Formia / Macellaio licenziato per due volte, la Corte d’Appello lo reintegra per la seconda volta

Cronaca Formia

FORMIA – Era stato licenziato in due circostanze (la prima il 4 settembre 2015) per giusta causa, a distanza di un anno e mezzo, e sempre per due volte era stato riassunto dal giudice del lavoro del Tribunale di Cassino. Le due sentenze erano state impugnate dal suo ex datore di lavoro e per la seconda volta a dargli ragione nella giornata di martedì, dopo un’attesa di una settimana, è stata la sezione Lavoro e previ-denza della Corte d’appello di Roma presieduta dal giudice Giovanni Cannella. Potrebbero conoscere la parola fine i problemi per un macellaio di 39 anni di Formia, dipendente di una società entrata nella gestione di uno dei supermercati più noti della città. Fu licenziato per la prima volta nel settembre 2015 perché, dopo aver riportato la lesione ad un menisco, avrebbe superato il periodo massimo di “comporto”, di convalescenza.

Avv. Daniele Lancia

Il suo legale, l’avvocato Daniele Lancia, dimostrò il contrario soste-nendo che la sua assenza dal posto di lavoro era dettata dalla malattia e dall’infortunio riportato. Il Tribunale di Cassino definì il licenziamento illegittimo e intimò alla società il reintegro del lavoratore e il pagamento di 15 mensilità. Il macellaio tornò tardivamente al lavoro nell’estate 2016 solo per un’errata comunicazione durante una visita medico-legale e questo problema gli costò, dopo alcune settimane, il secondo licenziamento. Stesso clichè da parte del giudice del lavoro di Cassino Annalisa Gualtieri: licenziamento illegittimo e società condannata al rientegro dell’operaio e al pagamento di 12 mensilità e dei contributi previdenziali. I giudici d’appello hanno confermato la sentenza del Tribunale di Cassino del 12 ottobre scorso e hanno condannato l’ex datore di lavoro del macellaio a pagare le spese legali per oltre 3300 euro. Nella sua seconda costituzione in appello l’ex macellaio ha contestato l’illegittimità del licenziamento per mancato rispetto del principio di proporzionalità con i fatti conte-stati e comunque ha stigmatizzato il carattere ritorsivo del provvedimento di licenziamento “fondato su circostanze precostituite dal datore di lavoro”.

Soprattutto dopo l’infortunio subito l’ex operaio ha denunciato di essere stato vittima di atteggiamenti vessatori da parte del datore che, difeso dall’avvocato Nicoletta Di Lolli, gli avevano causato – a suo dire – disturbi ansioso-depressivi.

I giudici d’appello nell’udienza del 12 febbraio – ma le motivazioni sono state rese note martedì 19 – hanno respinto il ricorso della società proprietaria del noto supermercato di Formia: ” E’ emerso, anche volendo prescindere dal grado di attendibilità delle testimonianze per come valutato dal Giudice di primo grado, che la prassi societaria che imponeva la presentazione in servizio all’indomani della visita medica era esclusivamente adoperata per le visite mediche periodiche. Nel caso di specie, diversamente, la visita medica si rendeva necessaria in ragione delle pregresse circostanze verificatesi tra le parti e che avevano portato ad un precedente licenziamento ed al conseguente ricorso al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro. Non sono emerse con certezza le circostanze addotte dalla società inerenti la comu-nicazione al lavoratore di ripresa in servizio all’indomani della prima visita medica. Le testimonianza re-sa da un tese e dalconsulente del lavoro, secondo cui il medico avrebbe comunicato al lavoratore che sa-rebbe dovuto rientrare in servizio il giorno immediatamente successivo alla prima visita, risulta in con-trasto con quanto riferito dallo stesso medico legale. Quest’ultimo ha riferito: “non do mai indicazioni operative al lavoratore su quando riprendere servizio”.

Peraltro dalla testimonianza del medico legale è emerso che il lavoratore volesse presentarsi in servizio al più presto. Risulterebbe quindi incomprensibile – oltreché non provato – il motivo per il quale il macellaio, in presenza di espresse comunicazioni della società, non si sarebbe presentato a lavoro per ben 15 giorni, anche in considerazione dei pregressi rapporti con il datore di lavoro, periodo durane il quale, peraltro, la società è rimasta del tutto inerte, non avendo dimostrato alcun tentativo di contattare il lavoratore. Per ciò che riguarda le contestazioni successive non vi è prova del fatto che il lavoratore sapesse di dover rientrare in servizio immediatamente dopo la seconda visita medica, ed anzi è emerso che lo stesso – come desumibile anche dalla articolazione dei turni per il giorno 25 agosto 2015 – avesse maturato la convinzione che il suo primo giorno di servizio fosse proprio il 25 agosto. Seppur il contratto nazionale di lavoro applicabile qualifichi l’assenza ingiustificata quale giusta causa di licenziamento, dal quadro complessivamente emerso – scrivono i giudici della Corte d’appello nella sentenza numero 801/2019 – deve ritenersi non sussistente la giusta causa e deve dunque confermarsi la decisione del Tribunale di Cassino”. La verità, finale, è un’altra. La vita di quest’uomo è diventato un tunnel: senza un lavoro, è stato lasciato dalla fidanzata prima del matrimonio e, oltre ai suoi perduranti guai fisici ad un ginocchio, deve fare i conti con le prime avvisaglie della depressione.

Saverio Forte