Formia / Operazione anti-camorra, finisce di nuovo in manette Katia Bidognetti

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FORMIA – Ha interessato anche il sud Pontino e, Formia in particolare, l’ultima operazione anti camorra dei Carabinieri del comando Provinciale di Caserta e del Reparto Territoriale di Aversa che hanno eseguito eseguito 37 ordinanze di custodia cautelare che, emesse dal Gip del Tribunale di Napoli Isabella Iaselli, sono state richieste dai Pm della Direzione distrettuale del capuologo campano. E’ di nuovo finita in manette a Formia Katia Bidognetti, la primogenita di Francesco, detto “Cicciott’ e Mezzanotte” considerato uno dei fondatori del clan dei Casalesi.

La donna è stata arrestata con l’ipotesi accusatoria di estorsione aggravata dal metodo mafioso insieme al compagno Carlo D’Angiolella con il quale viveva, in stato di libertà vigilata, presso un elegante appartamento presso il Parco “Luci sul mare”, in via Madonna di Ponza, a ridosso dell’ospedale Dono Svizzero. Qui i Carabinieri di Caserta, affiancati da quelli della Compagnia di Formia, sono arrivati poco prima delle cinque del mattino. Fuori pioveva e faceva freddo quando a rispondere al citofono è stata Katia che senza opporre alcuna resistenza si è consegnata ai Carabinieri per essere trasferita nel carcere romano di Rebibbia mentre il compagno veniva associato in quello di Cassino a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Contemporaneamente in diversi centri della provincia di Caserta venivano arrestate altre 35 persone e, tra queste, la sorella minore di Katia Bidognetti, Teresa, ed il marito Vincenzo D’Angelo. Secondo le accuse formulate dai Pm della Dda le due sorelle, che avrebbero continuato a percepire lo “stipendio” del clan, si sarebbe messe a disposizione di Gianluca, il fratello minore tuttora recluso nel carcere di Terni e considerato da tempo il principale referente del clan. Attraverso alcune intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite in carcere, Gianluca Bidognetti avrebbe impartito alle due sorelle precise direttive per compiere estorsioni ai danni di commercianti e gestire settori da sempre nelle mani del clan, come quello del “caro estinto” legati alle pompe funebri, grazie a patti illeciti datati nel tempo, arrivando perfino a organizzare un omicidio nei confronti di un noto affiliato del clan allo scopo di ridimensionarne il ruolo.

Secondo le risultanze investigative dei Carabinieri le due sorelle si sarebbero messe a disposizione di Gianluca che – stando ad una ricostruzione degli inquirenti – ebbe il “battesimo di fuoco” della carriera criminale nel 2008, quando in piena stagione stragista fu coinvolto, su volere dell’allora capo dell’ala sanguinaria dei Casalesi Giuseppe Setola, nel tentativo di omicidio della zia, un modo per colpire la madre pentita Anna Carrino.

Con gli arresti eseguiti martedì notte sarebbero state monitorate le attività del clan camorristico nell’arco di oltre tre anni. Le indagini avrebbero consentito di appurare lo svolgimento di incontri tra esponenti di vertice delle due fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una “cassa comune”, pur mantenendo la loro sostanziale autonomia nei termini operativi, economici e territoriali storicamente a loro appartenuti. Un indagato inoltre avrebbe curato la pianificazione e la realizzazione delle dinamiche criminali della fazione Schiavone, al fine di attuare il controllo capillare del territorio e il reperimento di somme di denaro indispensabili per il sostentamento del gruppo, affermandosi quale punto di riferimento non solo i per gli affiliati ma anche per coloro che, pur non appartenendo al clan, consapevoli della sua posizione di vertice, a lui si sarebbero rivolti al fine di giungere alla soluzione di controversie e dinamiche private.

Il Gip Iaselli ha anche contestato inoltre il traffico di sostanze stupefacenti ed il contestuale controllo dell’attività di cessione di droga realizzato da terzi, che sarebbero stati costretti a versare denaro a esponenti del clan per garantirsi la gestione delle piazze di spaccio.