Gaeta / “Il Ladro di Rose”, presentazione del romanzo d’esordio di Francesco Speranza

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GAETA – Il bene, l’amicizia, l’amore, gli impegni e le fatiche quotidiane della gioventù di ieri e di oggi, gli ideali, i sogni e la realtà e, ancora, il male, l’ignoto e l’imprevisto ma anche le delusioni e le speranze di ciascuno. Gode della prestigiosa prefazione di un monumento della letteratura italiana contemporanea qual è Dacia Maraini il romanzo d’esordio di Francesco Speranza “Il Ladro di Rose” che, edito da Santelli, sarà presentato sabato 2 dicembre, alle ore 18, presso l’aula consiliare del comune di Gaeta nell’ambito della programmazione delle “Favole di Luce”.

Sensibile psicologo e medico chirurgo di Fondi (“di origini contadini” come tiene a sottolineare con un riconosciuto senso d’orgoglio tipico di una mai superata cultura bucolica), Francesco Speranza, al secolo Franco Di Manno, riporta in questo romanzo d’esordio il suo apprezzato back ground di psicologo e medico chirurgo specializzato in disturbi psichiatrici dell’adolescenza. “Il Ladro di Rose” è un ammaliante intreccio di racconti e vissuti tra passato e presente che sintetizzano a dovere la storia della famiglia Salvati, e in particolare di Giacomo che conosce la sfortuna di essere perseguitato – in età adulta – per alcuni errori commessi da ragazzo. Sarà solo il ritrovamento fortuito di uno scritto inedito a far luce sul suo passato, catapultando i suoi figli nei meandri malavitosi di Roma e delle quattro provincie laziali del periodo post-sessantottino, sulle sue tracce invisibili di epiloghi inaspettati.

Se dovesse sintetizzare in poche righe questo romanzo d’esordio….?

“E’ un tuffo poetico nei trascorsi fluidi di giovani adolescenti di ieri e di oggi. Le conseguenze esistenziali e vitali nel male e nel bene. Il cuore delle idee che orientano e disorientano l’animo, è un pensiero narrativo scritto nella realtà, che viene a galla come un fiume in piena. Parole venienti libere e concrete. Travolgono nel ritmo delle esperienze dei personaggi eroici. Simili in epoche diverse, ironici e fieri. Le memorie rigenerano il presente, il quale, alimenta il principio speranza. Il sogno, sorgente di vita”.

Perché ha deciso di scrivere “Il Ladro di Rose”?

“Un giorno marinai la scuola. Avevo ventidue anni, ero molto in crisi e ribelle ma autonomo. Ero più grande dei miei compagni. Avevo fatto già l’emigrante quasi bambino in Germania, Milano, a Torino, dove restai più a lungo, per i suoi portici accoglienti che ti portano verso il fiume del mare dei ricordi. Reiscritto a scuola superiore a diciannove anni con quelli di 14. Fatto il primo anno sono partito per il servizio militare un anno. Ora ero iscritto al secondo anno dopo l’interruzione in caserma. La mia scuola media aveva escluso parecchi giovanetti di campagna più dediti alle bestie. Ne avevo vissute di cotte e di crude nel periodo post sessantottino e mi ero salvato, dai facinorosi della lotta armata. Grazie ai legami familiari, alle origini, all’appartenenza. Grazie a Dante Leopardi che conobbi in un corso per apprendisti muratori a quindici anni. Un giorno mi recai presso la sorgente di Capodacqua, a Fon di, oggi inserita, nell’omonimo parco regionale di Capodacqua o delle sette cannelle verso Mola della . Volevo stare da solo seduto sul greto della sorgente deserta. Scrissi qualche poesiola come era mia abitudine. In quel momento galleggiava sulle acque la copertina de “La Luna e i falò” di Cesare Pavese. Mi ero arrovellato tutto il giorno sui miei trascorsi adolescenziali e mi dissi: prima che muoio devo scrivere un romanzo. La storia mi ha tenuto impegnato a lungo in famiglia e nella professione medica. Una notte d’estate , durante la pandemia, fece il resto. Il mio animo ha diluviato sulla carta e piangevo tra una frase e l’altra, mentre le parole scendevano a fiumi”.

Qual è lo scopo del libro? Quale messaggio vuole trasmettere?

