GAETA – Il fatto non sussiste. Con questa formula, a distanza di quasi sette anni dalla pubblicazione di quel post, l’attuale sindaco di Gaeta Cristian Leccese non è stato per niente diffamato nella veste all’poca di presidente del consiglio di amministrazione della società per azioni “LazioFarma”, una partecipata pubblico privata che si occupava e si occupa della gestione di alcune farmacie comunali – tra cui quella di Gaeta – aderenti al Consorzio “Coifal”. A sentenziarlo è stato il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Claudio Marcopido che ha assolto dall’accusa di diffamazione aggravata uno storico dirigente del meet up di Gaeta del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Rosario Di Chiappari, di 62 anni di Gaeta.
Leccese il 7 agosto 2016 ricopriva l’incarico di consigliere comunale di Maggioranza (dopo essere stato in precedenza anche vice sindaco) quando decise di ricorrere alle carte bollate e di querelare Di Chiappari che si sentì diffamato dal tenore di un post sui social del dirigente grillino che, stigmatizzando il coinvolgimento del Consorzio “Coifal” in inchieste giudiziarie attinenti a fatti legati ad organizzazioni criminali, scrisse testualmente questo ….”Ah sì, è vero, qui c’è lo zampino dell’ex assessore Leccese, quello che è stato nominato nel Coifal….definito illegale dall’associazione antimafia “Antonino Caponnetto” , irregolare dall’Antitrust e sul quale ora sta indagando la Dia”. Leccese andò su tutte le furie per l’epilogo del post di Chiappari …”Troppi figli di camorristi si stanno laurendo in farmacia”.

Il sostituto procuratore Roberto Nomi Bulgarini, dopo aver ricevuto la denuncia di Leccese presentata presso la Tenenza dei Carabinieri di Gaeta, decise il 24 agosto 2017 di disporre il processo ordinario di Di Chiappari che, a fronte della scelta del futuro sindaco di costituirsi parte civile attraverso l’avvocato Gabriele Picano, corse un bel rischio: non accettò la richiesta di formulare pubbliche scuse a Leccese optando per il dibattimento che iniziò, dopo alcuni contrattempi iniziali, il 31 maggio 2018. Di Chiappari si affidò all’assistenza legale dell’avvocato Claudia Magliuzzi e la scelta di sostenere il processo gli ha dato ragione. Il futuro sindaco di Gaeta ha sempre sostenuto come il post dell’imputato avesse ingenerato negli interlocutori il dubbio che “organizzazioni criminali, mediante il consorzio pubblico intercomunale Coifal (composto dai comuni di Bracciano, Gaeta e Castel Madama) , gestivano le farmacia comunali con l’affidamento delle stesse a società miste con una quota maggioritaria detenuta dai privati” . Una di queste era ed è proprio la Lazio Farma di cui il sindaco di Gaeta sino alla sua elezione avvenuta il 12 giugno scorso è stato il presidente del Consiglio d’amministrazione.
La specificazione addotta da Di Chiappari in base alla quale “una non meglio specificata organizzazione criminale favoriva la carriera in ambito farmaceutico a favore dei figli dei camorristi” era stata considerata lesiva e diffamatoria non tanto per il suo datato impegno in politica quanto per la sua altrettanto longeva attività nel settore della sanità privata. In Tribunale Leccese andò oltre. Disse al giudice che la subita attività diffamatoria gli aveva causato numerosi disagi, in particolare in relazione alla nascita della società “Sinergia Company”. Il motivo? Il socio di maggioranza era stato vittima egli stesso della criminalità organizzata a causa della quale aveva perso il padre. Il post di Di Chiappari – all’epoca considerato diffamatorio, ora non più dal dottor Marcopido – aveva indotto questa persona a nutrire forti dubbi sulla creazione della società, nonostante le “numerose rassicurazioni del Leccese”.

Nella sentenza di assoluzione il Tribunale di Cassino specifica che “il racconto di Leccese necessita di essere ridimensionato in virtù delle dichiarazioni rilasciate dall’esame dell’imputato e dalla testimonianza (fortemente voluta dall’avvocato Magliuzzi) della teste Antonella Terracciano che specifica come le dichiarazioni di Di Chiappari rientravano nella sua mera attività politica svolta sul territorio del comune di Gaeta”. E in quest’azione finì anche la gestione della nascente farmacia comunale di Gaeta della cui “tematica molto delicata” – lo scrive il giudice monocratico Marcopido nelle nove pagine della sua sentenza di assoluzione – si occuparono l’associazione anti mafia “Antonio Caponnetto”, l’Antitrust e, pare, anche la Dia.
