Itri / Sos cinghiali, dalla Regione Lazio arriva l’opzione del “piano di abbattimento”

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La piaga dei cinghiali va fronteggiata e combattuta ricorrendo a metodi ecologici ma se questo strumento dovesse rivelarsi inefficace bisogna ricorrere ad estremi rimedi. Uno di questi è rappresentato dal piano di abbattimento di questi animali per ottenere la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la tutela del patrimonio storico artistico e delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche.

A metterlo per iscritto è niente meno che il dirigente della direzione agricoltura della Regione Lazio Mauro Lasagna inviando una lettera inviata al commissario Prefettizio del Comune di Itri, località dove la segnalazione dei cinghiali nel contesto urbano ma anche agricolo ha raggiunti livelli preoccupanti. Ma la nota di Lasagna, alla luce delle disposizioni delle leggi 157 del 1992, di quella regionale 17 del 1995 e della delibera di Giunta regionale numero 847 del dicembre 2016, è un interessante vademecum per tutti i comuni laziali.

Sono chiamati innanzitutto a presentare un apposito piano di azione da inviare all’area decentrata agricoltura competente per territorio dopo aver acquisito il parere positivo dell’Ispra, l’istituto superiore per la ricerca e per la protezione ambientale. Il piano di abbattimento dei cinghiali – ha tenuto a precisare la Regione Lazio – può essere evitato attraverso un pacchetto di soluzioni preventive che gli enti locali possono mettere in campo per limitare i rischi derivanti dalla frequentazione dei cinghiali degli ambiti urbani e iperurbani. La Regione Lazio le menziona pure: la messa in sicurezza e pulizia dei cassonetti e dei punti di raccolta dell’immondizia di origine domestica e delle attività ristorative pubbliche in ambito urbano e lungo le strade; la pulizia dei margini stradali dalla vegetazione spontanea erbacea e arbustiva; l’obbligo di mantenere puliti e sgomberui terreni e aree private da vegetazione infestante; l’eliminazione delle micro discariche e rimozione della carcasse di animali ai margine delle aree abitate e lungo scarpate, margini stradali e piazzole di sosta; l’installazione di un’apposita cartellonistica indicante la presenza di “di animali selvatici vaganti”; l’installazione di sistemi di illuminazione stradale in tratti particolarmente critici; l’apposizione di limiti di velocità lungo i rettilinei e nei tratti con limitata visibilità (curve e tornanti); il ricorso all’utilizzo di autovelox e infine l’installazione di recinzione e dossi

Questa importante presa di posizione scaturisce da un’importante iniziativa dell’ex delegata agli Affari legali del comune, l’avvocato Vittoria Maggiarra. Aveva scritto a metà giugno al presidente della Regione Lazio, all’Assessorato all’Ambiente della styessa Regione Lazio, alla Direzione Regionale Ambiente e Sistemi naturali, al Prefetto di Latina Maurizio Falco, al presidente della Provincia di Latina Carlo Medici, al presidente e al direttore del Parco Naturale dei Monti Aurunci,Marco Delle Cese e Giorgio De Marchis e al commissario straordinario del comune di Itri Francesco Del Pozzone.

L’avvocata Maggiarra, in qualità di consigliere comunale uscente, denunciava l’eccessiva presenza di cinghiali nel territorio del comune di Itri, soprattutto nelle aree urbane e periurbane località Cescole, Pagnano, La Valle, San Martino), diventata causa “di devastazione e distruzione di orti, giardini, cortili e di recinzioni poste a protezione degli spazi privati. Per la Maggiarra “la presenza di esemplari di cinghiale comporta un pericolo per la pubblica incolumità, sia per i rischi connessi ad eventuali collisioni stradali, sia per non prevedibili reazioni da parte del cinghiale in situazioni di prossimità con l’uomo e con i suoi animali di affezione, come pure può costituire un pericolo per la possibile diffusione di malattie infettive/infestive, anche a carattere zoonotico”.

In effetti si sollecitava “di intervenire con la massima celerità al fine di dare attuazione al Protocollo di Intesa approvato nell’anno 2019 dalla Regione Lazio e sottoscritto con Federparchi Lazio, Coldiretti Lazio e Legambiente Lazio, finalizzato al contenimento degli ungulati sul territorio regionale, al contempo assicurando la conservazione della specie, prevenendo e limitando rischi e danni alla biodiversità, alla popolazione e alle imprese agricole”. Il problema veniva posto alla Prefettura, alla Provincia e all’ente parco regionale dei Monti Aurunci, invitati “a fornire il proprio contributo alla causa, benché la gestione della fauna selvatica sia di esclusiva competenza regionale ai sensi della legge regionale numero 17/1995. Tra gli impegni principali da assumere c’è sicuramente quello di porre in atto tutte le misure possibili per evitare le presenza di rifiuti organici e non sul territorio locale e per garantire la pulizia delle aree verdi, ove l’eccessiva crescita della vegetazione crea un nascondiglio perfetto per i cinghiali, oltre a favorire l’insorgenza di fenomeni di abituazione della specie alla presenza antropica. Il cinghiale rappresenta uno dei principali fattori di conflitto tra specie animali e attività dell’uomo. E’ necessario, perciò, onde scongiurare ulteriori danni alle colture, alle abitazioni e alle loro pertinenze, affrontare con immediatezza le criticità legate all’incremento numerico e distributivo della specie”.

L’importante presa di posizione della direzione agricoltura della Regione è diventato l’argomento di un’altra lettera che l’ex consigliere comunale di Itri ha inviato all’attuale commissario Prefettizio Francesco Del Pozzone ma anche ai vertici del Parco dei Monti Auruni. Vi sollecita la redazione di “un adeguato Piano di azione al fine di risolvere o quanto meno contenere il fenomeno facendo ricorso ai metodi ecologici e ad un accurato studio scientifico per la riduzione degli esemplari, anche, eventualmente, attraverso catture selettive con il posizionamento di gabbie e, in caso di loro inefficacia. quale misura estrema, prevedere ed attuare piani di abbattimento.