Arce / Omicidio Serena Mollicone, processo d’Appello: disposta audizione cinque nuovi testi

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ARCE – Dimostrare che la mattina dell’omicidio, il 1 giugno 2001, Serena Mollicone e Marco Mottola avevano avuto già un vivace incontro presso il bar Chioppetelle, un faccia e faccia che ha avuto alcune ore più tardi un epilogo tragico nella caserma dei Carabinieri di Arce con l’omicidio della studentessa contro la porta del bagno dell’alloggio sfitto. Con questa motivazione la Procura generale ha chiesto che cinque persone, mai sentite sinora, vengano ascoltate in una delle prossime udienze del processo di secondo grado per il delitto della 18enne di Arce. La richiesta della Procura generale, accolta dopo una breve camera di consiglio da parte della prima sezione della Corte d’assise d’appello di Roma, ha caratterizzato lo svolgimento della 15° udienza del processo d’appello per la morte di Serena.

In effetti a fare i nomi di Bernardo Belli, Mariapia e Antonio Fraioli era la stessa Procura di Cassino nel ricorso contro la sentenza della corte d’assise di Cassino che 15 luglio 2022 aveva assolto gli attuali cinque imputati: Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, ma anche altri due carabinieri, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano.

Ora Bernardo Belli, Mariapia e Antonio Fraioli ma anche Laura Ricci e Salvatore Fraioli dovranno comparire in aula nell’udienza già calendarizzata per venerdì 19 aprile e ribadire, dopo 23 anni, le loro testimonianze che ruotano intorno al presunto avvistamento di Serena Mollicone al bar Chioppetelle la mattina del giorno della scomparsa e poi della morte della ragazza. I legali della famiglia Mottola, intanto, si sono opposti a questa nuova audizione dei cinque testi semplicemente – hanno spiegato – questa ricostruzione accusatoria della Procura generale è già smentita dal contenuto della sentenza assolutoria dei cinque imputati al temine del processo di primo grado celebrato davanti la Corte d’Assise di Cassino.

L’udienza di martedì inoltre è stata caratterizzata dall’audizione di uno dei tanti inquirenti che presero parte alla riapertura delle indagini nel 2017, il luogotenente Massimo Polletta, del nucleo investigativo del comando provinciale di Frosinone. A suo dire presenterebbe anomalie l’ordine di servizio del 1 giugno 2001 redatto dal maresciallo Vincenzo Quatrale e dal brigadiere Santino Tuzi, poi morto suicida l’11 aprile 2008. Polletta ha analizzato il documento su cui è stata eseguita anche una perizia calligrafica. E’ stato compilato effettivamente dai due carabinieri ma Polletta vi ha rinvenuto una serie di stranezze orarie circa lo svolgimento di un servizio di perlustrazione e anche di un’attività esterna dei due Carabinieri.

Tuzi e Quatrale sarebbero usciti intorno alle 7.30 e rientrati in caserma dalle 8.30 alle 11 perché il comandante della stazione Franco Mottola era fuori per i preparativi della festa dell’Arma. “Tra le altre cose – ha spiegato Polletta – dall’ordine di servizio risulta che tra le 12.20 e le 12.45 i carabinieri abbiano fatto un “controllo a tre persone ma i nomi non risultano inseriti in banca dati Sdi“.

“Non ho detto che sono dati di fantasia – ha precisato il carabiniere rispondendo alle contestazioni della difesa – semplicemente che alle 12.30 risulta che Tuzi e Quatrale abbiano effettuato un posto di controllo e allo stesso orario risultano in tre posti diversi“. Altra incongruenza riguarderebbe l’invito in caserma per Claudio Lancia, anche lui ascoltato martedì in aula, che gli sarebbe stato notificato a casa. “Qui è presente un’anomalia – ha sottolineato- sull’ordine di servizio si dice che si è proceduto a notifica ma come è possibile se Lancia non era presente a casa“. Dalle verifiche su 761 ordini di servizio compilati dai due carabinieri, tutti riferiti al 2001, abbiamo riscontrato che normalmente “dettagliano le attività in maniera precisa e perentoria”, ha spiegato Polletta. “Se facevano rientro in caserma lo andavano a giustificare, la stessa cosa capitava se non potevano svolgere il servizio nel posto indicato dal comandante”, ha aggiunto.

Nel corso dell’udienza Polletta ha fatto riferimento anche del foglio di marcia da cui risulta che quella mattina, tra le 7.30 e le 14.30, Tuzi e Quatrale avrebbero percorso circa 100 chilometri. Una distanza eccessiva, secondo l’accusa, considerati gli spostamenti annotati sull’ordine di servizio.

Non si è fatta attendere la presa di posizione del portavoce del pool difensivo della famiglia Mottola, il criminologo Carmelo Lavorino: “Nessun colpo di scena, nessuna novità, tranne che il luotenente Polletta, testimone dell’accusa, è crollato sotto le lievissime pressioni della nostra difesa – ha subito esordito – Polletta ha dichiarato (illogicamente e incredibilmente) di non essersi accorto che un fotogramma da lui estrapolato da un video di “Quarto Grado”, dove si vede il viso di Marco Mottola all’interno di un ellisse che lo schiarisce, presenta una palese differenza cromatica fra l’interno e l’esterno dell’ellisse (quindi prova non genuina… alias taroccata in buona fede). Per il resto ha continuato con le sue illazioni e i suoi autoconvincimenti riverberanti dove dichiara che Marco Mottola nella foto era biondo e mechato (mostriamo la foto “taroccata” e la “foto reale”). Sugli ordini di servizio del brigadiere Santino Tuzi e del luogotenente Vincenzo Quatrale e dei tempi di percorrenza relativi, ha enunciato le sue apodittiche ipotesi investigative (già ritenute non credibili nella sentenza di primo grado dove tutti gli imputati vennero assolti) senza fare un passo indietro. Su questo sarà confutato nelle prossime udienze proprio dal luogo tenente Quatrale, il quale ha diligentemente annotato tutte le dichiarazioni di Polletta per annullarne le ardite congetture, prive di basi e di riscontri, cosa già avvenuta in primo grado. Purtroppo gli inquirenti che accusarono la famiglia Mottola, il luogotenente Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano – tutti assolti in primo grado – continuano a vagare in quel deserto del nulla dove sono entrati anni or sono..”