L’autorità sulla concorrenza aveva rilevato, non a caso, come la procedura di assegnazione della gestione delle farmacie di nuova costituzione alla “LazioFarma spa” non rispettasse la procura di gara per l’aggiudicazione del servizio previsto dalla legge. E nel processo questo concetto è stato ampiamente sottolineato a più riprese dall’avvocato Magliuzzi. L’Antitrust emise un parere il 14 marzo 2016, pubblicato sul sito dell’Agcom “già cinque mesi prima del messaggio pubblicato” da Di Chiappari, secondo il quale l’affidamento diretto della gestione delle farmacie comunali a società miste con quota maggioritaria detenuta da privati “lederebbe il diritto alla libera concorrenza di terzi in quanto la gestione dei servizi pubblici avviene senza gara”.
E molto tempo prima del post di Di Chiappari – nove mesi prima, era l’11 novembre – l’associazione antimafia Antonino Caponnetto aveva presentato un esposto alle Prefetture di Roma, Napoli, Salerno, Caserta e Latina affinchè accertassero “l’anomalia dell’operazione messa in piedi con la probabile complicità di amministratori comunali”. E così è stato. Se la stessa Dia avrebbe compiuto alcune indagini sulla richiesta (all’epoca dei fatti) di nuove concessioni di farmacia nella Regione Lazio, il giudice Marcopido ha assolto Di Chiappari perchè nell’ambito della “sua attività politica non ha fatto altro che pubblicare notizie già note, pubblicate da testate giornalistiche nonché sui siti degli enti di riferimento, addirittura mesi prima dei fatti per i quali si procede” – ha chiosato il Tribunale di Cassino.
Il giudice Marcopido nella sua assoluzione ribadisce un principio: Di Chiappari non voleva diffamare il futuro sindaco di Gaeta “ma evidenziare il pericolo segnalato dall’associazione Caponnetto e dall’Antitrust sulla gestione delle nuove farmacia prossime all’apertura nel territorio laziale.
Leccese non è esente da considerazioni critiche nel dispositivo di sentenza. Marcopido ricorda come la stampa evidenziasse all’epoca come lo stesso Leccese, “dopo aver lasciato l’incarico in Giunta per ricoprire ruoli di prestigioso a livello regionale e nazionale nel partito di Forza Italia , in realtà è stato nominato presidente del Consiglio di amministrazione del Coifal. Si denunciava quindi di aver prima creato il consorzio rappresentando il comune di Gaeta, poi è stato riconosciuto l’80% della proprietà consortile al privato e, infine, dopo essersi dimesso da vice sindaco ha ricoperto il ruolo di presidente del consiglio d’amministrazione del Consorzio che riconosce al privato Lazio Farma l’80%, quindi anche delle spese, degli introiti e delle decisioni. Il tutto – rincara la dose il giudice Monocratico Marcopido – con un evidente ritorno economico per il Leccese”.
E l’inquietante frase “Troppi figli di camorristi si stanno laureando in farmacia ?” Se la testimone chiave Antonella Terracciano aveva ribadito come il post del 7 agosto 2016 di Di Chiappari non fosse stato frutto della sua fantasia “ma si limitava soltanto a dare rilievo a notizia già pubblicate dalla stampa”, quella frase “era conosciuta alle cronache poiché era stata pronunciata dall’ex Procuratore aggiunto a Milano Ilda Boccassini”.
Il giudice Marcopido, assolvendo di Chiappari, è stato un po’ più tenero con l’attuale sindaco di Gaeta affermando testualmente: “I fatti per i quali si procede non hanno minimamente scalfito l’onorabilità del Lecccese, il quale, oltre ad avere poi regolarmente costituito la società ‘Sinergia Company’ nella quale riveste il ruolo di amministratore unico, è stato poi eletto sindaco nel 2022 con il 70% dei consensi, a dimostrazione che nessuna, concreta, lesione di immagine a suo danno si è perpetrata”.
Una curiosità finale: nell’udienza conclusiva che c’è stata martedì in aula in piazza Labriola non c’erano né il sindaco Leccese e tantomeno il legale di parte civile Gabriele Picano, gli stessi che si erano costituiti parte civile. L’avvocato Magliuzzi, a fronte della loro assenza, stava per chiedere correttamente il rinvio del dibattimento ma, in mancanza di fatti nuovi come la presentazione di eventuali memorie scritte, ha soprasseduto. La sentenza letta dal giudice Marcopido ha posto fine ad una tempesta nata in un bicchier d’acqua. O almeno…