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Gaeta / Rifiuti: continue proroghe all’appalto, il consigliere D’Amante scrive alla Segretaria comunale

GAETA – Perché il servizio di gestione integrata dei rifiuti a Gaeta continua ad essere svolto “tramite affidamenti provvisori e proroghe nonostante, seppure con molto ritardo rispetto alla prevista scadenza contrattuale, il Consiglio Comunale ha dato mandato di indire una gara?”. L’interrogativo, provocatorio, l’ha posto il consigliere comunale di minoranza del gruppo consiliare “Insieme con Silvio D’Amante”, l’ex sindaco appunto Silvio D’Amante, in una lettera cha ha una precisa destinataria, la segretaria comunale Patrizia Cinquanta nella duplice veste di responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente, ma anche il sindaco Leccese, l’assessore all’ambiente Diego Santoro ed il collegio dei revisori dei conti. Le continue proroghe del servizio all’impresa Del Prete di Cisterna, avvenute sinora “senza gara”, stanno – a dire di D’Amante – violando i principi di concorrenza e parità di trattamento tra gli operatori economici”.

L’istituto della proroga (e del rinnovo tacito) è stato, infatti, censurato anche dalla più recente giurisprudenza, nonché da molteplici precedenti dall’Anac, l’autorità nazionale anti corruione. E l’ex sindaco di Gaeta ricorda il contenuto della sentenza 2291/2008 del Consiglio di Stato secondo la quale “in linea di principio, il rinnovo o la proroga, al di fuori dei casi contemplati dall’ordinamento, di un contratto d’appalto di servizi o di forniture stipulato da un’amministrazione pubblica dà luogo a una figura di trattativa privata non consentita e legittima qualsiasi impresa del settore a far valere dinanzi al giudice amministrativo il suo interesse legittimo all’espletamento di una gara” . Nello stesso senso, la recente sentenza del Tar Campania numero 1312 del 2 aprile 2020 ha rimarcato la natura del tutto eccezionale della prosecuzione dei rapporti scaduti, asserendo che “anche alla luce dell’articolo 23 della legge n. 62/2005 – che stabilisce, con valenza generale e preclusiva sulle altre disposizioni dell’ordinamento, il divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti – principio inderogabile fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico è che, fatte salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto e qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, debba effettuare una nuova gara pubblica”.

La proroga, insomma, – e lo ricorda l’esponente di minoranza – costituisce dunque uno strumento del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali e nei soli casi in cui vi sia la necessità di assicurare lo svolgersi del servizio nelle more dell’espletamento della nuova procedura di selezione. Per questa ragione, al di fuori dei ristretti limiti individuati dalla giurisprudenza e definiti oggi normativamente (articolo 106, comma 11, del decreto legislativo numero 50/2016), l’istituto della proroga si pone in difformità con la normativa in materia di contratti pubblici e con i principi generali che governano l’evidenza pubblica, in quanto “rappresenta, nella sostanza, un affidamento diretto senza gara, realizzato in violazione dei principi comunitari di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza”.

La stessa Anac ha più volte evidenziato il carattere eccezionalità e di temporaneità della proroga tecnica, “strumento volto esclusivamente ad assicurare una data prestazione in favore della pubblica amministrazione, nel passaggio da un regime contrattuale ad un altro”. L’Autorità anti corruzione ha quindi individuato alcune limitate ipotesi nelle quali la proroga può ritenersi ammessa, in ragione del principio di continuità dell’azione amministrativa, “restringendo però questa possibilità a casi del tutto eccezionali nei quali, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento, con le ordinarie procedure, di un nuovo contraente”.

L’affondo politico di D’Amante è chiaro: il Comune di Gaeta (Amministratori e Dirigenti) “sembra avere completamente disatteso i presupposti di legge in relazione all’affidamento del servizio in questione violando i principi di trasparenza, parità di trattamento, non discriminazione e concorrenza”. Peraltro il servizio sul ciclo dei rifiuti “è proseguito – ha rincarato la dose l’ex sindaco di centro sinistra – nonostante la ditta affidataria sia stata destinataria di interdittive antimafia e vi siano state plurime segnalazioni pubbliche che hanno evidenziato come lo stesso servizio stesso non venga svolto secondo quanto prevede il Capitolato”. D’Amante denuncia anomalie e irregolarità nello svolgimento del remunerativo servizio senza che “alle stesse siano state applicate sanzioni (o solo in parte) in quanto i Dirigenti e i responsabili di Servizio attestano la conformità del servizio al Capitolato”.

La lettera di Silvio D’Amante è un fortissimo richiamo, simile ad una diffida, alla dottoressa Cinquanta, in assenza di “interventi, richiami, osservazioni od altro da parte della S.V.”, ad “adottare eventuali provvedimenti di competenza in ottemperanza di quanto previsto e disciplinato dall’articolo 97 del testo unico degli enti locali, dal Regolamento sul sistema integrato dei controlli interni e dal Piano Nazionale e Locale Anticorruzione che individuano la materia sulla gestione dei rifiuti tra quelle a più alto rischio”.

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