Dal rock progressive alla tarantella, Giovanni Turco omaggia Gaeta con 16 brani

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GAETA – “Kaieta – Storia Parole Musica” è un progetto ambizioso, unico nel suo genere che vuole, attraverso brani cantati e strumentali percorrere la storia, i personaggi e descrivere le bellezze naturali e paesaggistiche, nonché l’eccellenza gastronomica (la “tiella”) della città di Gaeta. Sono ben 16 i brani, di cui 2 strumentali con i quali, Giovanni Turco, amante di Gaeta fin dalla tenera età, ha voluto rendere omaggio a questa città che , non a caso, viene chiamata anche la “Perla del Tirreno”, per la sua felice collocazione geografica esattamente a metà della penisola italiana, ricca di storia e monumenti.
I brani spaziano tra i più vari generi musicali, si va infatti dal madrigale al rock di stampo progressive, dal jazz alla tarantella, dal lirico al rap. Si nota poi dall’elenco che sono interpretati da altri e non dallo stesso compositore, Giovanni Turco, per due motivi. Il primo è che non è dotato di una voce tale da poterli interpretare, il secondo perchè vuole con questi brani, non solo far conoscere Gaeta , ma anche delle voci particolarmente talentuose che ha potuto incontrare sul suo “cammino” in quanto appassionato di musica e collaboratore con alcune webzine musicali e fanzine su carta stampata.

L’intero cd rappresenta un viaggio spazio temporale attraverso i luoghi, i momenti storici ed i personaggi che hanno caratterizzato la città di Gaeta. Il primo brano, “A Gaeta” vuole essere un brano introduttivo che fa riferimento alla leggenda che vuole la città fondata all’epoca greco romana ed il cui nome è legato alla nutrice di Enea. I versi sono quelli della poetessa gaetana Elisa Vespucci messi poi in musica da Giovanni Turco ed affidati alla sensibile interpretazione della cantante dei Malaavia, Elena Biagioni.
Il seguente brano , “Il pozzo del diavolo”, interpretato da Vittorio Galdi, cantante degli Zion, è dedicato al particolare luogo la cui genesi si perde nella notte dei tempi, un’apertura dal fascino irrestistibile che è conosciuto pure come “il pozzo delle chiavi”. Il “pozzo” si trova tra la spiaggia di Fontania e quella dei “quaranta remi”. Questo luogo purtroppo è stato più volte al centro dell’attenzione in quanto le persone si avvicinano con troppa superficialità nel visitarlo.
“Lucio Munatio Planco” è un brano totalmente strumentale dedicato al mausoleo di epoca romana ove riposano le spoglie del console romano Lucio Munazio Planco, nato a Tivoli (o Atina) nonché censore, militare, comandante militare protagonista di diverse vittorie e con il bottino costruì il tempio di Saturno. Seguì Gaio Giulio Cesare durante la guerra in Gallia e con lui attraversò il Rubicone. Non fu solo un grande militare sulle orme di Cesare ma anche un ottimo politico ed oratore in quanto allievo di Marco Tullio Cicerone. Il brano si snoda in diversi movimenti, è introdotto da fiati, a sottolineare la marzialità del personaggio, poi si fa più rock, a sottolineare le battaglie, le guerre e le vittorie da lui conseguite in vita , nonché la vita politica, per poi terminare in un crescendo sempre più coinvolgente. In tutto il brano il protagonista è il chitarrista Vittorio Meola che si produce in una performance unica nel suo genere.
Marco Matrullo, è invece il protagonista del brano successivo, “La grotta del turco”. Tratta del luogo particolare legato alla leggenda dell’impronta della mano del turco situata sulla parete rocciosa della montagna spaccata verso Gaeta Medievale. La leggenda vuole che infatti un turco arrivato dal mare alla grotta del turco risalendo il luogo e non credendo alla leggenda secondo la quale la montagna si sarebbe aperta nel momento in cui Gesù spirò sulla croce, appoggiò la mano sulla roccia che si liquefò.
La quinta traccia , “La battaglia del Garigliano” tratta della battaglia del 915 tra musulmani e cristiani, ancor prima di quella di Lepanto. Dall’andamento sinfonico-rockeggiante evoca le navi e l’impeto della battaglia in un crescendo coinvolgente grazie al canto di Vittorio Galdi carico di pathos ulteriormente enfatizzato dall’arrangiamento sinfonico con i cori. Solo un breve intermezzo e sul finale il brano si fa più lento e tranquillo. Pare di vedere il combattimento davanti agli occhi dall’inizio alla fine.
Segue “S. Francesco” dedicato al Tempio di San Francesco situato sulle pendici della montagna descrivendo le sensazioni di chi visita il luogo. Si caratterizza per l’atmosfera delicata come un acquarello quale è l’ugola di Simona Rigano della band siciliana dei Conqueror.
