Sperlonga / Querelle ex-hotel “Grotta di Tiberio”, chieste le dimissioni del sindaco Armando Cusani

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SPERLONGA – L’ultima, la più severa, sentenza della magistratura amministrativa sulla quarantennale querelle tecnico-amministrativa e giudiziaria dell’hotel “Grotta di Tiberio” di Sperlonga dovrebbe essere affiancata “soltanto” dalle dimissioni del sindaco in carica e due volte presidente della Provincia Armando Cusani. Il suo nome lo storico e acerrimo avversario politico nel consiglio comunale del borgo saraceno, Nicola Reale, non lo esplicita mai in una nota ma il riferimento è lapalissiano quando fa riferimento alla sentenza pubblicata il 5 febbraio scorso dalla sentenza del Consiglio di Stato che, dopo lo svolgimento il 28 novembre scorso dell’udienza, è arrivato ad una drastica conclusione: il comune di Sperlonga emetta una nuova ordinanza di demolizione o avvii la procedura di acquisizione al patrimonio immobiliare dell’ente di un albergo, “Grotta di Tiberio”, che, dichiarato completamente abusivo, si è intrecciato con le vicende, politiche e personali di chi ne è stato a lungo co-proprietario, appunto l’attuale sindaco ed ex presidente ella Provincia di Latina Armando Cusani.

Il secondo grado della magistratura amministrativa, dopo il Tar, sostenendo l’infondatezza dell’appello presentato dalla proprietà della struttura ricettiva (facente capo al suocero del sindaco), ha confermato l’efficacia dell’annullamento di tutti i titoli edilizi del 2004 e del 2005 sottoscritto dall’ex dirigente del settore urbanistica del Comune Pietro D’Orazio il 9 maggio 2022 e ha legittimato l’operato della stessa sezione urbanistica relativamente all’annullamento di una concessione edilizia rilasciata nel lontano 1992. La gestione della querelle ora passa nelle mani del comune di Sperlonga e l’ex capogruppo consiliare di minoranza Nicola Reale arriva a sollecitare le dimissioni di Cusani ma non prima, da fine appassionato di storia romana, di rispolverare una frase riferita dallo storico greco Plutarco a Giulio Cesare nel corso di un processo che vedeva coinvolta l’onorabilità di sua moglie Pompea:”La moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma anche sembrare onesta”.

A dire di Reale il “significato di tale motto è rimasto invariato attraverso i secoli, a testimonianza del fatto che in ogni epoca nell’esercizio di un mandato pubblico, oltre alla legge, occorra tener conto anche di un codice deontologico che impedisca o sanzioni quei comportamenti inopportuni anche se non penalmente rilevanti – ha esordito – Da qualche decennio la politica è diventata prevalentemente gestione del potere e ad ogni nuova generazione di politici si registra un degrado esponenziale del rapporto tra etica e politica, che poi si traduce nel costante aumento del numero di cittadini che si rifiutano di andare a votare, con conseguente indebolimento della rappresentatività di chi governa e quindi della stessa democrazia”.

In questo riferimento storico-letterario Reale inserisce le vicende dell’hotel “Grotta di Tiberio” sulla scorta dei “permessi che non potevano essere dati e che ora dovrà essere abbattuto o acquisito al patrimonio comunale. Ciò che tutti sembrano dimenticare è che, nel trascorrere di 20 anni, i proprietari dell’hotel sono stati condannati nei tre gradi di giudizio, poi dal Tar del Lazio e infine dal Consiglio di Stato. Venti anni durante i quali uno dei due proprietari ha ritenuto di potersi tranquillamente ricandidare (ed essere rieletto) alla carica di sindaco, nonostante le molteplici condanne riportate. Certamente la legge non lo vieta – ammette Reale – ma bisognerà pur riconoscere che non è da tutti avere la faccia di chiedere la fiducia dei cittadini avendo sulle spalle condanne per aver, in nome dei propri interessi personali, danneggiato il territorio, che è un bene di tutti i cittadini. Sul fatto poi che i cittadini accordassero la loro fiducia ad un candidato imputato per una molteplicità di reati lasciamo che a commentare siano sociologi, psicologi e psichiatri”.

L’ex esponente di minoranza ribadisce come la sentenza del Consiglio di Stato abbia messo la “pietra tombale sulla vicenda edilizia” (il privato attraverso gli avvocati Alfredo Zaza D’Aulisio e Alfonso Celotto sta esaminando attentamente il contenuto delle 45 pagine della sentenza del Consiglio di Stato per proporre appello, sul piano della legittimità formale, davanti la Cassazione o finanche presso la Corte di Giustizia Europea) ma sul piano politico chiama indirettamente in causa Armando Cusani, pur senza mai citarlo. “Ci sia consentito di annotare che il sindaco non ha sentito nemmeno l’esigenza morale di chiedere scusa ai cittadini e tanto meno di fare un gesto politico che, anche se con molto di ritardo, avrebbe pur sempre avuto – taglia corto concludendo Nicola Reale – un significato nobile di un gesto riparatorio: quello di presentare le proprie dimissioni dall’ìincarico.

Invece regna un tranquillo silenzio: tace il sindaco, tacciono le opposizioni consiliari, tacciono i cittadini. Del resto, come diceva il Manzoni a proposito del coraggio di Don Abbondio, noi potremmo dire che se uno la dignità non ce l’ha non se la può dare. I tempi sono cambiati: oggi la moglie di Cesare può fare la escort e nessuno si scandalizza”. Parole taglienti come non mai che potrebbero preludere ad una richiesta davvero clamorosa in caso di inadempienza da parte del comune per il rispetto, invocato, della sentenza del Consiglio di Stato depositata il 5 febbraio scorso: la nomina di una commissario ad acta. Ma chi dovrà (eventualmente) farlo?