Frosinone / Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio inagura restauri a Ceccano e Boville Ernica

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FROSINONE – Nel quadro del grande progetto di restauro dei beni mobili delle province di Frosinone e Latina, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio inaugurerà nella giornata di martedì 21 novembre due importanti restauri che hanno avuto un felice esito recuperando due opere di straordinario valore artistico e devozionale: il dipinto raffigurante Sant’Antonio da Padova nella chiesa della Madonna del Loco a Ceccano, alle ore 11,30; il mosaico dell’Angelo Giotto nella chiesa di S. Pietro Ispano a Boville Ernica, alle ore 15,00. 

Si è trattato di interventi conservativi straordinari resi possibili grazie a un apposito finanziamento del Ministero della Cultura che si è avvalso della fattiva collaborazione dei Comuni interessati, della Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, del Monastero benedettino di S. Giovanni Battista e delle parrocchie di riferimento.

Un importante impegno con le rispettive comunità da parte del Soprintendente, dott. Francesco di Mario, che ha fortemente voluto questo progetto, restituendo all’antico splendore opere che hanno scandito la storia di questi luoghi, delle terre e della devozione di chi li ha abitati.

Sulla grande tela di Ceccano è raffigurato sant’Antonio da Padova, nella tradizionale iconografia recante il giglio nella mano destra ed il libro col Bambino nella sinistra, tutt’intorno sono disposti quattordici riquadri raffiguranti i miracoli del Santo, i modelli compositivi del dipinto sono tipici di queste rappresentazioni riferite all’enorme diffusione del culto del Santo, che si rinnova qui nella tradizione locale. Alcune di queste espressive scenette si sono rivelate, in parte nascoste sotto alla cornice, proprio quando l’opera è stata rimossa dalla sua collocazione e preparata per il trasporto dai restauratori.

Il celebre tondo in mosaico attribuito a Giotto è dal Seicento collocata sull’altare della cappella Simoncelli nella chiesa di S. Pietro Ispano, ma proviene dalla basilica medievale di S. Pietro in Vaticano ed era parte del mosaico della Navicella, realizzato intorno al 1310 da artisti romani su disegno di Giotto. Al momento della distruzione, per la costruzione dell’odierna basilica vaticana, il cardinale Giovanni Battista Simoncelli, protonotario e amico di papa Paolo V Borghese, riuscì a entrare in possesso del frammento e lo traslò a Boville insieme a altre sculture di marmo destinate a ornare la sua cappella.

L’opera è stata rimossa per l’ultima volta dall’altare nel 1937 e da quando è stata ricollocata, nel 1948, non è stata più ispezionata o controllata. Per questo è parso opportuno alla Soprintendenza programmare un intervento straordinario volto a verificare lo stato di conservazione del mosaico e dell’iscrizione dipinta soprastante, nonché degli elementi che ne garantivano l’ancoraggio e l’isolamento dal muro. Da un primo esame, si è infatti constatato che i materiali utilizzati non erano più adeguati e compatibili, minacciando la corretta conservazione del tondo.

Gli interventi sono stati condotti, con metodologie e tecniche aggiornate e all’avanguardia, nel completo rispetto delle opere, da un team di restauratori sotto la direzione della Soprintendenza, nelle persone della dottoressa Chiara Arrighi, funzionario restauratore, e del dottor Lorenzo Riccardi, funzionario storico dell’arte.

Nel corso dei lavori che hanno riguardato il mosaico di Giotto sono state realizzate, inoltre, indagini diagnostiche per lo studio delle vicende conservative, dei materiali costituenti l’opera e delle tecniche di esecuzione della stessa, dalle professoresse Rita Deiana e Alberta Silvestri del Centro Interdipartimentale di Ricerca “Studio e Conservazione dei Beni Archeologici, Architettonici e Storico Artistici” dell’Università di Padova.

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