Cassino / Delitto Serena Mollicone, la difesa fa marcia indietro sull’interrogatorio di Franco Mottola [VIDEO]

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CASSINO – Ha lasciato molte incognite senza risposta l’udienza, la 37°, del processo che si sta celebrando davanti la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino per la morte, avvenuta nella caserma dei Carabinieri di Arce, di Serena Mollicone. Una su tutte riguarda la decisione, davvero clamorosa, del criminologo Carmelo Lavorino di prendere le distanze dall’operato dei legali del pool di difesa di cui fa parte, quello dei principali imputati per il delitto della 18enne studentessa di Arce, Franco, Marco e Annamaria Mottola.

Hanno fatto rumore infatti le dichiarazioni rilasciate da Lavorino nel tardo pomeriggio di mercoledì quando, appena terminata l’udienza del dibattimento, la più importante del dibattimento sinora svolta, ha censurato “l’inspiegabile e non concordata” decisione degli avvocati Franco Germani, Mauro Marsella e Piergiorgio Di Giuseppe di non far sottoporre l’ex comandante Mottola all’interrogatorio già previsto per l’udienza di venerdì 13 maggio. Lavorino ha definito questa scelta un “colpo basso che mina un rapporto di fiducia all’interno del collegio difensivo della famiglia Mottola”. Gli avvocati Germani, Marsella e Di Giuseppe sono chiamati ora a ricucire il rapporto professionale ed il tempo a disposizione non è abbastanza: venerdì il processo riprenderà regolarmente con l’audizione in aula della moglie dell’ex Comandante della Stazione di Arce e mamma di Marco, Annamaria Mottola.

I tre legali hanno sottolineato come la decisione di bloccare l’interrogatorio di Franco Mottola fosse stata messa in conto già alla vigilia della deposizione- definita “convincente” di Marco – se la Corte d’assise del Tribunale di Cassino non avesse tenuto di una richiesta della stessa difesa. E pare che di questa prospettazione fosse a conoscenza lo stesso Carmelo Lavorino. Il presidente del collegio giudicante Massimo Capurso, sciogliendo una riserva ereditata dall’udienza di venerdì scorso, ha sentenziato di fatto come non siano utilizzabili ai fini processuali le Sit (le sommarie informazioni) prodotte dall’ex Mottola dal 28 marzo 2008 in poi. Quel giorno il brigadiere suicida Santino Tuzi aveva verbalizzato in Procura a Cassino di aver visto Serena Mollicone – per la difesa della famiglia Mottola avrebbe specificato “una ragazza” – entrare nella caserma dell’Arma di Arce e non uscirne più viva.

Con questa motivazione: con quelle allusioni testimoniali Franco Mottola era per certi versi indagabile alla luce di presunti indizi di colpevolezza dell’omicidio e di conseguenza avrebbe potuto e dovuto nominare un legale difensore in concomitanza della dichiarazione – postuma e da verificare – resa da Santino Tuzi. “Franco Mottola non può ricevere contestazioni che, secondo il Codice, non sono utilizzabili”. Insomma il principale indagato era finito nella Procura ma senza la possibilità di difendersi con un legale difensore di fiducia.

Nel durissimo scontro dialettico il presidente Capurso ha specificato come l’interrogatorio di Tuzi fosse avvenuto sì il 28 marzo ma un’ora dopo quello dell’ex Comandante Mottola. “Ma questo aspetto cronologico non cambia sostanza alle cose – ha tuonato l’avvocato Marsella – Che Franco Mottola fosse sospettato e soprattutto indagabile lo si sapeva già prima e probabilmente nel 2007 in occasione del rilascio delle dichiarazioni rilasciate da alcuni ufficiali che all’epoca guidarono la Compagnia dei Carabinieri di Pontecorvo”.

E’ stato leso il diritto alla difesa dell’ex Comandante che, pertanto, ha deciso di non essere più interrogato dai Pm della Procura nel processo arrivato nelle sua fasi decisive? Secondo la difesa del Maresciallo di Arce andava interrotta il 28 marzo 2008 la stessa deposizione di Tuzi perché, chiamando in correità altre persone, quest’ultime, sostanzialmente indagabili, avrebbero dovuto nominare un legale e poi decidere di continuare gli interrogatori o avvalersi della facoltà di non rispondere.

In attesa di verificare la possibilità di un complicato ricompattamento tra Carmelo Lavorino da una parte (“mi dimetto da portavoce ma non andiamo via, per carità, interverremo in aula solo quando sarà il nostro turno con le nostre perizie e conclusioni scientifiche”) e i legali della difesa di Franco Mottola, l’annullamento del suo interrogatorio calendarizzato è stato fortemente censurato dalle parti civili, quelle di Antonio, Guglielmo e Armida Mollicone e della famiglia Tuzi. I rispettivi avvocati, senza peli sulla lingua, hanno parlato di una “messa in scena artatamente organizzata a tavolino e di una fuga che costituisce anche un motivo di correttezza nei confronti della Corte d’Assise che deve emettere una sentenza”.

