Cronaca

Formia / Omicidio Romeo Bondanese, le motivazione dell’assoluzione del cugino Osvaldo Vellozzi

FORMIA – Ecco perchè è stato assolto di nuovo il 22 novembre scorso Osvaldo Vellozzi, il giovane all’epoca dei fatti 17enne che, tentando di salvare da un’aggressione Romeo Bondanese la sera di Carnevale del 16 febbraio 2021, rischiò la vita per poi essere indagato a piede libera per rissa. A distanza di due mesi dalla sentenza dell’assoluzione bis (la prima c’era stata il 18 maggio 2022 da parte del Gup del Tribunale dei Minorenni di Roma Efisia Gaviano) la Corte d’appello di Roma-sezioni Minorenni (presidente Anna Maria Pagliari, a latere Alberto Tilocca e relatrice Anna Maria Giammusso) ha depositato le motivazione del provvedimento assolutorio che dopo due anni e nove mesi dalla tragica scomparsa di Romeo aveva contribuito a far calare definitivamente il sipario, almeno sul piano processuale, su uno dei fatti di cronaca più tragici e tristi mai verificatisi sul territorio del sud pontino.

Nel tentativo di separare il cugino Romeo dal suo aggressore originario di Casapula, in provincia di Caserta, Vellozzi era stato in fin di vita riportando ferite guaribili in 60 giorni. Di questo aspetto ne fa più volte cenno la Corte d’appello rigettando il ricorso del Procuratore generale che aveva definito “illogica e contradditoria” la motivazione con cui il Gup che, assolvendo Vellozzi, era stato accusato di “aver mal valutato gli elementi di prova raccolti nel corso dell’istruttoria”. Ora i giudici d’appello non hanno fatto altro che ribadire la bontà dell’impianto difensivo illustrato dagli avvocati Vincenzo e Matteo Macari e, cioè, “dalle immagini delle videocamere esistenti sui luoghi nonché dalle numerose dichiarazioni dei testi e dei partecipanti alla rissa ascoltati nel corso delle indagini era emerso che Vellozzi era stato il primo ad accorgersi che C.B. e Romeo Bondanese erano venuti alle mani ed era stato il primo a intervenire in appoggio al cugino. L’intervento di Vellozzi era avvenuto subito dopo che C.B. aveva colpito Bondanese per dividerli e farli allontanare.

Sulla dinamica omicidiara di Bondanese nelle loro motivazioni i giudici d’appello hanno condiviso la ricostruzione di Vellozzi che, interrogato anche nel corso del processo primo grado, aveva riferito di aver “braccato C. per portarlo via, circostanza che risulta avvalorata proprio dal suo ferimento considerato che la profonda lesione dal medesimo subita alla coscia destra appare conseguenza del gesto compiuto da C. che , per liberarsi di Vellozzi, ha affondato il coltello di cui era in possesso nella coscia del suo avversario”. Questa ricostruzione, in effetti, era stata avvalorizzata dal consulente medico legale della Procura dei Minorenni secondo il quale la “ferita riportata da Vellozzi aveva … margini “incisi di netto con andamento lineare e regolare nel suo decorso” e di profondità “che variava da 4 a 5 centimetri nella zona infero — mediale per superficializzarsi lievemente nella zona superiore”.

Insomma Osvaldo Vellozzi era stato attinto da “uno strumento ad azione speciale monotagliente, utilizzato con meccanismo da punta e taglio a livello dell’estremità distale della ferita, ove apparso prevalente il dato della profondità, ed impiegato con meccanismo da taglio nella fase di estrazione del tagliente, per cui si è determinato il prolungamento della ferita in direzione del gluteo, recidendo i tessuti muscolari con profondità via via decrescente, fino a fuoriuscire dalla cute lasciando un’estremità – quella prossimale”. Vellozzi perse molto sangue a causa di “un taglio obliquo, non sanguinate estesa, con esposizione del grasso sottocutaneo e lesione in profondità del muscolo del tricipite femorale e con lesione dell’aponeurosi muscolare”.

Le motivazioni della sentenza d’assoluzione si concludono con un altro particolare e, cioè, che Vellozzi “ha negato che nell’occasione vi fosse stata una rissa tra più persone, concentrato esclusivamente a dirimere la lite tra il cugino Romeo ed il suo omicida. Non ha partecipato e tantomeno non ha voluto prendere parte ad alcuna rissa perché il suo unico pensiero era essenzialmente quello di bloccare la contesa tra C.B. e Romeo”.

La Corte d’appello, infine, ha difeso a denti stretti la prima assoluzione del Gup del Tribunale dei Minorenni di Roma: “Nessuna contraddittorietà o illogicità nella sentenza numero 305/22. Ha correttamente apprezzato tutte le risultanze probatorie raccolte nel corso delle indagini nonché nel primo grado del giudizio”.

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