“La semplicità che è sempre difficile a farsi. L’eroismo insito in ognuno di noi per lo scorrere implacabile degli eventi, ai quali tutti dobbiamo far fronte. Riflettere sugli accaduti può aiutarci a fare meno errori o cadere nell’errore che possiamo utilizzare per migliorare. La forza dell’amore e l’ostinatezza umana per il mistero della vita che ci avvolge. La naturale e innaturale spontaneità di mettersi nudi davanti a noi stessi. Accettare le conseguenze delle nostre azioni, a ndare oltre il limite solo per amore e sempre per amore nel bene e mai nel male. Realtà sociali povere e disgregate possono moltiplicare gli scompensi esistenziali. Al contrario realtà sociali ricche e coordinate da regole stereotipate e false, possono indurre in altrettante forme repressive, a danno delle esistenze ricche e povere. Il principio Speranza si deve alimentare sempre. Lo squilibrio umano e psichico alberga di più in contesti difficili ma anche in buoni contesti forme socio educative errate possono ingenerare disturbi comportamentali estremi e violenti l’identità e l’auto riconoscimento in bene di sé stessi sono l’antidoto al possesso violento dell’altro, il seme rigoglioso della libertà e del rispetto dell’altro e dell’altra soprattutto in quest’epoca di violente aberrazioni comportamentali dei maschi nei confronti delle donne. Altro messaggio importante che cerco di veicolare è il seguente: gli errori di gioventù non sempre rimediabili possono determinare o minare il percorso esistenziale di una persona e diventare macigni pesanti che dovremmo invece sempre sgombrare dalla nostra strada e dalle nostre vite”.

A quale pubblico, o a quali pubblici si rivolge il libro edito da Santelli?

“Al pubblico di tutte le età. Chi ha raggiunto ovviamente, l’acquisizione del ragionamento astratto. E’ un confronto anche tra adolescenti di ieri e di oggi. Si riportano tanti esempi educativi formativi per famiglie in crescita. Si parla della scuola, dell’insegnamento, del bullismo e delle disuguaglianze sociali. Della vecchiaia e del fine vita. Dei giovani come degli adulti, nei contesti storico sociali di ieri nel dopoguerra e di oggi. E poi affronta molte questioni sociali: lo sviluppo, la crescita, l’identità di genere, i maschilismi assassini deturpati negli oggetti dell’amore primari, le condizioni di vita adulta, l’immigrazione, l’emigrazione, i conflitti bellici, gli mpoverimenti e i cambiamenti ambientali e climatici ma anche l’amore per l’ambiente e la sua tutela”.

Cosa rende speciale o unico il suo libro e cosa lo contraddistingue rispetto agli altri simili o del genere?

“La schiettezza concreta linguistica, di ricchezza povera, spontanea, diluviante e straripante. Il narrare fatti accaduti cercando di far emergere la forza poetica della trama e dei personaggi, dai solchi di una realtà in regime di siccità. Ma anche il coinvolgere il lettore dal primo all’ultimo rigo per provare a trasmettere a lui, le stesse emozioni che provavo mentre scrivevo. Piangere e ridere con i personaggi, provare piacere e ripulsa là dove i contrasti si palesavano velatamente o marcatamente. Giocare insieme a loro con le parole e i fatti che accadevano, ascoltando i loro suggerimenti. Camminare insieme a loro cercando di leggere, nel loro ipotetico pensiero, critiche ed encomi. Il tutto naturalmente senza inganni della ragione.

“Perché un lettore dovrebbe leggere il suo primo libro?

Per effettuare un viaggio fantastico dentro sé stessi, compiere narrazioni di azioni e pensieri giovanili, operare riflessioni psicologiche esistenziali degne di approfondimenti, capire le trasformazioni creative e straordinarie della gioventù in crescita ieri e oggi, confrontarsi con tutti i dilemmi esistenziali e storico sociali, che ci affliggono tutti oggi e ieri, rinfrescare le passioni amorose che sono il pane della vita, ritrovare il bel ricordo in ognuno di noi senza il quale non siamo niente, scandalizzarsi per le ingiustizie ci può ancora rivitalizzare e disporci al diritto di esistere tutti. La nausea contro il male di vivere ci può aiutare a trovare il bene nella semplicità, apprezzare il niente e inseguire il tutto con poco o niente fermo restando che riflettere sulla complessità che oggi ci comprende tutti e in parte ci disorienta.

E’ stata affidata la prefazione niente meno che a Dacia Maraini. Penso che lei sia a dir poco lusingato.

Eh sì. Il romanzo gode della prefazione della “Sapiente Scriba” Dacia Maraini. Le sue parole mi hanno commosso. La sua semplicità mi ha catturato per sempre nel suo mondo di poetica narrativa vissuta negli atti della vita quotidiana”

C’è qualcuno che vuole ringraziare?

“La mia famiglia. Mia moglie e nostri tre figli meravigliosi che stanno superando l’adolescenza e si sono inseriti da poco nella vita adulta e spero che conservino sempre la loro parte bambina. Ma anche Dacia Maraini per la sua grande sensibilità e correttezza e completezza professionale e umana, la mia prima lettrice, e tutti gli altri pre-lettori, nonché tutti i personaggi che mi hanno ispirato per scrivere “Il Ladro di Rose”. Spero che un giorno, la copertina, galleggi sulle acque ancor nitide della sorgente di Capodacqua o delle sette Cannelle a Fondi Latina e che possa raggiungere il mare delle anime viventi”.

C’è soltanto bisogno di tempo…