Sabaudia / Incendio stabilimento balneare: l’autore materiale rimane in silenzio davanti al Giudice

Cronaca Sabaudia

SABAUDIA – Formalmente si è avvalso della facoltà di non rispondere ma in sostanza ha fatto sapere, attraverso la sua difesa, di essere estraneo al grave episodio di cui è stato ritenuto responsabile. E’ terminato in questo modo il primo interrogatorio di garanzia che c’è stato mercoledì mattina, davanti il Gip del Tribunale di Latina Giorgia Castriota, a 48 ore dagli arresti eseguiti per l’incendio che nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio scorsi distrusse lo stabilimento balneare “Duna 31.5” di Sabaudia. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri, condivisa dal procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e dal sostituto procuratore Daria Monsurrò, ad appiccare il rogo, in cambio di 500 euro, sarebbe stato il 30enne Valerio Toselli.

L’uomo, difeso dall’avvocato Valentina Leonardi, ha deciso di rimanere in silenzio ed è probabile che decida ora di impugnare al Riesame l’ordinanza di custodia cautelare emessa dallo stesso Gip Castriota. La persona finita in carcere con l’accusa di aver operato insieme a Toselli è il 32enne Simone Petrucci: sarà interrogato nella giornata di giovedì. Il giorno dopo sarà il turno sarà delle presunte mandanti dell’incendio: si tratta di Mirella D’Indio e Tatiana Rizzi, madre e figlia titolari di una chiosco per il noleggio di attrezzature balneari che, finite ai domiciliari, sono ritenute le mandanti dell’incendio.

Avrebbero – secondo l’accusa – consegnato 500 euro a Toselli e Petrucci per vendicarsi nei confronti della proprietà del lido “Duna 31.5” del provvedimento di abbandonare, per una serie di irregolarità, l’attività attigua allo stabilimento distrutto. Quelle dei Carabinieri non sono state indagini facili per via del fatto che l’impianto di allarme e il sistema di videosorveglianza sono andati distrutti nel corso dell’incendio. I sospetti sono caduti  sulla zona limitrofa al rogo dove è stata rinvenuta una bottiglia contenente dei residui di liquido infiammabile e anche sui suoi titolari, Mirella D’Indio e Tatiana Rizzi.

Secondo quanto è scaturito dalle indagini le due donne avrebbero avuto degli screzi con i gestori del lido andato distrutto. Li ritennero responsabili dell’avvio delle indagini dei Carabinieri Forestali che, a causa di alcune violazioni accertate, chiesero ed ottennero il trasferimento del chiosco in un’altra zona del lungomare di Sabaudia.