Formia / Benedetta Tobagi, quella delle donne non è una storia da “box gialli” ma è la Storia

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FORMIA – Quella delle donne non è “una” storia. Non è una serie di “box gialli” nell’ambito di un’ampia narrazione delle pagine fondamentali della Storia: le donne sono la Storia, insieme a quegli uomini di cui più spesso si ricordano imprese, volti e nomi. E’ questo lo spirito con cui è nato l’ultimo libro di Benedetta Tobagi La resistenza delle donne(Einaudi, 2022) dedicato “a tutte le antenate” e vincitore della sessantaduesima edizione del Premio Campiello.

Tobagi ha rimesso ordine tra le migliaia di pagine della Storia italiana e ha ricomposto lo spazio che è stato delle donne protagoniste come gli uomini della Resistenza: ridà loro voce, nomi, volti – tante sono le fotografie presenti nel testo, raccolte in decine di archivi – fino a ricostruire un “album di famiglia della Repubblica”.

Protagonista dell‘incontro voluto dall’Azione Cattolica di Formia, presso l’auditorium “Villaggio Don Bosco” della città, dinanzi ad una sala gremita, non tradendo la peculiare e generosa capacità espositiva della docente e la verve degli appassionati ricercatori, Tobagi ha incantato il pubblico per ben più di due ore, ripercorrendo le coordinate e le motivazioni sulle quali si sono mosse le sue ricerche per la formulazione di quest’ultimo testo.

Sono state le donne che hanno principalmente ricostruito questa storia e quando mi sono messa a lavoro ho capito che c’era una storia nella Storia” – ha affermato l’ Autrice ed è proprio superando il “daltonismo di genere” che Benedetta Tobagi la racconta cercando di aiutare il processo di assurzione a legittimo e completo racconto collettivo della Resistenza, senza esimere dall’imprescindibile azione delle donne.

Le donne hanno fatto la “Resistenza” con “coscienza”, dunque comprendendo fino in fondo la loro azione partecipativa e trovando la loro dimensione: chi ha assistito, chi ha combattuto in prima persona rischiando la vita, chi si è presa cura dei corpi dei partigiani defunti incaricandosi di portare la notizia alle loro famiglie.Curare non è servire, attraversando queste storie a me interessava dimostrare in quanti modi diversi, le donne hanno espresso il loro impegno” – ha sottolineato Benedetta Tobagi – “è bellissimo perchè tutti questi elementi associati al femminile si aprono al mondo ed è il personale che si fa politico”.

Tutte hanno affrontato la questione etica di scegliere o meno la “violenza” della battaglia e chi non ha voluto imbracciare le armi ha trovato comunque il suo modo unico e speciale di fare la propria parte. Donne di ogni età, convinzioni, reazioni e generazioni a confronto, quelle giovanissime e meno tali, che hanno gettato il seme del femminismo, che hanno cominciato a sfatare l’antichissimo assetto culturale patriarcale; una questione alla quale Benedetta Tobagi ha dedicato un’altra riflessione, tanto somigliante ad una presa d’atto, per cui “come la storia delle donne viene sempre trattata , così allo stesso modo il pensiero che è stato prodotto nei confronti delle questioni di genere e dei femminismi spesso è ignoto, per cui la parola patriarcato non si comprende neanche”.

Ecco, quindi, che impossessarci delle parole e condividerne il significato, può essere un ottimo inizio per allargare la rete di coscienza femminile; un input perchè parta quel complesso processo di “liberazione personale” che sottende l’emancipazione.

C’è del “dolore” da attraversare in tutto ciò, come ogni buona “crisi” ha per effetto collaterale; ma chi non è chiamato a fare i conti con il dolore? La stessa consapevolezza di Benedetta Tobagi ha affrontato il grande dolore di una Storia collettiva che si è fatta storia personale con l’omicidio di suo padre, il giornalista e sindacalista riformista Walter Tobagi, ucciso da un gruppo terroristico di estrema sinistra. Ma gli anni Settanta non sono solo gli “Anni di Piombo” e il “terrorismo rosso” è stato solo uno degli spaccati generazionali e nel tempo per Benedetta Tobagi la memoria personale e quella collettiva, che sono profondomanete diverse, hanno cominciato a coesistere in maniera feconda.

Così oggi quel cognome e quella drammatica assenza li vive nella consapevolezza che ci sono persone destinate ad impattare nel mondo come “supernove” e trascorsi quarantasette anni, a Formia, dopo suo padre per intervistare il giornalista e storico leader del Partito Socialista Italiano Pietro Nenni, è tornata lei, figlia di Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, ma soprattutto firma di altri testi storici come Una stella incoronata di buio. Storia di una strage e Piazza Fontana. Il processo impossibile, vale a dire una donna, una professionista che sa guardare dritto in faccia la sua storia e la Storia.