, ma anche di un altro Paolo, quello “della Croce”, Fondatore dei Passionisti, dalla quale attinse l’energia spirituale indispensabile: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà… In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà,  perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo”. (Cfr Ef 1,3-15).

La straordinaria avventura spirituale di questo santo è fissata in alcuni fondamentali momenti della sua vita terrena.

Francesco Possenti, nasce il 1° marzo 1838 ad Assisi, dove il padre Sante, avvocato ternano, rivestiva la carica di governatore. Sposato ad Agnese Frisciotti, di agiata e devota famiglia di Civitanova Marche, da cui avrebbe avuto undici figli, nel 1841 Sante si trasferì con la famiglia a Spoleto in veste di assessore legale, cioè giudice del tribunale di prima istanza. Nel 1842 muore la madre e rimane orfano di questa indispensabile figura educativa e spirituale. Nell’atmosfera cupa seguita a tale luttuoso evento, il padre rivestì un ruolo decisivo nella formazione di Francesco Possenti, presto colpito da altri lutti familiari, in particolare dalla morte dei fratelli maggiori Paolo, Lorenzo, Adele e soprattutto Maria Luisa. Fatti tragici che segnarono profondamente la sua personalità indirizzandolo progressivamente verso il distacco dagli affetti e dalle gioie umane che caratterizza la sua vocazione religiosa.

A Spoleto Francesco, che tutti chiamo Checchino studiò presso i fratelli delle Scuole cristiane fondate da Giovanni Battista de La Salle; dal novembre 1850 al settembre 1856 frequentò il collegio dei Gesuiti per gli studi secondari. Negli studi eccelleva per interesse, passione e profitto, al punto tale da ottenere ottimi risultati nell'”oratione e carme latini”, negli studi sull'”ode italiana”, nella dottrina cristiana. Nel 1854 un suo componimento in prosa italiana fu premiato all’Accademia di poesia.

La frequentazione dei Gesuiti affinò la sensibilità del giovane per la devozione mariana che la famiglia gli aveva trasmesso fin dall’infanzia; tra i suoi appunti scolastici in latino del 1853 si segnalano infatti due poesie mariane “Alla Vergine annunziata dall’Angelo” e “Alla Vergine stante presso la croce”.  A conclusione degli studi compose una canzone dedicata al santuario spoletino della Madonna della Piaggia, che presentò il 5 settembre 1856 nel corso della premiazione scolastica tenuta nella chiesa dell’Immacolata Concezione. Sotto la direzione dei Gesuiti, nel clima devoto che si respirava a Spoleto dopo la caduta della Repubblica romana del 1849 e grazie alla valorizzazione delle comunità religiose e delle confraternite incentivata dal vescovo  Sabbioni e dal suo successore  Arnaldi, Cecchino maturò una profonda pietà cristologica fatta di un’assidua partecipazione alle pratiche devote in onore del Sacro Cuore e della Madonna; il culto mariano otteneva proprio in quegli anni a Spoleto un vastissimo seguito popolare, amplificato dalle celebrazioni diocesane per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione e da una lunga serie di eventi catastrofici (i terremoti del 1851, le piogge torrenziali del ’53, i pessimi raccolti del ’54 e l’epidemia di colera dell’estate ’55).

Seguendo la lezione ignaziana, Cecchino leggeva e meditava la vita di Cristo intesa come impegno quotidiano del fedele e come strada per la contemplazione e la perfezione. Si faceva spazio nella sua sensibilità – accanto a quella “tinta […] di vanità, e di leggerezza” la centralità, ancora ignaziana, dell’eterno contrasto tra Cristo e il mondo che caratterizza la sua piena vocazione e i suoi scritti, insieme con la sensibilità per i deboli e i poveri maturata nelle attività caritative delle confraternite spoletine. Spesso ammalato alle vie respiratorie, Checchino si impegnò a più riprese verso una vita di religione: dopo una grave malattia alla gola da cui ritenne essere guarito per intercessione celeste, chiese di essere ammesso alla Compagnia di Gesù. La sua vocazione tuttavia rimase incerta fino all’estate 1856, quando, su suggerimento del gesuita Carlo Bompiani, direttore del collegio spoletino, chiese l’ammissione al Noviziato dei Passionisti di Morrovalle, nei pressi di Macerata, una dei ritiri della Congregazione della Ss. Passione, fondata da Paolo della Croce nel 1720 e nota in tutto lo Stato Pontificio per le missioni popolari.

