Fondi / Arresti per i centri accoglienza, nuovi sviluppi nelle indagini

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FONDI – La sensazione è palese: potrebbero esserci a breve clamorosi sviluppi sulle “protezioni” e complicità beneficiate a livello istituzionale dai vertici delle delle cooperative “La Ginestra” e “Azalea”, arrestati martedì mattina dalla Polizia di Stato con la gravissima accusa di aver distratto molti soldi pubblici per compiere un’illegale gestione di due “Cas”, i centri di accoglienza straordinaria, sui territori di Fondi e di Monte San Biagio. L’illegale attività delle due Onlus sarebbe stata favorita dalla compiacenza di diversi funzionari pubblici che avrebbero dovuto e potuto verificare l’andamento e la regolarità del servizio sulla scorta del bando promosso dalla Prefettura di Latina in seguito alla concessione di cospicui contributi pubblici. Ed è questo il secondo filone dell’indagine che, dopo le anticipazioni del Procuratore aggiunto Carlo Laperanza (che unitamente al sostituto procuratore Giuseppe Miliano ha chiesto ed ottenuto dal Gip del Tribunale di Latina l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare per otto persone), è “già in corso di svolgimento” da parte degli agenti della Squadra mobile della Questura di Latina e soprattutto del commissariato di Polizia di Fondi.

Non solo i reati di truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture e maltrattamenti – come si evince dal contenuto dell’ordinanza firnata dal Gip del Tribunale – ma anche quello dell’omissione da parte di pubblici ufficiali e responsabili di organi di controllo nei confronti dell’attività di due Onlus (che in effetti sono quattro per alcuni servizi concessi in affidamento) che hanno potuto gestito due “Cas” in maniera disinvolta e remunerativa sul piano economico per ben tre anni, dal 2015 quando si sono aggiudicati gli appalti della Prefettura di Latina. Nei centri di accoglienza dei migranti c’erano maltrattamenti, minacce, sovraffollamento e degrado mentre lo stato, che pagava, aveva lo sguardo rivolto altrove. Da qui il nome attribuita alla brillante operazione, “Dionea”, la pianta carnivora che, utilizzata per abbellire alcune delle venti strutture ricettive prese in affitto dalle due coop, è nota per la sua capacità botanica di intrappolare tra i suoi petali le prede. E così è stato sino a due episodi chiavi: il primo nell’ottobre 2016 quando gli ospiti della “Ginestra” diedero vita ad una forma di protesta per denunciare la gravissima situazione in cui erano costretti a vivere o, meglio, a sopravvivere, il secondo nel marzo dell’anno successivo quando gli immigrati dell’”Azalea” si sfogarono a Latina, direttamente in Prefettura.

Gli argomenti delle loro lagnanze erano gli stessi: ritardo nel pagamento dei pocket money, la somministrazione di cibo già scaduto o deteriorato. Doveva costare il meno possibile…sino a 1,66 euro per due pranzi al giorno a fronte dei 32,50 euro che le coop percepivano quotidianamente dalla Prefettura per l’ospitalità di ogni singolo immigrato. E il commissariato di Polizia di Fondi capì subito le angherie psicologiche di erano vittime molti di questi 800 stranieri che dal 2015 erano ospiti di strutture degradate e privi dei servizi igienici basilari tra Fondi, Monte San Biagio e Lenola: se avessero parlato, avrebbe avuto revocato lo “status” di richiedenti asilo. Alcuni di loro scapparono e – paradosso dei paradossi – le due Onlus continuarono a conteggiarli per i rimborsi come se fossero regolarmente ancora ospiti presso le loro strutture. I controlli, mancati, all’interno di questi lager si starebbero sviluppando anche sulla rendicontazione interna alle due Onlus e sulle retribuzioni, decisamente “gonfiate”, a favore di alcuni dei loro massimi dirigenti. Molte spese – hanno accertato gli inquirenti, le cui risultanze probatorie sono state accolte nelle richieste d’arresto del Procuratore aggiunto Lasperanza e dal sostituto procuratore Miliano – venivano emesse solo in maniera fittizia, c’era un ricorso sistematico alle autocertificazioni su tutto, dall’incendio alle condizioni sociali, tecniche e sanitarie degli ospiti necessarie per mantenere fede agli impegni del bando Prefettizio.

Gli stipendi, poi. Inizialmente erano bassi, poco più di mille euro al mese, per arrivare a sfiorare i 6000 euro per i vertici delle coop, accusati di aver guadagnato personalmente 600mila euro e per aver distratto oltre 4 milioni euro per spese e investimenti fasulli. L’operazione “Dionea” potrebbe registrare una possibile svolta anche grazie all’esito degli interrogatori di garanzia cui sono attesi nei prossimi giorni i presidenti della cooperativa “La Ginestra” e “Azalea”, Luca Macaro, di 35 anni, e Luigi Pannozzo, di 40 anni, raggiunti da altrettanti provvedimenti restrittivi in carcere. A comparire poi davanti il Gip del Tribunale di Latina dovranno essere gli altri quattro indagati ma beneficiari dei “domiciliari”: Paolo Giovanni De Filippis, 39 anni, socio fondatore dell’”Azalea”, Graziano De Luca, 38 anni di Terracina, socio occulto e finanziatore della stessa Onlus, Erica Lombardi, di 37 anni di Fondi, socia occulto e finanziatore dell’”Azalea” e Orlando Tucci, di 27 anni, rappresentante legale e socio amministratore dell’onluse “Philia” che unitamente alla cooperativa “Villa Lu.Da. ottenevano dalle due principali onlus gli incarichi per svolgere alcuni servizi. “Questo è un procedimento che ha molte analogie con l’inchiesta di Mafia Capitale” – aveva ben spiegato nella conferenza stampa il procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza – I reati sono quasi gli stessi.

Ci si approccia agli appalti con false dichiarazioni, dando disponibilità per un numero di migranti superiore a quello reale. La differenza è che qui, per la prima volta, viene contestato anche il reato di maltrattamenti. Dobbiamo capire ora altri aspetti che non sono stati approfonditi sinora: come mai, dal 2015, data degli appalti, tranne la polizia nessuno si è accorto di questa situazione. Occorre valutare se c’è stato un atteggiamento colposo o se c’è addirittura qualcosa di più, un interesse particolare di qualcuno, fenomeni di corruttela che abbiano permesso alle onlus di restare senza controllo, o addirittura connivenza”. Ecco perché sono ora molti a tremare, in diversi ambiti istituzionali della provincia di Latina.

Saverio Forte