Minturno / Confermata l’interdittiva antimafia per la “P.a. Costruzioni Generali Srl di Minturno”

Cronaca Minturno

MINTURNO – La terza sezione del Consiglio di Stato ha confermato l’interdittiva antimafia emessa il 10 marzo 2021 da parte del Prefetto di Latina Maurizio Falco ai danni della “P.a. Costruzioni Generali Srl di Minturno”. Il pronunciamento dei giudici amministrativi di secondo grado fa seguito a quello del Tar di Latina che, dopo aver accolto il 14 aprile 2021 la richiesta di sospensiva, ha ribadito poi nel merito, nell’udienza del 27 agosto di due anni fa, l’efficacia del provvedimento del Prefetto Falco. Perché questa interdittiva? Nella struttura societaria della “P.a. Costruzioni Generali Srl di Minturno” figurava Raffaella Parente che il 1 luglio 2020 venne arrestata dai Carabinieri della Compagnia della Formia nell’ambito dell‘operazione anti droga “Touch & Go” coordinata dalla Direzione Distrettuale antimafia di Roma

Il Consiglio di Stato difende la legittimità dell’interdittiva antimafia del Prefetto Falco perché dell’assetto societario della società di costruzioni di Minturno all’epoca degli arresti dei Carabineri facevano parte Angelo e Antonio Parente, Antonello Santa Maria e, appunto, Raffaella Parente, “figlia dell’amministratore unico e socio Angelo Parente, a sua volta figlio dell’altro socio Antonio Parente”.

Nel frattempo la donna lo scorso dicembre, difesa dall’avvocato Massimo Signore, è stata l’unica ad essere assolta dal Tribunale penale di Cassino al termine del processo ordinario nell’ambito dell’inchiesta “Touch & go”. Questa sentenza di assoluzione non è servita alla difesa della società di costruzioni di Minturno a ribaltare il pronunciamento del Tar. Secondo il Consiglio di Stato la donna “risulta aver intrattenuto rapporti sentimentali con Raffaele Scotto che , ritenuto il ‘capo promotore’ dell’organizzazione, è stato soggetto parte integrante al gruppo criminale facente capo ai fratelli Scotto, provenienti da Napoli-Secondigliano e legati ai clan camorristici, ivi operanti, delle famiglie Licciardi prima e Amato/Pagano poi”. L’aggravante ipotizzata dal Consiglio di Stato nei confronti di quest’uomo è stato quello “di avere commesso il fatto con modalità mafiose ed in particolare avvalendosi della forza d’intimidazione esercitata con il costante impiego della violenza e del conseguente stato di assoggettamento ed omertà ingenerato”.

Nel suo ricorso al Consiglio di Stato contro l’ordinanza del Tar il legale della “P.a. Costruzioni Generali Srl di Minturno” (di cui viene stigmatizzata l'”affidabilità”), l’avvocato Giuseppe Vernacchio, aveva lamentato “l’erroneità della decisione appellata, nella parte in cui non ha accolto la censura concernente la denunciata illegittimità del provvedimento interdittivo impugnato perché non preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento”. Il collegio giudicante – presidente Michele Corradino, consiglieri Nicola D’Angelo, Giulia Ferrari, Fabrizio Di Rubbo e Luca Di Raimondo – hanno definito infondato questo motivo di doglianza sulla scorta di una consolidata giurisprudenza.

A nulla – secondo il Consiglio di Stato – è servita la cessione delle quote societario di Raffaella Parente a favore del padre Angelo Parente che “per le modalità ed i tempi in cui è avvenuto, sia stato artatamente realizzato allo scopo di eludere la normativa vigente in materia di verifiche antimafia”.