L’evento che i biografi del santo ritengono sia stato decisivo per la scelta della vita consacrata, risale al 22 agosto 1856. Nel corso della grande processione spoletina per la Ss. Icone di Maria, Francesco “sentì interiormente” la voce della Madonna che lo indirizzava a lasciare il mondo e a farsi religioso. Le ragioni che orientarono Checchino verso la Congregazione dei Passionisti non sono chiare, ma certamente la centralità cristologica che caratterizza i Passionisti, la loro forte impronta mistica e la rigidità della regola si adattavano alla sensibilità di un giovane in fuga dalle “occasioni, conversazioni, teatri, libri e compagni cattivi”, in fuga da una vita vuota ed insignificante, per quanto allegra, gioia e divertente umanamente. Il 6 settembre 1856, fa ingresso nel noviziato di Morrovalle e il 21 settembre, vestiva l’abito, assumendo il ” nome di Gabriele e il cognome “dell’Addolorata”. Da allora così è chiamato, conosciuto e invocato nel mondo.

La scelta del nome rinviava con grande evidenza al segno mariano della sua vocazione, attraverso la simbologia dell’arcangelo Gabriele che annuncia l’Incarnazione (e rinvia all’Immacolata Concezione, nell’ampia eco che la definizione del dogma allora suscitava, fu infatti proclamato nel 1854 da Pio IX) e soprattutto attraverso quella della Madonna sofferente per la morte di Cristo, “unica scala per salire alla felice eternità”. Nel 1857, dopo l’anno di noviziato, emise la professione temporanea dei voti religiosi di castità, povertà ed obbedienza e il quarto voto, tipo dei passionisti della “grata memoria della Passione di Cristo”.

Nel luglio 1858 Gabriele fu trasferito nel ritiro passionista di Pievetorina per gli studi filosofici. Vi rimase fino al 4 luglio dell’anno successivo, quando – nell’ambito della riorganizzazione della presenza passionista nel Regno di Napoli  partì con altri professi, sotto la guida del superiore padre Norberto di Santa Maria  per il ritiro dell’Immacolata Concezione di Isola, ai piedi del Gran Sasso.

Qui, mentre la tubercolosi che lo aveva colpito si aggravava progressivamente, si segnalava per le virtù che caratterizzavano la sua professione religiosa e, successivamente, il suo modello di santità: la fedele osservanza della regola, le rigorose pratiche ascetiche, il voto mariano, l’esortazione al bene e all’obbedienza, la carità verso i pastori poveri della zona. Nel maggio del 1861 si recò presso la diocesi di Penne per ricevere la tonsura e gli ordini minori. Le condizioni di salute e le vicende politico-militari del 1860-61, specie per le frequenti incursioni di bande armate filoborboniche nella zona di Isola, non gli consentirono di ricevere l’ordinazione sacerdotale. Morì a  Isola del Gran Sasso d’Italia il 27 febbraio 1862, ad appena 24 anni e fu inumato nella cripta della chiesa annessa al ritiro. Per le note vicende post-unitarie dell’Italia, la comunità religiosa di Isola lasciò il ritiro nel 1866, a seguito dei decreti di soppressione degli ordini religiosi, e si diresse verso le Puglie.

Nel 1891, su consiglio del cardinale L.M. Parocchi, il Superiore Generale della Congregazione, di quegli anni, Padre Francesco Saverio della Vergine Addolorata chiedeva l’introduzione della causa per la beatificazione.

