Sperlonga / Operazione Tiberio, Riesame riforma l’ordinanza: ingiusto il carcere per Armando Cusani

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SPERLONGA – La discussione davanti il Tribunale del Riesame c’era stata mercoledì. Dopo 48 ore la decisione: riformata l’ordinanza del Gip del Tribunale di Latina Giuseppe Cario nei confronti del due volte presidente della provincia e attuale sindaco (anche se sospeso) di Sperlonga, Armando Cusani, uno dei nove indagati, il più importante, dell’inchiesta “Tiberio” che lo scorso 16 gennaio ha consentito – secondo la Procura di Latina – di smascherare un’organizzazione in grado di pilotare l’esito di alcuni appalti pubblici a Sperlonga ma anche a Prossedi e a Maenza. I giudici del Tribunale della Libertà (presidente Azzolini, a latere Imperato e Conforti), su ricorso dei legali di Cusani, gli avvocati Angelo Palmieri e Luigi Panella, hanno sostituito la misura cautelare del carcere con i “domiciliari”, misura di cui gode Cusani dal 18 maggio scorso su istanza dello stesso Tribunale dopo quattro mesi e due giorni trascorsi, tra le polemiche, nel carcere di via Aspromonte a Latina.

Contro l’iniziale provvedimento del Gip Cario – come si ricorderà – la difesa aveva proposto un ricorso al Riesame che l’aveva respinto. Inevitabile la richiesta di pronunciamento da parte della Corte di Cassazione che ha aveva sollecitato un nuovo pronunciamento del Tribunale della libertà ma di una sezione diversa rispetto alla precedente. Le parti hanno ribadito quando sostengono dal 16 gennaio, l’illegittimità di parte integrante delle intercettazioni telefoniche realizzate dai Carabinieri (secondo la difesa), la correttezza investigativa dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale dei Carabinieri per il magistrato titolare delle indagini, il sostituto procuratore Valerio De Luca. Il Riesame ha così riformato l’originario provvedimento del Gip Cario ma gli effetti non cambiano per Cusani. Resta ai domiciliari, nella sua abitazione nella parte alta di Sperlonga, così come disposto il presidente del Tribunale Valentini all’indomani dell’inizio del giudizio immediato del processo “Tiberio” .

Intanto un altro indagato eccellente di questa inchiesta, l’ex responsabile delle ripartizioni urbanistica ed edilizia del comune di Sperlonga, Massimo Pacini, non può tornare a lavorare. Lo ha disposto con la determina dirigenziale numero 25 del 5 luglio il segretario generale dell’ente, Andrea Nappi, che, di fatto, ha respinto la richiesta dello stesso Pacini – formalizzata lo scorso 19 giugno – di essere riammesso al servizio dal quale fu escluso all’indomani dei clamorosi provvedimenti cautelare, il 18 gennaio scorso. Il segretario Nappi scrive che la sospensione cautelare è un provvedimento altamente discrezionale con funzione di autotutela da parte della pubblica amministrazione che – osserva – deve verificare non certo la probabile addebitabilità del fatto al dipendente, bensì soltanto la particolare gravità dello stesso e, pertanto, la potenzialità lesiva che la permanenza nell’ufficio dell’impiegato presenta in termini di credibilità dello stesso apparato amministrativo presso il pubblico e che, quindi, l’amministrazione è chiamata a verificare la sussistenza o meno del “periculum in mora” derivante dalla permanenza nell’ufficio dell’impiegato sottoposto a procedimento penale per fattispecie particolarmente grave e non anche ad effettuare una penetrante prognosi di probabile colpevolezza dello stesso, cui è invece subordinata l’applicazione delle misure cautelari demandate al giudice penale”.

Confermando la sospensione dal servizio di Pacini , il segretario generale del comune di Sperlonga ricorda nella sua determina dirigenziale le ragioni per le quali il dirigente finì ai domiciliari: la mancata adozione di provvedimenti amministrativi finalizzati alla rimozione (abbattimento) degli abusi edilizi realizzati presso l’hotel “Grotte di Tiberio” di proprietà del sindaco di Sperlonga e del suocero Erasmo Chinappi. Un prolungato atteggiamento omissivo che sarebbe stato premiato, nonostante una precisa sentenza della Corte d’appello di Roma, con la disponibilità, in comodato d’uso gratuito, dal 2002 al 2013, di un’abitazione di proprietà del sindaco Cusani. Il segretario Nappi è arrivato ad una drastica conclusione: “Allo stato la presenza in servizio del dipendente Massimo Pacini può causare, stante anche le dimensioni piccole del Comune, una potenziale lesione in termini di credibilità dell’apparato amministrativo e può comportare lesione del prestigio e dell’autorità dell’amministrazione”.

Saverio Forte