Non è stato gradito alle parti civili neppure lo stop imposto dalla difesa a Marco Mottola soprattutto quando, incalzato dal sostituto procuratire Carmen Fusco, non ha saputo spiegare, alla domanda inerente la porta contro la quale sarebbe stata fatta sbattere la testa di Serena, questo interrogativo: perché Marco sostiene che il danneggiamento è stato provocato dal padre in un momento d’ira quando lo stesso Franco Mottola , in sede di interrogatorio nel marzo del 2008, riferì ai carabinieri di Pontecorvo ed al magistrato che a rompere la porta sarebbe stato Marco con un pugno?

A questo punto gli avvocati Marsella, Germani e Di Giuseppe hanno chiesto al 39enne Marco Mottola di interrompere in quel momento l’interrogatorio che aveva monopolizzato l’intera udienza. “Ho conosciuto Serena quando ero in terza media, da poco arrivato ad Arce, perché andavo a ripetizione di francese da suo padre Guglielmo a casa loro. Con Serena siamo stati nella stessa comitiva fino ai 16 anni, nel 1998. Cominciammo a vederla di meno quando – ha raccontato Marco Mottola – si fidanzò fuori dal nostro paese, anche se capitava di incontrarci perché Arce è piccola. Non siamo mai stati assieme, non abbiamo flirtato. Capitava di fumare qualche spinello assieme in compagnia di altri amici ai giardinetti in piazza senza farci grossi problemi. A volte è capitato anche nell’alloggio della vecchia caserma quando a casa non c’erano i miei genitori, come capitava anche a casa di altri amici. Anche nella nuova caserma ci sono state occasioni simili ma con un gruppo più ristretto di amici. Nella nuova caserma Serena non è mai venuta a trovarmi singolarmente, me lo ricorderei visto dove siamo oggi. Era più riservata rispetto ad altre ragazze, a casa sua non sono mai andato se non per studiare francese. Non l’ho uccisa io, né nessuno dei miei familiari. Con lei non ho mai litigato né le ho mai messo le mani addosso. Ho saputo dai giornali che Guglielmo Mollicone accusava la mia famiglia ma a me non ha mai detto niente di persona. Ero sorpreso ed esterrefatto, abbiamo pensato anche di querelarlo ma poi abbiamo scelto di non infierire per il dolore che provava e perché aveva accusato anche altre persone”.

Marco Mottola ha specificato di non ricordare “perfettamente” quando vide Serena per l’ultima, forse nei giorni che precedettero la sua scomparsa, il 1 giugno 2001, in occasione della festa patronale di S.Eleuterio perché in “queste circostanze prima o poi si incontrano tutti”.

Marco Mottola ha chiarito quanto verbalizzato all’epoca ai Carabinieri: “Non ho mai detto di avere Y10 perché gli stessi Carabinieri sapevano quale auto avessi e dove la parcheggiavo, nel garage della caserma”. Ed il presunto litigio con Serena nella stessas Y 10 bianca nei pressi del bar Chioppettelle: “Lì non ci sono mai stato. Forse vi è passata alcuni anni dopo la mia fidanzata ma per un errore di comprensione mi è stato attribuito di esserci passato quella mattina dell’1 giugno. Non è vero che al telefono le chiesi di confermare questa versione, la avvertii solo che l’avrebbero chiamata visto che l’avevo citata”.

E poi il coinvolgimento della barista, Simonetta Bianchi, che l’avrebbe riconosciuto: “Il giorno in cui ci fu il confronto lei mi negò – ha concluso Marco Mottola – di aver mai fatto il suo nome. Mi sembrò di aver subito pressioni tanto da scoppiare in lacrime.”

Il processo proseguirà venerdì con l’interrogatorio di Annamaria Mottola e, se ci sarà tempo, saranno fatte ascoltare le testimoniane audio – complessivamente durano quasi sette ore – rese da Santino Tuzi il 28 marzo ed il 9 aprile 2008. Il collegio difensivo considera questo momento “importantissimo” perché a, fronte dei “vuoti” di tre ore e mezzo, intende verificare la corrispondenza dei due interrogatori con i rispettivi verbali che nel processo costituiscono una delle principali frecce che hanno nel loro arco i sostituti procuratori e Maria Beatrice Siravo e Carmen Fusco.

INTERVISTA Carmelo Lavorino, portavoce collegio difensivo famiglia Mottola