FONDI – Sono tre le persone denunciate dagli agenti del Commissariato di Polizia di Fondi insieme ad altri per reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, truffa aggravata, sostituzione di persona, falsità in scrittura privata, reato tentato, concorso di persone nel reato, reato continuato in danno di Telecom Italia S.p.A. e 50 “clienti” fra aziende e privati cittadini. Si tratta di S.N., 48 anni, di Portici (NA), L.P. 46 anni di Napoli, A.E., 34 anni di Portici (NA).
I NUMERI DELL’OPERAZIONE – Le accurate indagini durate oltre un anno svolte dagli agenti della Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di Polizia di Fondi, diretti dal vicequestore Massimo Mazio, hanno permesso di sgominare un’articolata associazione a delinquere operante in 4 Regioni (Campania, Lazio, Abruzzo e Puglia), ponendo fine all’illecito arricchimento stimato in oltre 150.000,00 euro. Nel corso delle attività sono state censite 50 persone offese residenti nei Comuni di Fondi, Itri, Monte San Biagio, Sperlonga e Terracina, mentre i legali del gestore telefonico formalizzavano apposita denuncia per la patita truffa di 80 smartphone e 150 schede telefoniche tipo business con un ulteriore danno economico che supera i 50.000,00 euro, fra traffico dati e fonia.
I DETTAGLI DELLA TRUFFA – Il meccanismo scoperto era il seguente: l’organizzazione criminale mediante utenze telefoniche fittizie richiedeva per via telematica a Telecom la fornitura di costosissimi smartphone ed abbonamenti, i cui corrispettivi sarebbero stati successivamente addebitati con domiciliazione bancaria.
Il gestore telefonico ricevuta la documentazione contrattuale procurata illecitamente (carta d’identità, codice fiscale ecc.) effettuava una verifica ricontattando il cliente, ma al suo posto rispondeva un membro della banda che, ovviamente, confermava vocal order e correttezza dei dati forniti. I malviventi seguivano quindi la spedizione online ritirando la merce in consegna previo laute “mance” ai corrieri compiacenti o sostituendosi al destinatario ufficiale. A tal punto non restava che “piazzare” tali beni sul mercato e monetizzare così l’illecito, ciò avveniva sia attraverso internet sia fingendosi rappresentanti commerciali. Trascorsi un paio di mesi agli ignari clienti, anch’essi vittime dei reati, giungevano le rituali fatture, quindi veniva formalizzata la denuncia alle forze dell’ordine.
LE INDAGINI SVOLTE – I precoci accertamenti investigativi permettevano di individuare i primi indagati che venivano attenzionati per comprenderne il modus operandi. In particolare, pedinando il corriere di un noto spedizioniere – società risultata estranea ai reati, anzi fattivamente collaborativa – si è riusciti ad intercettare l’emissario dell’organizzazione criminale intento a ritirare materialmente la merce truffata. Interrotto l’illecito traffico “sul fatto”, si sequestravano i primi smarphone ed a seguito di conseguenti perquisizioni era possibile rinvenire tutta la documentazione utile alla ricostruzione delle dinamiche delittuose nonché recuperare ulteriori smartphone. Gli agenti, anche indagando in diverse località del Centro e Sud Italia e con l’ausilio tecnico di tabulati telefonici, concludevano la prima trance delle indagini.
Fermo restando i fascicoli aperti presso le Procure della Repubblica di Roma, Frosinone, Cassino, Pescara e Napoli, i primi avvisi di garanzia sono stati emessi a firma del Sostituto Procuratore della Repubblica di Latina, Dr.ssa PIGOZZO Cristina.
Per quanto sopra, si richiama l’attenzione dei consumatori affinché si accertino sempre della provenienza della merce acquistata, in particolare, mediante l’utilizzo di internet o comunque fuori dai canali ufficiali di vendita, conservandone documentazione fiscale, attestazione di vendita o almeno i dati del cedente, al fine di scongiurare le responsabilità penali previste per chi commette reati di ricettazione o di incauto acquisto.
Gli stessi uffici di sicurezza aziendale che hanno collaborato alle indagini, infatti, per portata nazionale, elevato numero di vittime (potenzialmente anche società diverse dai concessionari del servizio pubblico di telefonia), definivano il sistema sopra descritto come “la truffa del secolo”.