FORMIA – Appena avrà lasciato l’ospedale Dono Svizzero” di Formia dove da mercoledì scorso si trova ricoverato in rianimazione (per via anche di suoi antichi problemi di diabete), Giuseppe Favoccia chiederà di essere interrogato dal Gip del Tribunale di Cassino Domenico Di Croce per “spiegargli che in questa grande confusione non c’entra proprio un bel niente”. A dirlo è lo storico legale dell’ex autotrasportatore di bestiame, l’avvocato Michelangelo Fiorentino, soprattutto dopo che il Tribunale di Cassino, a causa del peggioramento delle condizioni di salute del 73enne “amico da una vita di Ernesto Bardellino e della sua famiglia”, ha convalidato sì il fermo di polizia giudiziaria di Favoccia con l’accusa di detenzione illegale di arma da fuoco ma l’ha rimesso subito in libertà semplicemente perché non è in discussione la reiterazione del reato.
“Peppe” Favoccia – ha annunciato l’avvocato Fiorentino – è disposto, appena le sue condizioni di salute lo permetteranno, ad incontrare anche i giornalisti per dimostrare che lui, amico da una vita di Ernesto Bardellino, non ha avuto nulla a che fare con il ferimento avvenuto il 15 febbraio 2022 all’interno della concessionaria “Autobuonerba” in via Ponteritto a Gianola, del suo nipote Gustavo. La Polizia e i Carabinieri, su ordine dei Pm della Dda di Roma Luigia Spinelli e Francesco Gualteri, si erano catapultati all’alba di mercoledì nell’abitazione dell’ex autotrasportatore di bestiame in località Mergataro chiedendogli della pistola.
“E’ proprio così – esordisce subito l’avvocato Michelangelo Fiorentino – Gli investigatori sono andati dal mio assistito pensando che l’arma in suo possesso avesse avuto a che fare con il tentativo di omicidio di Gustavo Bardellino. Mi dispiace dirlo ma qualcuno ha preso un abbaglio. Aveva sì una pistola semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa ma quella che ha tentato di uccidere Gustavo Bardellino aveva un calibro 9… Che sia stato commesso un errore grossolano – ha aggiunto l’avvocato Fiorentino – l’hanno capito subito il Gip Di Croce ed il sostituto procuratore Eugenio Rubolino. Se quella pistola avesse avuto un ruolo nel ferimento di Bardellino, non avrebbero deciso di rimettere in libertà il signor Favoccia e tantomeno chiedergli ‘soltanto’ gli arresti domiciliari. Ma avrebbe fatto dell’altro, io suppongo, informare subito i pm della Procura antimafia di Roma”.
L’avvocato Fiorentino esterna un’idea, naturalmente personale, sulla ragione della disponibilità di quell’arma, che definisce un “ferro vecchio”, a Giuseppe Favoccia: “Lei non dimentichi – aggiunge nell’intervista video allegata – un particolare, la concezione tutta americana di quest’uomo che negli Stati uniti ha vissuto a lungo lavorando nel campo della ristorazione. In Americana acquistare un’arma è come per noi italiani andare a fare la spesa dal supermercato e acquistare il pane… In Italia la legge in materia è più rigorosa e Favoccia – ed è questa la curiosa rivelazione dell’avvocato Fiorentino – non potendo chiedere il porto d’arma per i suoi antichissimi e datati precedenti penali ha deciso di acquistarne una….mi pare vicino Aversa qualche anno fa, per legittima difesa. Abitando con la sua moglie in una zona isolata di Formia non voleva correre rischi se anche la sua villetta fosse finita , come peraltro è avvenuto in diverse circostanze , nel mirino dei ladri e dei furti. Tutto qui”.
Giuseppe Favoccia ha deciso di essere interrogato dal Gip Di Croce anche per contestare le “inverosimili” dichiarazioni che avrebbe rilasciato alla Squadra Mobile nel 2015 che, se fossero veritieri, offrirebbe un’altra verità sull’uccisione del fondatore storico del clan dei Casalesi, Antonio Bardellino: non sarebbe stato ucciso in un agguato per mano di Mario Iovine nel lontano 1988 in Brasile ma sarebbe stato in vita sino al 2018 nascondendosi in un angustissimo bunker ricavato nel sotterraneo di una villetta di proprietà un altro italiano americano all’’interno del parco “Villaggio del Sole” in località Acquatraversa.
