Tribunale di Cassino

Castelforte / Omicidio Di Pastena, Antonio Mendico condannato a 8 anni

Castelforte Cronaca

CASTELFORTE – Una lite degenerata in tragedia e per questo motivo Antonio Mendico, autotrasportatore di 43 anni di Castelforte, va condannato ad otto anni di reclusione con l’accusa di omicidio preterentezionale per la morte di Edoardo Di Pastena, di 50 anni, anch’egli di Castelforte. Lo ha sentenziato il Gip del Tribunale di Cassino, Salvatore Scalera, al termine del processo che, celebrato con il rito abbreviato, ha emesso il primo verdetto per quella che sembrava una lite come tante, avvenuta il 3 giugno 2017, davanti un bar nella centrale e Alfredo Fusco a Castelforte.

Di Pastena ebbe un alterco con Mendico e, dopo un pugno subito sul viso, cadde a terra colpendo con la testa il marciapiede. Il 50enne di Castelforte entrò in coma e non non si riprese più: morì dopo un’agonia di sei mesi la sera di Capodanno 2018 dopo aver peregrinato in diversi ospedali del Lazio. Per quell’episodio, maturato al termine di una serata gioiosa di festa, iniziò un processo con l’ipotesi di reato di lesioni per Mendicio ma il sopraggiunto decesso di Di Pastena cambiò anche il capo d’imputazione: omicidio preterintenzionale.

Eduardo Di Pastena

Il magistrato titolare delle indagini, il sostituto procuratore Roberto Bulgarini Nomi – al netto della riduzione di un terzo per il rito alternativo – aveva chiesto 10 anni ed 8 mesi di reclusione per Mendico, riconoscendo la piena colpevolezza dell’autotrasportatore in ordine alla morte di Di Pastena. Il collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Pasqualino Santamaria e Renato Archidiacono, ha sempre contestato il castello accusatorio della Procura di Cassino chiedendo la derubricazione del reato di omicidio preterintenzionale in omicidio colposo e la concessione delle attenuanti generiche anche perché erano stati definiti “normali” i rapporti tra Mendico e Di Pastena. Insomma non c’era nulla che potesse far prefigurare precedenti screzi ed elementi di sudditanza psicologica di Di Pastena nei confronti di Mendico e della sua famiglia.

Il Gip Scalera,però, al termine dell’ultima udienza, ha condannato Mendico ad otto di reclusione (senza alcuna attenuante) e ha riconosciuto ai familiari della vittima – la moglie Isabella e i quattro fratelli Antonello, Adolfo, Giuseppe e Pasqualina si sono costituiti parte tramite gli avvocati Antonio Giuliano Russo e Giuliano Russo, di Giugliano – 50 mila euro come provvisionale. Oltre ai danni da quantificarsi in separa sede. La famiglia di Di Pastena ha annunciato la devoluzione in beneficenza dell’intero risarcimento che comprenderà anche un’abitazione che la famiglia Mendico ha messo a disposizione quale forma di ristoro. La difesa di Medico ha annunciato appello alla sentenza del Gip di Cassino non appena, nei prossimi 90 giorni, saranno depositate le motivazioni della sentenza: “Ogni commento al momento è fuori logo – ha commentato l’avvocato Santamaria – Attendiamo di conoscere cosa scriverà il Gip Scalera ma siamo delusi per la sentenza del Tribunale che avrebbe dovuto valutare anche l’’offerta reale” – così è stata definita – per ristorare la parte civile. Ma a quanto pare non è bastata”.

Al momento della lettura della sentenza c’era l’imputato, che si trova agli arresti domiciliari con la deroga di poter recarsi al lavoro, la sorella, il cognato e soprattutto la moglie Isabella della vittima che in questi mesi le sue principali difficoltà le ha incontrate nel dover giustificare alla figlia Ines, di soli 12 anni, la scomparsa di papà Edoardo: “Nostro fratello non c’è più e nessuno ce lo saprà restituire – ha commentato Antonello Di Pastena – Ci dispiace solo aver subito una grande amarezza durante le indagini e nelle fasi iniziali del processo: Edoardo non era ubriaco e questa sentenza almeno ha cancellato questa grande cattiveria veicolata anche attraverso i mezzi di comunicazione”. A ribadirlo sono stati anche i legali di parte civile, gli avvocati Russo: “La perizia della Procura è stata chiara: Edoardo aveva riportato una lesione occipitale ed un trauma allo zigomo provocato da un pugno. L’alcool e lo stato di ubriachezza sono state mere invenzioni e le bugie – hanno commentato i due legali – hanno sempre le gambe corte…”

Saverio Forte