“Il Castello” è dedicato al castello angioino aragonese che sovrasta il quartiere medievale. Particolarmente suggestiva la sua collocazione a strapiombo sul mare che ha suggerito a Giovanni Turco nello scrivere il testo la visione della costruzione come una sorta di gigante buono che custodisce la città ed i segreti di chi lo abita al suo interno. Magistrale l’intepretazione di Jerry Cutillo degli O.A.K. , che conferisce un certo non so che di fiabesco al brano.
“Giovanni Caboto” tratta del navigatore gaetano forse più illustre, in quanto scopritore del Canada. Ne descrive la vita, come fu organizzata la spedizione per il Canada e da chi fu finanziata, fino al triste epilogo il tutto in un atmosfera tra la bossa nova e lo swing intepretata con gusto da Riccardo Romero, crooner tra i più apprezzati della realtà capitolina.
“La tarantella dei Borbone”, cantata con verve simpatica ed intensa da Antonio Nardelli, vuole evocare la vita spensierata del periodo borbonico di Gaeta, nel suo pieno splendore, durante il quale la città era felice e spensierata nonostante la routine giornaliera dei pescatori che riescono a trovare la loro ricchezza nel mare di Gaeta. Non è dimenticata nel testo la tradizione radicata negli anni dello Sciuscio durante le vacanze natalizie ancora oggi viva in via indipendenza.
Del periodo Borbonico inoltre è evocata nel brano “Sofia”, interpretato da Marco Matrullo, l’ultima regina del regno delle due Sicilie che si distinse per la sua empatia con il popolo e soprattutto con i militari, ai quali dette conforto medicando loro le ferite durante le battaglie, ed in particolare durante l’assedio della città nel 1861. Il brano si caratterizza inoltre nell’arrangiamento per i cori di Michela Carobbio dei Malaavia.
Ed è proprio a tale periodo che è dedicato il brano “L’eccidio”. Questo struggente duetto è la descrizione del triste periodo successivo al massacro del generale Cialdini senza dichiarazione di guerra. Qui la voce di Riccardo Romero è la personificazione del popolo di Gaeta mentre quella di Penny Brown la personificazione della città di Gaeta.
Il successivo “Cappella d’oro”, interpretato da Elena Biagioni (della band Malaavia) è la descrizione della cappella annessa alla Chiesa dell’Annunziata, celebre per essere stato il luogo che ha ispirato Papa Pio IX nella genesi del dogma dell’Immacolata Concezione. Ne descrive in musica con toni delicati gli episodi raffigurati al suo interno degli episodi più salienti della vita di Gesù Cristo.
Antonio Nardelli ritorna protagonista nel successivo brano dedicato alla specialità tipica di Gaeta, la tiella, una sorta di pizza imbottita sia con pesce che con verdura. Il testo musicato in forma di una coinvolgente ed allegra tarantella si avvale di una poesia del poeta gaetano Cosmo Del Bono che scrisse questa poesia per la sagra della tiella organizzata dall’associazione Gaetavola.
“Il rap dei gaetani” è un divertissement interpretato da Obeyone ed è stato creato con un elenco in ordine alfabetico di soprannomi di abitanti di Gaeta, elencati secondo una musicalità quasi fossero delle parole di un testo a voler significare qualcosa. E’ stato fondamentale per Giovanni Turco nella scrittura del testo un post presente nel profilo Facebook dell’associazione Amate Sponde, nel quale venivano elencati i soprannomi dei gaetani, alcuni probabilmente ancora viventi.
Ed è proprio all’Associazione Amate Sponde che è dedicato lo struggente strumentale omonimo dal sapore spudoratamente Morriconiano di notevole impatto emotivo. La prima parte nostalgica vuole rappresentare la lontananza da Gaeta, le emozioni di chi deve allontanarsi da quel luogo, poi, prende il posto l’emozione del ritorno, il ritmo si fa incalzante, la melodia vuole evocare la navigazione verso le coste di Gaeta, le sonorità si aprono e diventano più solari.
Ed è al ritorno a Gaeta che fa riferimento il brano “Torna a Gaeta”. Il testo è una meravigliosa poesia del poeta ed attore Fortunato Leccese, ed è proprio da questo brano che ha preso vita l’intero progetto. Difatti , Giovanni Turco, per motivi personali, è stato lontano per ben tre anni da Gaeta e proprio alla vigilia del suo ritorno, Gianna Bianchi, la Presidentessa dell’Associazione Amate Sponde, quasi a volergli dare il benvenuto, inviò questa poesia a Giovanni Turco che appena la lesse capì che poteva essere il testo di un brano dalla bellezza struggente. Difatti sul CD ve ne sono ben due versioni con interpreti diversi , una sottoforma di duetto che vede protagonisti Pas Scarpato e Michela Carobbio dei Malaavia ed una cantata dalla voce solista di Massimo Mollo, entrambe le versioni hanno in comune l’assolo magistrale di chitarra elettrica di Vittorio Merola.