Il 17-18 ottobre 1892, in occasione della riesumazione dei resti di Gabriele a Isola richiesta al processo informativo, si verificarono i primi segnali di un vasto movimento di devozione e le prime guarigioni miracolose legate alla sua tomba, ma già il popolo di Dio lo considerava santo. Fu dichiarato beato da Pio X il 31 maggio 1908 e canonizzato il 13 maggio 1920 da Benedetto XV; compatrono della Gioventù cattolica italiana dal 1926, è patrono d’Abruzzo dal 1959. Il santuario a lui dedicato, costruito a partire dal 1894 con il ritorno dei passionisti a Isola è stato ampliato e negli anni settanta del XX secolo realizzata una nuova e più moderna struttura, consacrata nel 2015. Qui è venuto pellegrino San Giovanni Paolo II, Papa. Qui i passionisti attendono la visita anche di Papa Francesco, per un duplice motivo, perché san Gabriele al battesimo fu chiamato Francesco e poi perché ebbe ottimi maestri tra i gesuiti. San Gabriele oltre ad essere un santo passionista è anche un santo gesuita.

E per la festa di San Gabriele dell’Addolorata, da padre Antonio Rungi, sacerdote passionista è stata composta una speciale preghiera in onore del Santo della gioia, del sorriso e della misericordia.

Spoglie-San-Gabriele

Ecco il testo dell’orazione:

Preghiera a San Gabriele dell’Addolorata

O giovane santo, innamorato della Vergine Addolorata

che ai piedi del Crocifisso, con Maria

imparasti a vivere la passione di Cristo,

fa che nella chiesa di oggi e nella società umana

rifiorisca quell’amore al Redentore

che è stato il motivo dominante

della tua coraggiosa scelta di consacrazione al Signore.

 

Tu alla scuola di san Paolo della Croce

imparasti a vivere nel silenzio, nella solitudine del convento,

nella preghiera incessante e nella penitenza più totale,

fa che anche noi, uomini e donne del ventunesimo secolo,

sentiamo il bisogno di fare esperienza del deserto,

entrando in quel cammino di conversione permanente

che porta il credente a mettere al centro della propria esistenza

solo Colui che è la nostra vera gioia e felicità in questa terra e nell’eternità.

 

Dal Paradiso proteggi tutti i giovani del mondo,

in questo tempo di forte crisi di valori e di identità,

nel quale è più facile smarrirsi e deviare,

senza più ritrovare la strada che riporta a Dio e all’eternità.

 

Essi hanno bisogno, in modo singolare,

del tuo speciale patrocinio dal trono di Dio,

dove in eterno contempli il tuo amato Signore

e godi della visione beatifica della Vergine Santa,

tua e nostra amatissima Madre.

 

Non permettere che nessun giovane di questa terra

perda la speranza e la fiducia in Dio e nel prossimo,

ma ognuno sappia sperare in un mondo migliore

e in una nuova umanità, in  cui regnerà per sempre la giustizia e la pace.

 

Ti affidiamo in modo singolare

i bambini ed i fanciulli dell’Italia e del mondo intero,

perché possano vivere in una società riconciliata nell’amore.

 

Assisti quanti sono nelle difficoltà di ogni genere

e dal cielo fa scendere, attraverso la tua potente intercessione,

abbondante la benedizione del Signore.

 

Benedici, o Gabriele, quanti ricorrono a te con fede,

chiedendo, tramite te, al Padre di eterna bontà e carità,

quanto è necessario per una degna vita umana,

contrassegnata da tante sofferenze, privazioni e prove di ogni genere.

 

Tu che occupi uno speciale posto nel cuore di Gesù e Maria,

fa che possiamo vivere in questo mondo

in stretta amicizia con il Figlio di Dio e la Madre di Dio.

 

Dal tuo santuario dell’Isola del Gran Sasso

dispensa a tutti gli uomini della terra ed ai tanti devoti e tuoi fedeli

il dono del vero sorriso che proviene da Dio,

la pace del cuore che viene da un cuore riconciliato con il Signore,

la bontà e la misericordia per quanti necessitano del perdono del Signore,

perché lontani da Lui e peccatori incalliti

nel vizio del male e di ogni depravazione morale.

 

Ottieni dal Signore il ritorno ai retti costumi

in ogni campo del vivere umano, sociale ed ecclesiale

e il mondo possa godere di una stabile pace su tutta la terra,

senza conflitti, divisioni e paure di qualsiasi genere.

 

Gabriele, tu che tutto puoi ed ottieni dal Signore,

non dimenticarti di nessuno di noi. Amen