Confiscati beni per 100 milioni all’imprenditore Letizia, vicino ai clan della camorra

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MONDRAGONE – La Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sta completando l’esecuzione di un
provvedimento di confisca beni, emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE)
all’esito del procedimento di prevenzione in cui l’accusa è stata sostenuta dalla Procura
della Repubblica – D.D.A. di Napoli, nei confronti di LETIZIA Alfonso, settantatreenne,
originario di Casal di Principe (CE), imprenditore mondragonese attivo nel settore della
produzione e della vendita del calcestruzzo.
La confisca segue il sequestro avvenuto nel luglio 2014 in accoglimento di una proposta
formulata dal Direttore della DIA.
Il Letizia era stato arrestato il 6 dicembre 2011 nell’ambito dell’operazione “Il Principe e la
(scheda) ballerina”
, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, con altre
56 persone ritenute responsabili di associazione per delinquere di tipo camorristico,
estorsione, turbativa delle operazioni di voto mediante corruzione e/o concussioni elettorali,
truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, riciclaggio, reimpiego di
capitali di illecita provenienza, reati tutti aggravati dalla finalità di aver agevolato il clan
“dei casalesi”.
In particolare, da quell’attività erano emersi gli intrecci illeciti del ceto politico di Casal di
Principe con l’ala militare e imprenditoriale dal clan “dei casalesi”, fazione SCHIAVONE e
BIDOGNETTI, concettizzatisi nell’aver procurato vantaggi ai candidati indicati
dall’organizzazione in occasione di consultazioni elettorali e conseguenti ritorni economici
in termini di aggiudicazione di appalti, di assunzioni di personale compiacente
all’organizzazione, di apertura di centri commerciali. L’inchiesta si trasferì poi nelle aule giudiziarie ed ha visto tra le altre confermata in secondo grado la condanna a 5 anni per Giovanni Lubello, ex marito di Katia Bidognetti.
Nel contesto descritto, il LETIZIA era considerato il punto di riferimento del clan “dei
casalesi”, famiglia Schiavone, poiché metteva stabilmente a disposizione
dall’organizzazione mafiosa i propri impianti di produzione del calcestruzzo e le proprie
strutture societarie, ottenendo, di contro, l’ingresso nel novero delle aziende oligopoliste
presenti sul mercato casertano. Più nel dettaglio, l’associazione imponeva sui cantieri
controllati le forniture di calcestruzzo provenienti dalle loro aziende.
L’indagine ha consentito, quindi, di evidenziare, tra l’altro, un meccanismo definito come
“cooptazione camorrista del fornitore”, in cui proprio il LETIZIA era individuato quale
fornitore del calcestruzzo per determinate opere a prezzi di gran lunga maggiorati rispetto a
quelli di mercato, in evidente funzione remunerativa per il clan.
La vicinanza del LETIZIA Alfonso ai clan camorristici delle zone di interesse è stato,
altresì, confermato da più collaboratori di giustizia: Carmine SCHIAVONE ha evidenziato,
infatti, il suo legame con BARDELLINO, sottolineando che lo aiutò a sottrarsi alle ricerche
delle Forze dell’ordine dopo un omicidio commesso a Marano, offrendogli ospitalità presso
di lui, nonché con Mario IOVINE e con Vincenzo DE FALCO; Luigi DIANA ha, invece,confermato di averlo conosciuto, addirittura, a casa del capo clan Francesco BIDOGNETTI,alla “fine degli anni ottanta”; Augusto LA TORRE ha precisato, infine, che la società del LETIZIA aveva aderito al consorzio “Covin”, ovvero all’aggregazione di estrattori di sabbia governato dal clan, che garantiva il monopolio delle forniture al sodalizio.
Inoltre, da precedenti giudiziari di fine anni ‘80, si evince come l’impresa del LETIZIA
“Calcestruzzi Massicana” fosse vicina al BARDELLINO, fornendo per i cantieri di
Monteruscello l’8% in meno del calcestruzzo dichiarato nei documenti contabili,
rappresentando ciò una vera e propria “tangente” intascata ai danni del costruttore
acquirente delle forniture.
In sostanza l’imprenditore risulta inserito pienamente in “un rapporto sinallagmatico con la
cosca, tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti, consistenti per l’imprenditore
nell’imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere
risorse, servizi o utilità”.
I beni interessati dal provvedimento di confisca, stimati in oltre 100 milioni di euro,
risultano essere i seguenti:
– 6 aziende:
 “Estrazioni cave Letizia S.a.s. di LETIZIA Alfonso”, con sede in Mondragone;
 “Beton Ducale S.r.l.”, con sede in Mondragone;
 “Siciliano Costruzioni S.r.l.”, con sede in Mondragone;
 “Lavin S.r.l.”, con sede in Mondragone;
 quota di € 50.000 della “Rolefin Immobiliare S.r.l.”, con sede in Mondragone;
 “Coina S.r.l.”, con sede in Mondragone;
– 70 immobili, tra cui terreni e fabbricati ubicati 30 in Mondragone (CE), 22 in Falciano
del Massico (CE), 7 in Carinola (CE), 8 in Grazzanise (CE), 1 in Santa Maria Capua
Vetere (CE) e 2 in Cavezzo (MO);
– 28 auto/motoveicoli;
– numerosi rapporti finanziari.