Gaeta / Delitto Daniele Barchi, riaprono le indagini per l’omicidio del 42enne a Viterbo

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GAETA – Si riaprono, a sorpresa, le indagini per l’omicidio di Daniele Barchi, il 42enne originario di Gaeta massacrato di botte nella notte tra il 21 e il 22 maggio 2018 nel suo appartamento al pianoterra di via Fontanella del Suffragio, in pieno centro storico a Viterbo. Sinora l’unico responsabile dell’efferato delitto è stato considerato Stefano Pavani, il 34enne di Corchiano che, ospite da tempo di Barchi insieme alla sua compagna, grazie al rito abbreviato e alla dichiarazione di seminfernità di mente venne condannato il 10 luglio 2019 dal Gip Savina Poli a 15 anni di reclusione che sta scontando in una Rems del capuologo della Tuscia.

La famiglia Barchi, che si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Lino Magliuzzi, ha sempre sostenuto che Pavani non fosse l’unico autore del delitto ma avesse agito in stretta collaborazione con la compagna, Azzurra Cerretani, di 27 anni, anche lei domiciliata di fatto presso l’abitazione di Daniele. Determinante è stata la deposizione del padre della vittima, Giuseppe, che ha raccontato al Gip di aver ascoltato al telefono la voce della donna mentre il fidanzato gli avanzava richieste di danaro e di poter avere finanche la disponibilità dell’abitazione della vittima: un ragazzo molto buono ed apprezzato per la sua umanità che si era distinto come volontario nella locale Caritas Diocesana. La posizione della Cerretani è tornata in discussione dopo che il gip del Tribunale di Viterbo Rita Cialoni ha detto di no alla seconda di richiesta di archiviazione della Procura e, più precisamente, del sostituto procuratore Stefano D’Arma.

Ha ritenuto necessario un secondo processo con l’ipotesi di omicidio volontario nei confronti della Cerretani e ha restituito gli atti al pm affinché formuli, entro dieci giorni, la nuova imputazione accusatoria.

Giuseppe Barchi, conosciuto a Gaeta per la sua lunga attività di macchinista, ha sempre puntato il dito contro i due giovani viterbesi di cui si fidava il figlio Daniele: “Sono due gli assassini di mio figlio, uno è dentro e una è fuori, mentre Daniele è morto. Non è giustizia questa”. L’aveva dichiarato due anni fa quando venne condannato Pavani contro il quale si era scagliata Azzurra Cerretani.

“Nessuno ha parlato di come hanno ridotto mio figlio, gli hanno rotto 12 costole, gli hanno sfondato la cassa toracica, gli hanno spappolato il cervello, lo hanno accoltellato, gli hanno dato le bottigliate… di questo no, nessuno ha parlato”, aveva aggiunto Giuseppe Barchi.

“Abbiamo chiesto un supplemento di indagini ai fini dell’imputazione coatta di Azzurra Cerretani per il reato di omicidio in

Avv. Lino Magliuzzi

concorso – ha dichiarato l’avvocato di parte civile Lino Magliuzzi – Abbiamo fornito il nome di battesimo e il numero di telefono di una vicina per sapere se veramente la Cerretani abbia gridato aiuto mentre Pavani massacrava loro figlio. E abbiamo chiesto che i genitori vengano ascoltati in relazione a una telefonata che secondo noi è stata sottovalutata”.

Ma perchè è stato ucciso il 42enne originario di Gaeta che aveva alle spalle un’infanzia complicata. Semplicemente perchè Pavani e la fidanzata “volevano la sua casa. La domenica pomeriggio ci ha telefonato – ha ricordato papà Giuseppe davanti il Gip Poli – quando secondo noi il massacro era già iniziato, perché Daniele parlava strano e dietro si sentiva la voce di lei che istigava, con un tono aggressivo. Volevano portargli via la casa da dove li aveva cacciati cinque giorni prima, quando aveva capito chi fossero veramente, per questo è morto. E lei era lì assieme a Pavani, è stata lì tutto il tempo mentre veniva torturato”.

Per il padre di Barchi non ci sono dubbi sul movente, che secondo la famiglia nulla a che fare con la vita travagliata di Pavani e coi suoi problemi psichici.

“Quei due delinquenti hanno ammazzato mio figlio perché li aveva mandati fuori di casa cinque giorni prima, quando aveva capito finalmente che delinquenti erano. La mattina del 20 maggio 2018 lo stavano aspettando fuori casa e sono entrati dentro con la forza. E il motivo era per appropriarsi della casa, questo risulta anche agli atti. Questa era la vera ragione per cui è stato ucciso mio figlio”.

L’avvocato Magliuzzi alza la voce quando respinge con forza alcune insinuazioni secondo le quali Daniele fosse stato abbandonato dai sui genitori: “Non è assolutamente vero. Si tratta di una calunnia infondata. I suoi genitori ogni due settimane lo raggiungevano a Viterbo e gli fornivano tutti i mezzi economici di cui avesse bisogno. Abbiamo assecondato il suo desiderio di autonomia e indipendenza acquistando ben due appartamenti in Viterbo, senza, comunque, mai fargli mancare la nostra presenza e il nostro affetto – continuano i genitori – Purtroppo vessazioni subite a opera di Pavani e di Cerretani ce le ha sempre tenute nascoste. L’idea del terrore in cui Daniele è stato costretto a vivere per giorni e la durata delle percosse, delle coltellate e della violenza subita, ci tormenta e non ci fa più vivere”.

 

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