“Io difendo Favoccia da una vita – ha aggiunto l’avvocato Fiorentino – e non mi risulta che abbia firmato verbali o rilasciato dichiarazioni alla Squadra mobile nell’agosto 2015 di aver incontrato nel 2010 Antonio Bardellino all’aeroporto di New York per consegnarli una figlia del fratello Ernesto o per raccontare che sarebbe tornato in Italia per partecipare ad un matrimonio di un suo parente. Guardi, facciamo i seri – si ferma e alza la voce l’avvocato Fiorentino – Il mio assistitito a New York ha lavorato nel campo della ristorazione per oltre un decennio a cavallo degli anni Novanta e gli inizi del decennio successivo. Favoccia, se tanto interessa a molti, è tornato negli Stati uniti più di una volta e sempre in compagnia della moglie per sistemare definitivamente la gestione di alcune attività che aveva dato in gestione perché la voglia di tornarsene a Formia è stata più forte di qualsiasi altra cosa. Questa ricostruzione è risibile e lo sa perché: Favoccia era molto attenzionato negli stati Uniti per i suoi problemi fiscali e per il mancato delle tasse. Sapeva che sarebbe stato avvicinato dalla Fbi e che faceva: accompagnare tizio o caio da sempronio? Siamo seri su”.
L’avvocato Fiorentino ha aggiunto dell’altro. Il suo assistito non ha una fedina penale immacolata ma non si è mai reso protagonista di reati consumati con il metodo mafioso: “Quelli oggetto di una sentenza di condanna o di prescrizione hanno riguardato un’estorsione, una truffa e traffico illegali di vitelli d’est Europa”. E allora se Giuseppe Favoccia non c’entra con i nuovi traffici e, soprattutto, con i nuovi equilibri tra clan camorristici operanti a Formia e nel sud pontino, perché l’altra mattina ha ricevuto una perquisizione insieme ad alcune persone e all’81enne Vito Iacopino, proprietario della villetta di via dei Pini 7 e indagato per favoreggiamento nell’agguato di Gustavo Bardellino.
“Innanzitutto escluso categoricamente che il mio assistito ed il proprietario della casa in cui è stato trovato questo bunker si conoscano. Favoccia in questa storia è stato coinvolto – ha concluso l’avvocato Michelangelo Fiorentino – per essere, nonostante l’età e i suoi problemi di salute, l’anello più debole dell’intera catena. L’ha capito il Gip Di Croce e glielo dimostreremo nei prossimi giorni”.
In effetti per il tentativo di omicidio di Gustavo Bardellino sono indagati a piede libero Luigi Diana, 47 anni, ingegnere e imprenditore casertano trapiantato da anni a Formia, e Giovanni Lubello, l’ex marito di Katia Bidognetti e, pertanto, ex genero di Francesco Bidognetti conosciuto come Cicciotto e Mezzanotte uno dei capi storici del clan dei Casalesi. Perché Luigi Diana, immortalato in alcune foto con autorevole rappresentanti dell’amministrazione comunale (che non sono affatto indagati), è stato coinvolto nel ferimento di Guastavo Bardellino? I rapporti tra i due si sarebbero deteriorati per un presunto tradimento di natura sentimentale.
Nel corso delle indagini, dopo l’audizione di Diana e della moglie, proprio, sarebbe emerso dell’altro al punto che l’inchiesta ha preso una piega diversa, arrivando a coinvolgere la Dda napoletana. Si ipotizza che il tentato omicidio ha altre origini, diverse dal delitto passionale, ossia è maturato nel quadro dei contrasti tra clan camorristi rivali e legati a traffici illeciti controllati a Formia (dal Comune a distanza di cinque giorni dalle perquisizioni non è arrivato ancora un attestato di sostegno e di vicinanza all’operato delle forze dell’ordine e della magistratura, quella antimafia e ordinaria) e nel resto del sud pontino…
VIDEO Intervista all’Avv. Michelangelo Fiorentino, legale Giuseppe Favoccia