Terracina / Dirty Glass, sequestro dei beni per l’imprenditore Luciano Iannotta

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TERRACINA –  Cinquanta milioni di euro. E’l’importo, calcolato per difetto, di beni, assetti societari e rapporti finanziari che, riconducibili all’imprenditore pontino Luciano Iannotta, sono stati sequestrati per ordine del Gip del Tribunale di Roma accogliendo una specifica richiesta avanzata dal Procuratore della Repubblica di Roma congiuntamente al Questore di Latina. L’imprenditore, un tempo presidente del Terracina calcio e della Confartigianato pontina e attualmente gravato dall’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, era stato arrestato nel settembre 2020 nell’ambito di una delicata inchiesta di polizia giudiziaria, “Dirty Glass”, condotta dalla Polizia di Stato con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

Iannotta era accusato di bancarotta fraudolenta, trasferimento fraudolento di valori, corruzione, autoriciclaggio, sequestro di persona ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Dopo il pronunciamento del Riesame, che aveva confermato, tranne per un capo d’imputazione, l’ordinanza del Gip ha rinviato a giudizio Iannotta ed il dibattimento è in corso davanti al Tribunale di Latina.

Nello specifico il Tribunale delle Misure di prevenzione di Roma ha disposto,nello specifico, il sequestro di una impresa individuale, di una fondazione, della totalità delle quote e dell’intero patrimonio aziendale di 37 compagini societarie, di cui 4 ubicate nel Regno Unito e 2 in Moldavia, di 119 fabbricati e 58 terreni, 55 veicoli, 1 imbarcazione e 72 rapporti finanziari, per un valore che ammonta, come indicato, a circa 50 milioni di euro.

L’imprenditore – ha osservato il direttore Centrale Anticrimine Francesco Messina – “aveva accumulato negli anni un patrimonio immobiliare e mobiliare pari a ben 50 milioni di euro, costituendo un numero elevato di compagini societarie, alcune delle quali operanti in territorio estero. In questa maniera – continua – erano stati ampliati gli effetti criminali dei reati commessi dall’organizzazione mafiosa, i cui proventi, una volta finiti nella disponibilità dell’imprenditore, hanno in maniera perversa causato ulteriori danni alla collettività, arrecando pregiudizio al sistema economico e alla libera concorrenza”.