Frosinone / Delitto Thomas Bricca: consegnata salma alla famiglia, interrogati in serata due fratelli

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FROSINONE – Potrebbero conoscere da un momento al’atra una svolta le indagini della Procura di Frosinone sull’agguato di Thomas Bricca, il giovane di 18 anni di Alatri ucciso lunedì sera da un colpo di pistola sparato da due persone giunte in sella ad scooter di grossa cilindrata. E due fratelli di Frosinone nella sera del giorno in cui è stato dichiarato morto lo studente dell’istituto tecnico “Sandro Pertini” hanno chiesto di essere ascoltati presso la compagnia dei Carabinieri di Alatri. Sui loro racconti naturalmente vige un strettissimo riserbo anche perché nella giornata di mercoledì sono proseguiti gli accertamenti sul luogo della tragedia da parte dei Carabinieri dei Ris. Sono finalizzati a definire la traiettoria del colpo di pistola che per uno sbaglio di persona ha colpito Thomas.

Le fasi della morte celebrale dello studente di Alatri sono state ricordate dal professor Luigi Tritapepe, primario del reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale San Camillo di Roma: “Passate le 6 ore di osservazione canoniche, come la legge richiede, avendo già dichiarata la morte clinica del paziente alle 9,45, abbiamo consegnato la salma ai propri familiari”. In merito all’espianto degli organi, il professore ha aggiunto: “Le notizie riguardanti le domande che vi fate pongono la sensibilità della famiglia e il rispetto della privacy del paziente, anche se deceduto, ad esporre dati sensibili che io non posso invece comunicare. La famiglia è ancora dentro e ora si avvierà con le procedure di rito verso la camera di mortuaria. Ieri abbiamo disperatamente inseguito le pur minime speranze di un recupero eventuale dell’attività, che era già parsa molto deteriorata e grave. Abbiamo lavorato tutta la notte per la stabilizzazione delle condizioni cliniche. Purtroppo gli accertamenti di rito che facciamo nel caso di un trauma così grave ci hanno dato subito la certezza di una assenza di attività elettrica cerebrale che fa partire per legge un accertamento di morte”.

Riguardo, invece, all’autopsia, il professor Tritapepe l’ha definita quasi inutile: “Credo non sia il caso, perché la causa diretta del decesso è chiara: non si tratta di una intossicazione o di una malattia sistemica che va indagata, qui c’è una causa-effetto abbastanza netta, ma la salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria che disporrà il da farsi”.

“C’è una lesione di arma da fuoco abbastanza importante che ha creato un ematoma grave in un’ampia zona che non consentiva il recupero delle funzioni vitali – ha concluso il professor Tritapepe – E’ una situazione brutta, francamente ci siamo serviti di un servizio psicologico che ha sostenuto non solo la famiglia ma anche gli operatori”.

E mentre la famiglia di Thomas si è stretta in un comprensibile silenzio non rilasciando alcuna dichiarazione ai numerosi giornalisti piombati ad Alatri, gli amici di scuola della vittima si sono abbracciati e hanno pianto a lungo quando hanno appreso la notizia che il loro amico era clinicamente deceduto.

Intanto si registra una preoccupante dichiarazione del vescovo di Frosinone Ambrogio Spreafico: “Stiamo sottovalutando la violenza nelle città. Provo grande dispiacere – ha detto il presule – pensando che in cinque anni siano morti due giovani nel centro di una città. E’ Inaccettabile e intollerabile ma bisogna prendere atto che viviamo in un clima di violenza”.

Da vescovo, monsignor Spreafico si interroga sul ruolo della Chiesa: “Mi chiedo se non dovremmo porci domande più profonde su come aiutare i giovani a vivere in modo più responsabile, provando a capire le loro domande, le attese, anche le sofferenze. La violenza nelle città la sottovalutiamo ma purtroppo è un dato di fatto . Anche a Frosinone – osserva il vescovo- i pestaggi nella movida sono un problema serio, che sottovalutiamo. Io la sento come responsabilità“. Subito dopo la rissa, il vescovo Spreafico si è “interfacciato con il sindaco e il parroco. In questa drammatica vicenda bisogna interrogarsi sia come società civile che anche come chiesa”. Ci sono dei ‘mea culpa’ da fare? “Più che mea culpa – osserva il presule – c’è da fare una assunzione di responsabilità. Ribellarsi davanti alla violenza. I giovani spesso non li comprendiamo, talvolta li giudichiamo. Dobbiamo invece cogliere i loro interrogativi e aiutarli a trovare una prospettiva per il futuro. Non si può continuare come si è sempre fatto, non possiamo accettare un mondo violento con indifferenza”.

Il vescovo nei prossimi giorni si metterà in contatto con i famigliari del giovane per portare conforto.